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martedì 21 ottobre 2014

I miei sogni, ora come allora.

Si dice che il giardinaggio sia più che una passione. È qualcosa che prende il tempo, la testa, le mani. E l'anima. Te la ruba e te la porta lontano, convincendoti che esistono luoghi fatti solo di fiori e colori, dove i boschi sono abitati da folletti e creature che hanno il volto di foglie e le braccia di rami.
Scrivevo oggi ad un'amica: "Chissà se un giorno diventerò cinica o anche solo pragmatica.
Non credo. Per il momento continuo a piantare rose e a portare mio figlio a suonare il pianoforte."

Sto dando la colpa di tutto questo al giardinaggio ma quando sono sincera con me stessa ammetto che ero così anche da piccola: sognavo prati e fiori. E quelle rare domeniche in cui andavamo a trovare i cugini di mio padre che abitavano vicino a Cremona tornavo a casa provando una profonda invidia per quei ragazzi che giocavano nel cortile polveroso di una cascina, lontano dal cemento.
E ancora, quando tornavamo dal mare, il mio momento preferito era quando in autostrada passavamo accanto ai pioppeti, che erano quasi casa ma una casa più bella.

Una bambina, qualche settimana fa, mi ha regalato una corona di foglie, che però assomiglia un po' ad un turbante.
Sono tornata a casa in macchina continuando ad indossarla e solo guardandomi nello specchio sopra al pianoforte mi sono resa conto di averla ancora. 
L'ho appoggiata ai libri che ormai abitano il piano di Francesco e mi è venuta in mente una festa
A volte mi sento fuori dal mondo, poi penso che menti molto più grandi ed esaltanti hanno fatto gli stessi sogni. E hanno fatto persino parlare dei folletti*


* W. Shakespeare, "Sogno di una notte di mezza estate"

mercoledì 10 settembre 2014

Io che mi voglio così bene.

Il titolo è evidentemente una battuta. Già, perché è inutile continuare a dirlo (ma lo riscrivo, per sicurezza): se si nasce tondi non si muore quadrati. E io sono nata tonda, diciamo, perché la gente mi può girare intorno facendomi qualsiasi cosa e lasciare che tutto mi scivoli addosso (mentre all'interno del cerchio si aggroviglia tra i miei pensieri).
Spesso provo a guardarmi da fuori e vedo una persona che pensa sempre di dover arrivare per ultima, di aspettare perché le altre cose sono più importanti, di metterci tutta se stessa per far vedere che anche lei sa fare cose belle anche se pochi le capiscono. Perché tanto quello che fa lei non è così importante. 
Una persona che si rialza da terra. Ogni volta. Le viene fatto uno sgambetto e lei si rialza. Le viene tirata addosso una montagna di pietre e lei si rialza. Perde le speranze e lei si rialza. 
Si dispera ma lei si rialza.
E sfodera sempre il suo sorriso, non di circostanza, certo, perché lei si rialza pensando che là fuori c'è la vita, in quel giardino grande, grandissimo, mai finito.
Si chiama resilienza. La famosa resilienza, non pazienza. La resilienza grazie alla quale il giardiniere si rialza dopo un inverno troppo freddo che ha distrutto i suoi progetti, dopo un'estate troppo calda che lo ha fatto faticare da morire, dopo un seme portato via da una formica, dopo la grandine che ha distrutto il raccolto del frutteto.

Qualche volta mi siedo guardando le mie colline e mi chiedo: "Mi voglio così bene come ne voglio a mio figlio, ai miei fiori, agli alberi a cui sono riconoscente ogni giorno?"
La risposta è, evidentemente, nelle righe qui sopra. 

p.s. Il mio amore per i fiori viene espresso, come ogni mese, anche su altri siti. Mi piacerebbe riuscire a coinvolgervi tutti perché, vi assicuro, la passione per il verde non richiede solo energia. Sa regalare molto. Leggete qui e qui :)

giovedì 27 marzo 2014

I perché

Da sempre, sono un mix di rigidità e creatività. 
Ci sono cose (non poche) su cui sono categorica. Accetto il confronto ma non mi ammorbidisco.
Non sopporto le persone invadenti, ancora più di quelle maleducate (che poi una persona invadente si può definire maleducata, a mio parere), considero il rispetto la cosa più importante in ogni rapporto, sono capace di spaccare il capello in quattro e non dormire per molte notti se una cosa rimane in sospeso e non ho la possibilità di chiarirla, la volgarità mi irrita, in un giardino come addosso ad una persona.
Sento male fisicamente se mi fanno un torto e, piangendo sul cuscino, prima di addormentarmi, penso sempre a mio padre, qualsiasi cosa mi succeda, e immagino persone, luoghi, case, mezzi pubblici, mi chiedo quali siano le loro preoccupazioni, dove risieda la loro tristezza, sempre che tristi siano. Ho questa tendenza, sì, ad immaginare e ad immedesimarmi nei pensieri degli altri e mi vengono i crampi allo stomaco, forse per dire a me stessa che non sono l'unica ad avere pensieri tristi. O forse sì, in fondo spesso la gente si fa i fatti suoi e lascia scivolare le cose.
Mi fa male quando la cattiveria è gratuita, quando non ho la possibilità di spiegarmi e le conclusioni vengono tratte senza ascoltare la mia voce. Mi succedeva molto spesso da piccola: i miei genitori erano la legge e io stavo lì, con le mie parole dette tra le lacrime sul cuscino.
Erano tempi ben diversi, certo, ma con Francesco cerco di non ripetere questi errori che, con tutto il bene che mi hanno voluto i miei genitori, hanno creato un mostro completamente senza autostima, sempre convinto di non essere all'altezza o di non poter esprimere tutto quello che pensa. 
Non è facile, lo ammetto. Francesco ha solo sette anni e quando è arrabbiato per qualcosa che non ottiene non ascolta a fondo i perché, sentendo solo i "ma perché questa ingiustizia?" della sua coscienza.
In quei momenti nella mia, di coscienza, ci sono io bambina. C'è la mia cameretta, c'è il mio cuscino, ci sono i grandi perché della vita. E me li ritrovo tutti, mi arrivano in faccia diretti e duri come sassi, la sera, in una stanza vicina a quella del mio bambino, dove mi chiedo se ho fatto bene, se dovrei andare a svegliarlo per cercare di spiegargli ancora il perché di una punizione. 
Spesso il mattino dopo lui l'ha accettata e mi sorride sereno. Io lo riguardo, con tutte quelle lacrime che sono finite nello stomaco perché le ho ingoiate, e sorrido.
Mai vorrei che mi rinfacciasse di non avergli lasciato lo spazio per parlare, di non aver dato peso ai suoi perché. Tutto, ma non questo. Ho sofferto troppo per non aver avuto lo spazio che avrei voluto, per non aver detto tutto, per aver lasciato parlare i silenzi, per essermi sentita inutile perché non potevo dire tutto fino in fondo.
I figli non sanno cosa c'è dietro ad un genitore e per loro, forse, non è mai stato bambino. Invece bambini siamo stati e io lo sono ancora un po' adesso. E penso che sia questa la chiave di tutto: il non dimenticare che ognuno, anche un bambino di pochi anni ha delle priorità, dei desideri, dei sentimenti inespressi, dei perché. Che sono solo suoi e vanno ascoltati.

p.s. Detto tutto questo, non ci sono solo i pensieri tristi di una mamma piena di perché. Ci sono anche cose belle, come un armadio di primavera e una caraffa con i rami di un pesco che sono fioriti (anche) in casa.

martedì 26 febbraio 2013

E quindi, caro Francesco

E quindi, caro Francesco, oggi ci ritroviamo in un gran casino, il giorno dopo lo spoglio dei voti. E' una situazione molto grave e la mamma è preoccupata.
Volevo solo dirti che quando ero piccola a Milano c' era la nebbia e la domenica si andava a teatro, con il tram. La macchina si usava meno ma in primavera si tirava fuori per andare a fare un pic-nic.
Mi ricordo il buio, però, perché alla fine erano anni in cui si aveva paura.
Posso dire quasi con certezza che invece tu non ricorderai questi come anni bui. Non hanno quel velo triste degli anni '70 e dei primi anni '80. Ma la serenità è ben diversa dal sentimento che imperversa in questo paese, caro Francesco.
Sai che spesso parlo di utopie, come quasi tutti i sognatori. Ma non dico bugie. E sono stanca di sentirmi fare promesse, di sentir parlare di scenari meravigliosi ma inarrivabili, di impegni che tanto nessuno prenderà.
Sono stanca per te, figlio mio. Perché io ti parlo di sogni ma non ti prendo in giro.

giovedì 24 gennaio 2013

Cosa succede in questi giorni frenetici

Ho un piccolo attimo di tregua e scrivo.
 
Sono stanca e il mio ginocchio si lamenta ma devo proprio dire che mi aspettavo che reagisse molto peggio al mio su e giù tra campagna e Milano.
Sarà perché ho sofferto davvero tanto ma la sera , nonostante la stanchezza e gli orari impossibili, faccio fisioterapia e per la prima volta nella mia vita mi sto impegnando in questo senso. Ho capito che è importante pensare al mio corpo, non solo abbigliandolo come più mi piace, ma anche curando le sue piccole grandi ammaccature che mi trascino da anni.
Mi sono persino comprata l' abbigliamento giusto per fare ginnastica (giuro, non lo avrei mai detto) e voglio vincere la scommessa con chi sosteneva che non sarei riuscita a fare la stagione a Milano o ad impegnarmi per far crescere questi benedetti muscoli. Per ora vinco io. E sono una che non molla, per cui: preparatevi, cari gufatori!
 
Sul treno, la mattina e la sera, leggo molto, come spesso succede quando lavoro. In quelle due ore di viaggio sono capace di divorarmi capitoli e capitoli che traboccano di fiori e mi immagino, tra poche settimane, alle prese con la realizzazione dei progetti che ho in mente per il mio giardino.
 
Francesco mi sta dando molte soddisfazioni. La scuola gli piace molto. Pochi giorni fa ha imparato la sua prima poesia a memoria e la sera, nel letto, mi ha detto che era contento che una cosa nuova gli fosse entrata nel suo cervellino perché non ne uscirà più.
Non si immagina quante poesie, rime e nozioni entreranno nella sua testa negli anni che verranno per poi uscirne poco dopo e la sua ingenuità, anche solo in queste piccolissime frasi, mi commuove.
 
Con i suoi lunghi capelli biondi conquista molti cuori e, nonostante il suo cuore tenero, credo che in classe faccia il duro.
 
Quando parla di suo fratello traspare tutto il suo amore. Io so che gli sarà vicino per sempre. E spero che suo fratello cresca felice circondato da tutti i messaggi di Francesco, dai suoi disegni per lui, dai suoi pensieri che lo mettono al primo posto.
Mi dispiace per chi non ci crede, ma per me l' amore viene al primo posto su TUTTO, in assoluto.
 
(Oook, mi tolgo gli occhi a cuore e ritorno al servizio fotografico che è in corso in showroom)

giovedì 19 luglio 2012

Ieri sera. E stanotte.

Ieri sera, dopo doccia e cena, ero tutta profumata e spalmata sul divano con Francesco. Giocavamo a "trova le differenze" speluccando due vignette in cui Winnie de Pooh e Tigro saltellavano felici.
Questo fino a quando il Moschettiere, al rientro dal suo "giro animali", mi chiedeva di aiutarlo a mettere Geranio in macchina e a portarlo dal veterinario. Secondo lui non avrebbe superato la notte.

Mi sono cambiata, ho legato i capelli profumati di shampoo, ho affidato Francesco alla nonna e accompagnato il Moschettiere da un nuovo veterinario che ci è stato segnalato come esperto di ovini e caprini.
Belloccio, il tipo - anche se un po' bassino. Peccato che l' ambulatorio fosse sporco da dare la nausea e che lui puzzasse più di Geranio (a detta del Moschettiere, che gli si è avvicinato più di me).
Mentre loro due incaprettavano l' agnello, lo anestetizzavano (il Moschettiere ha dato 42 esami di veterinaria, ma questa è un' altra storia) e gli tagliavano ulteriormente la gola per capire i danni che i denti di Tosca avevano fatto all' interno, io sentivo di essere sul punto di svenire. Non so se perché a 50 cm da me c' era il collo squartato di una pecora (con tanto di vene, legamenti, nervi belli in vista) o se per l' insieme di sporco, puzza, sangue.
Purtroppo non è servito a nulla sedermi su una sedia. Ho davvero temuto di cadere spiaccicata su quel pavimento pieno di peli (di cui alcuni sporchi di sangue), insetti e terra. Così ho chiesto aiuto e una signora - credo parente del veterinario - mi ha portato fino al bagno, in un percorso che comprendeva il passaggio accanto ad un barbeque dove stavano cuocendo le salamelle e ad una serie di stalle o non so cosa che emanavano un odore insopportabile (soprattutto se si sta procedendo senza vedere nulla  e con terribili conati di vomito per la pressione bassa).
Alla fine me la sono cavata. Ho cominciato a sentirmi meglio.
Seduta sui gradini di quella casa, con le gambe ancora tremanti per lo sbalzo di pressione, ho pensato di essere una donna davvero molto singolare. Non tanto per aver lasciato con convinzione un appartamento di città climatizzato e completo di ogni comodità, ma per aver abbracciato con ancora più convinzione la vita di campagna e tutto quello che ne consegue (che non significa avere una casa in campagna in cui trascorrere i week-end, ma qualcosa di ben più profondo).

Al ritorno, in macchina, con Geranio che belava al Moschettiere, lui mi teneva la mano. A volte crede che certe cose siano scontate, altre volte so che si rende conto di tutto.
E poi stanotte. Stanotte è nato un bambino. Sono felice. Sono felice. Sono felice.
Non so quali cambiamenti ci saranno nell' immediato per tutti noi, ma so che mio figlio non sarà mai solo. Lo considero un grande, enorme regalo per lui, ma anche per me.
E in questi giorni in cui, ancora sopraffatta dai romanzi di Rebecca West, mi scopro a pensare alle cose con parole obsolete ed eleganti, rido tra me e me e sogno le frasi giuste per accogliere questo bambino che, insieme a suo fratello, è il giocatore più importante della nostra grande squadra.

mercoledì 29 febbraio 2012

Per Rossella

Cara Rossella,
questa mattina abbiamo bucato due gomme, mentre il Moschettiere mi portava al treno.
Erano le 7 del mattino. Persi nel nulla, capirai.
Siamo stati ad aspettare 3 ore.
In quelle 3 ore ho letto la lettera che una professoressa di tuo fratello gli ha scritto.
Cazzo, se mi sono messa a piangere.
Posso dirti solo questo: che mi sono messa a piangere. E continuo a pensarci. A riguardare le tue foto. Mi dispiace, mi dispiace terribilmente. Io lo dico sempre, che non sono fatta per questo mondo. Perché non sono una realista, una cinica che riesce a spiegare certe cose, che le guarda da fuori e magari riesce a fare qualcosa. No, io sono un' idealista, una sognatrice romantica che spera e crede nel lieto fine.
Beh, sai cosa ti dico? Che io credo anche in questo lieto fine.
Lo dico sempre anche a mio figlio: "Il bene trionferà".

giovedì 12 gennaio 2012

Di fiori e di vestiti [quali sono i nostri strumenti?]

Non lo nascondo, prima di Natale ho attraversato un momento molto difficile (n.d.a.: francamente, mi risulta difficile giustificare la goduria di certe persone di fronte a questo).
*Momento difficile* nel mio linguaggio corrisponde a *la fine del mondo*. Tanto è vero che, con il senno di poi, mi rendo conto che il Moschettiere mi vuole proprio bene e che il suo sdrammatizzare, che mi fa anche tanto incazzare, alla fine mi salva.
Ma quanto è difficile. Se è vero che tendo spudoratamente e incontrollabilmente a creare tempeste in bicchieri d' acqua, è anche vero che ora mi auto-giustifico dicendo che quello che sono oggi, in questo preciso momento, è il risultato degli sforzi che ho fatto negli ultimi anni e delle salite che ho affrontato, un po' per scelta un po' perchè qualcuno mi ha portato su quella strada. Insomma, ci sono arrivata stanca a questo momento. Non sono una martire, per carità, ma per una come me che ha abitato nella stessa casa per 27 anni è stato facile accusare molto forte il colpo di qualche trasloco, tante tantissime parole (e non tutte felici) e di un definitivo e radicale cambiamento di vita, abitudini, aria. Colpo accusato, ovviamente, quando mi sono fermata.
La cosa che mi preoccupa, ma che mi rincuora allo stesso tempo (!), è che, come basta poco per farmi vedere la fine del mondo, basta altrettanto poco per farmi cambiare la prospettiva delle cose. Capita che sia stremata - non solo stanca - e, improvvisamente, ribaltando le idee nella testa, rinasco anche a livello fisico. Spesso non so giustificare come io riesca ad uscire da certi momenti, perchè credo di capirmi solo io.
Tante volte ci scherzo sopra e illudo me e gli altri che una sessione di shopping possa disinfettarmi le ferite. E invece, anche in questo, io sono strana. Certo, mi fa bene. Ma il mio rapporto con i vestiti è talmente naturale, istintivo, continuo, che non li ho mai visti come uno strumento o, tanto meno, una medicina.
Piuttosto, tendo ad affidarmi ai fiori. Perchè lì sono meno irresponsabile, mi affido ai manuali (e, a volte, alla sapienza popolare, in cui credo fermamente), calcolo i tempi, ragiono. In fondo, mi prendo cura di esseri viventi e sono figlia e suddita devota della nostra grande madre, la Natura.
Con i vestiti, invece, sono troppo diretta, sicura. So benissimo ciò che devo fare, non devo rendere conto a nessuno. E non mi basta comprarne uno - o dieci - per mandar via la tempesta che ho dentro. Preferisco sognare un' intera collezione  (e non mi basta nemmeno questo :D).

martedì 29 marzo 2011

Racconti al ritorno da una balconata liberty, da un vicolo con i panni stesi fuori, da una chiesa che sembra una moschea. Storia di un giorno di terapia.

Quando sono davvero incazzata, io lo so, devo andare.
Vengo da una famiglia di vagabondi, come dicevo qui .
Cosi' ieri sono andata verso sud, come piace a me.

Questa e' forse la mia parte piu' egoista, quella che vuole - e si prende - uno spazio suo (grazie anche a delle coincidenze: Francesco era a festeggiare il compleanno di suo papa'), che non va via per pensare.
Anzi, va via per non farlo.
Libera, senza impegni, orari (se non quello del ritorno, ovviamente), ho parlato con tantissime persone (anche il parlare era uno degli obiettivi per questo viaggio). Ragazzi che mi dicevano di non andare in giro con quella borsetta (borsetta? E' praticamente una valigia!), che si vedeva che ero una turista (ma la mia amica mi ha detto di no, perche' i turisti non girano con i tacchi 10), altri che mi chiedevano perche' fotografassi lenzuola e altarini.
La cosa che piu' mi e' piaciuta di Palermo?  Le cupole rotonde, i panni stesi fuori, la salita sul monte pieno di finocchi selvatici e fichi d' India, una balconata liberty in un posto che mai avrei potuto trovare da sola.
E soprattutto lei, che e' cosi' riservata che faceva parlare solo me (a proposito di obiettivi...). Lei a cui vorrei dire che secondo me quel giardino esposto a nord-owest è una tenera prova da parte di qualcuno. Ci ho pensato tanto al ritorno.
Un po' di Palermo vista con i miei occhi:
























p.s. penso che non riusciro' a camminare per giorni. ma non importa, ho il cuore pieno.
p.p.s. propongo al Moschettiere, che mi legge, di inserire nel budget familiare una quota da destinare ai miei viaggi terapeutici. Sono sicura che ne varrebbe la pena, perche' tutta la famiglia ne trarrebbe vantaggio (non e' una battuta).

venerdì 18 marzo 2011

Non so

Son qui che guardo le mie lenzuola stese al vento e al sole. Sotto è stesa Tosca, che sta per partorire.
E qui sul divano della veranda c' è Francesco che si è preso un bel virus e dorme. "Gino il pulcino" l' ha sfinito.
Ho fatto gli gnocchi e ieri una ciambella da mangiare a colazione.
Potrei rilassarmi sulla poltrona e leggere il nuovo numero di Elle o uno dei libri che ho cominciato, mentre accarezzo la testa di Francesco. E poi rivolgere le mie cure ai miei fiori, che ormai - è evidente - hanno invaso la casa.
Invece sono qui che aspetto. Il Moschettiere che mi ha promesso che sarebbe arrivato prima, Tosca che lasci andare i suoi 8? - 9? cuccioli, Francesco che torni a saltare e correre per casa con il monopattino.
Son qui che mi guardo intorno e riesco a fare solo, solamente quello (tra le varie telefonate in India o in Turchia, parlando quasi per inerzia). Con la voglia di un the caldo o di un coktail alla frutta pungente (le mie due IO), con i miei amati scaldamuscoli, anche se oggi fa persino caldo. Ma io mal di gambe.
Non so, son qui piena di compassione per il mio bambino stanco, per la natura che deve fare il suo corso (e non si sa quando lo farà), per me. Che mi faccio tenerezza da sola.


domenica 30 gennaio 2011

Fiori bambini

L' altro giorno qualcuno aveva dei bulbi in tasca.
L' ho raccontato a Francesco e mi ha detto che anche lui vuole metterne un po' nella tasca del suo giubbino.
Solo che c'è un problema: son già tutti nella terra!
E alcuni si sono già svegliati.
Poverini, non sanno che fuori c' è la neve. Oppure lo sanno e sono sbucati per sbirciare.
Gli iris, poi. Hanno una fretta incredibile di crescere. Non sanno che è più bello rimanere bambini.
(i ranuncoli, invece, lo hanno capito da un pezzo).

Questo è un pezzetto di vita - di rinascita della natura, nostra - che Francesco regala a Liliana, insieme ad un disegno con i pianeti.
Ieri abbiamo messo sul grande mobile una nuova foto. Si intitola "Francesco che saluta dal tetto del mondo".
Voglio metterci anche una foto della Liliana da bambina. Devo chiederla al Giovanni.






lunedì 17 gennaio 2011

Di odio (e tanto amore), pazienza e Mary Jane's

Non è tempo per le stylish classes, questa mattina.
Piuttosto è tempo di aver pazienza. Tantissima pazienza.

Fino a questa mattina odiavo le mie Mary Jane's. (Come ho potuto??? Ah, sì, ricordo il perchè) 
Poi le ho infilate così, tanto per. E per prendermi i complimenti del mio Moschettiere.
Chissà se ci vorremo bene per sempre. O se un giorno litigheremo e ci odieremo anche noi. Come me e le Mary Jane's. Prima.
Come me e certe notti in cui non riesco a dormire.
Come chi mi odia e si è dimenticato tutto quello che siamo stati. 

Ieri sera sul treno volevo piangere. Ma poi Francesco piangeva e non sarebbe stato bello se anche io avessi cominciato a farlo.
Poi ho visto il Moschettiere alla stazione. Avrei voluto dirgli che ero tanto triste.
Invece non l' ho nemmeno guardato.
Ma noi ci vorremo bene per sempre.
Mamma, che voglia matta di scappare e andare a fare un pic-nic. In primavera.


p.s. comunque le Mary Jane's rimangono un mito incontestabile.

domenica 24 ottobre 2010

La' fuori, qua dentro.

Questa sera ho scoperto che un mio amico ha paura del mondo. Ci ho pensato. Anche io ho un po' paura del mondo, anche se poi ci sono cose evidentemente pericolose che io affronto senza problemi. Pero' penso che se avessi incontrato prima certe persone, la strada sarebbe stata meno in salita. Meno solitaria nelle mie idee.

Lo so, le persone girano. Le situazioni cambiano. Gli amori passano. Le mode tornano. Alcune cose restano. Altre partono. Altre ricominciano.

Pero' io sono fatta cosi', ho bisogno di parlare. Di partire. Di ricominciare. Mille volte.

Di ricominciare a conoscere le persone, di sentire ancora il contatto con qualcuno che capisca. E qualcuno c'e'. La' fuori non c'e' solo gente che mi giudica, che sa di farmi male con una lettera, che pensa solo ai soldi, che vive di menzogne.

La' fuori, qua dentro ... c'e' anche qualcuno che mangia umanita' e cerca sentimento, come me.

Mentre penso agli abbinamenti del prossimo colore e sorrido al pensiero di questa piccola, semplice, sciocca avventura, mi accorgo che questa rete non e' un freddo contenitore. E' pelle, sangue. E' un mondo di gente che puo' rendermi felice.

Con una pianta di gerbere ( che da cafona non mi ha spedito il giorno prima :D ), con una giornata davanti alla stufa, con due chiacchiere e un the indiano, con tre bambini, con i pastelli a cera.

Ma anche con due parole scambiate ad un tavolino di Via Dante, con il succo di frutta rovesciato sui pantaloni, con gli abbinamenti del nero, con una persona che avrebbe potuto turbarmi, con altri tre bambini che esplodono dalla voglia di gioco.

Sapete cosa penso del mondo? Che nonostante tutto, nonostante sia ancora un po' in ginocchio, nonostante abbia freddo - ora - io penso che voglio conoscerlo. Voglio mangiarmelo, questo mondo. Non voglio essere divorata. Ma a volte mi sembra di essere un piccolo pesce, di quelli che - porco cane - lo san gia' che entro la fine della giornata verrano mangiati da un pesce gigante - o anche da uno un po' piu' grande di loro.

Pero' la' fuori, qua dentro, son contenta di essere solo un piccolo pesce. Mi mangeranno anche, ma so di essere buona.

Ok, mi sono sfogata. Vado a lavorare sulle stylish classes ( ... manco fosse un lavoro davvero ).

martedì 5 ottobre 2010

sembra tutto cosi' difficile

O lo e'? Non lo so.
So che penso a mia madre. Alle donne di una volta. E sono straconvinta che per loro non sia stato cosi' difficile. Mia madre mi dice sempre "quando io e tuo padre ci siamo sposati, non avevamo nemmeno le mutande per cambiarci".
Ok, anche solo basandomi su questa frase non posso dire che per loro l' inizio sia stato una passeggiata. Forse e' stato in salita. Ma in salita si sono amati. Sorretti.
Per me e' una salita in cui sto cercando di aggrapparmi all' amore. Perche' l' ho trovato. Ma e' come se avessi qualcuno che mi tira giu' e mi fa scivolare per la scarpata.
Forse anche io sto cercando di tirare giu' lui e non me ne accorgo.
Sembra tutto cosi' difficile.
Cioe', e' difficile per i sentimenti. Oltre che per i soldi, il tempo, i valori.
E' difficile dimostrare di essere puliti.
Ma quanto mi sono rotta le scatole di doverlo dimostrare??? Tanto. Ma tanto.

mercoledì 29 settembre 2010

Dai, portatemi via la testa

Il Moschettiere e' partito per la Turchia. Niente di strano, ci va anche un paio di volte al mese, per lavoro. Ma chissa' per quale strana congiunzione astrale, capita spesso quando e' in corso una crisi. Tipo Francesco con cagotto e 40 di febbre, io in piena campagna vendite e settimana della moda, sciopero dei treni e appuntamento con cliente russo alle 21 in showroom.
Questa volta abbiamo fatto bingo. Francesco in piena crisi, io alle prese con il rush lavorativo finale, mia mamma ancora impossibilitata a muoversi. Francesco ha probabilmente subito il fatto che mia mamma non e' stata bene - anche parlando con le maestre dell' asilo e' emerso questo. Forse anche il fatto di vederla star male, l' ambulanza che la portava via ( anche se lui era esaltatissimo nel vederla da vicino ), il fatto di non capire bene perche', se non e' una cosa grave, la nonna e' dovuta andare all' ospedale.
E poi, parliamoci chiaro: quando una mamma ha la testa piena, troppe cose da fare per azzeccare le coincidenze, il corri di qua e di la' da/per Milano, da/per l' ospedale, tanti pensieri dal banale: "devo fare la spesa - quando?" al "perche' mia mamma non migliora???" ... ecco, quando una mamma e' cosi', un bimbo lo sente.
Se poi la mamma ha dei sensi di colpa che dimorano fissi nel suo stomaco, pronti a saltar fuori alla prima occasione, la cosa si fa complicata.
.
E ieri sera eravamo a tavola io e lui. Qualche capriccio - per fortuna non forti come quelli della sera prima, tutto nella norma. Se non fosse che io mi sentivo come ai vecchi tempi, quando eravamo noi due. Noi due a far la spesa, noi due seduti a tavola, noi due a giocare dopo cena, noi due ad addormentarci.
Lo so, sono pochi giorni ( domani finisce la campagna vendite e il Moschettiere non stara' via molto ), ma quando si sta cosi' le ore sono infinite.
.
I nuovi progetti mi stimolano e mi stressano incredibilmente allo stesso tempo. Non riesco a far tutto. Ma persevero, non posso fossilizzarmi su questa terra malinconica. Per questo, studio, penso, leggo, lancio stylish competitions e creo sognando la primavera . Roba da poco. Ma che porta via la testa.
.
Detto questo, aspetto con ansia altri set creati da voi. E ascolto la musica che mi piace.
p.s. i fiori del background del set sono cosmos. semplici, raffinati. e attirano le farfalle.


Ayo - ONLY YOU
Caricato da jordhu. - Guarda altri video musicali in HD!

martedì 21 settembre 2010

avrei potuto accettare altre cose

Ok. E' arrivata lei , stamattina. E qui non si tratta solo di brividi.
Si tratta anche di dire le cose come stanno e come forse solo lei sa fare.
Avevo già parlato qui di cosa ha significato per me il tradimento. E' stato morire ancora, dopo che - vaffanculo - mi ero rialzata ed ero rinata piano piano.
Ma non avevo mai parlato di quello che ho accettato. Di quello che L' ALTRA mi ha fatto. Di quello che non posso ancora mandare giù - l' ho scritto anche da mc -: quel desiderio accecante di far male a me, con la pistola puntata in fronte. Questo io non lo voglio nemmeno capire. Perchè avrei anche potuto perdonare il bisogno di amore. Quello lo perdono a prescindere. Avrei potuto ascoltarla se mi avesse fermato per strada supplicandomi di ridarglielo, di renderle quello che UNA VOLTA era suo, di parlare di lui, di piangere insieme, di mandarmi anche a cagare. Ma in faccia. Avrei potuto affrontarla se lei fosse andata oltre quello che sono fuori, perchè io sembro un facile bersaglio. Sembro una donna di plastica, con i tacchi alti e le gambe magre. Ma dentro di me ci sono i miei amori, il mio matrimonio, , c' è mio figlio, l' India, l' università, ci sono le cascate che ho visto, la savana, il Capo di Buona Speranza, c' è il mio parto, il mio latte, c' è la mia mamma, il mio papà, c' è l' uomo della mia vita.
Io ci penso tutti i giorni, dietro ai miei vestiti, dietro ai bolerini di pailettes, dietro il mio lavoro fatto di lustrini e tante cazzate. Dietro a tutto questo io sogno l' umanità.
Come te, Mc, non credo riuscirò mai a sotterrare quell' ascia. Però ci proverò. .
Lui', voglio divorarmi quel libro. Stanotte.

venerdì 17 settembre 2010

pensieri di una mamma, di una figlia, di una donna.

Alle 3 di questa notte ho cominciato a farmi rullare i pensieri nella testa. Come solo io so fare quando mi sforzo di mettere le frivolezze sotto la pila delle preoccupazioni e mi concentro per pensare solo ai problemi cercando di trovare una soluzione in quel momento. Lì, nel letto. Alle 3.

Soluzioni di che, poi? Di certo non posso guarire la schiena di mia mamma. O il raffreddore di Francesco, la sua tosse. O la stanchezza del Moschettiere, che lavora, viaggia, pensa troppo. O la mia gamba, che questa notte mi ha fatto capire che da sola non può smettere di farmi male.

Ho il calendario fisso in mente, con le ore scandite che non bastano mai. Mai, porco cane. Mi sento a metà strada, una figlia poco presente, una mamma che vorrebbe fare solo la mamma ( sì, è così ), ma con degli spazi ritagliati per se stessa nelle ore in cui Francesco è all' asilo. Vorrei quelle poche ore ogni giorno. Mi basterebbero. Per scrivere di borse, di colori, di abbinamenti. Per fare quello che faccio in showroom ma in modo diverso. Per tirare fuori dal cassetto quel libro di cui so già l' evoluzione, la fine. So già quello che voglio dire. Voglio dire di fiori, di vestiti, di persone, di viaggi, di amori. Ma il primo capitolo sembra non finire mai.

Voglio vestirmi così per sedermi in giardino a buttare giù parole. E poi correre correre correre con Francesco.

sabato 11 settembre 2010

In tutto questo casino, almeno ho spazio per sognare.

Il venerdi' e' iniziato con mia mamma che alle 7 del mattino mi ha chiesto di comprarle un pigiama nuovo per la sua degenza in ospedale. Ok, una buona scusa per andare a fare shopping dopo il lavoro.

Entro da H&M ( sinceramente ... dove si comprano i pigiami??? Io ho tutto vintage, son fuori dal mondo ) e inizio a raccattare abitini in lame', maglie over-size a righe, shorts verde militare ( che alla fine ci stanno sempre ), t-shirts per Francesco, che sembra aver sviluppato un forte senso stilistico e ora vuole indossare SOLO magliette a maniche lunghe. Mi metto in coda alla cassa. Quando ho solo una persona davanti a me per pagare mi rendo conto di non aver assolto il mio compito. Mmmmh. Il pigiama. E in quel punto vendita H&M non vendono pigiami. Tiro su un paio di pantaloni morbidi in cotone color antracite e una maglia bianca con un sobrio scollo V.

Dopo aver portato Francesco da suo padre, fatto due ore in coda con il Moschettiere che odia il traffico milanese, recuperato la macchina alla stazione, raggiunto l' ospedale ... arrivo da mia mamma. Fiera, le mostro quello che avevo acquistato per lei. Ci e' mancato poco che non mi insultasse.

Ora. Capisco che per lei non esista nulla di meglio delle sue camicine da notte con pizzi, merletti e nastrini, abbinate alla vestaglia dello stesso colore e con gli stessi pizzi, merletti e nastrini.

Ma qualcuno deve capire anche me, visto che la mia giornata tipo e': sveglia ore 6,00 - sveglia bambino - lava bambino - vesti bambino - sfama bambino - prendi macchina - prendi treno - prendi filobus - lavoro - riprendi filobus - riprendi treno - riprendi macchina - risfama il bambino - rilava il bambino - rivesti bambino.

E, come se non bastasse, notte in bianco per il male alla gamba. Nelle tre ore in cui sono rimasta sveglia, e nell' attesa che il maledettissim oantidolorifico facesse effetto, ho creato la mia collezione su Polyvore , includendo tutto cio' che vorrrei indossare questo inverno.

Possiedo solo alcune delle cose che fanno parte della MIA pseudo-collezione. E cosi' e' ancora piu' divertente: altrimenti non avrei spazio nel mio immaginario per sognarle.

mercoledì 1 settembre 2010

vagabondi

Quando e' morto mio padre, mia madre mi ha detto: "Se non ci fossi tu, incomincerei a vagabondare per il mondo".
I due volti di questa affermazione non mi hanno colto di sorpresa; da una parte mi e' sembrato semplicemente ovvio ( pur non avendo ancora la piu' pallida idea di cosa significasse un figlio per una madre ) che lei stesse con me; non avevo nemmeno 20 anni. Ma allo stesso tempo, se mi avesse detto che sarebbe partita per il Tibet, piuttosto che Brasile o Nuova Zelanda , non avrei provato rancore, ne sono sicura. In fondo e' quello che avrei desiderato anche io al suo posto. In fondo e' quello che anche io ho desiderato in quel momento.
Ed e' quello che dicevo sempre al papa' di Francesco prima di ogni ecografia: "Giurami che se qualcosa dovesse andare male, partiremmo all' istante. Dimmi che prenderemmo l' aereo e scapperemmo ovunque". E lui: "Si'".
Per farmi stare tranquilla, non perche' lo avremmo fatto veramente.
E' anche quello che avrei voluto fare uscita dal tribunale, dopo aver giurato che il mio matrimonio era finito.
Sarei andata a casa a prendere Francesco per poi dirigermi all' aeroporto.
Ecco, noi ci leghiamo alle persone - fin troppo -, ma vorremmo prenderle e portarcele in giro per il mondo. Come se in altri luoghi nessuno potesse ricordarci che altre persone - altri amori - non ci sono piu'.
Come se lontano si annullasse tutto. Come se ogni viaggio ci aiutasse a percorrere una tappa della nostra vita.
Non e' una fuga la nostra. Non andiamo via per scappare.
E' un bisogno fisiologico, o piuttosto questione di genetica. Il nostro dna ha radici aeree, come quelle di certe piante tropicali.
Io come mia madre, Francesco come me. E come lei.
Ieri sera e' tornato dopo quindici giorni in cui e' stato in tre case e mille luoghi diversi. Come se niente fosse. E' arrivato con la stessa naturalezza con cui ha preso l' aereo per la Scozia e con cui, al ritorno, e' sceso e si e' messo nelle braccia di suo padre.
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Ieri sera mi ha chiesto di ripartire.
Sara' un grande viaggiatore. Anzi, lo e' gia'.
Foto: Francesco durante il suo primo volo in aereo.

giovedì 8 luglio 2010

di chiacchierate sui marciapiedi degli showroom

Oggi, fuori dallo showroom, ho beccato il mio amico Ste, che lavora da Paul Smith ( che nella nostra via son tutti showroom tamarri, tranne i nostri due. E menomale, così è più divertente ).
Ste è un gran buon partito: bello, buono, intelligente, sognatore ( che nella mia mente deformata vale forse più di tutte le precedenti. No, vabbè, più di tutte no. Però vale tanto. ), simpatico e anche positivo.
Ultimamente mi becca sempre che sono incazzata barra scazzata. Ma da dire a mia discolpa c' è che quel cavolo di blackberry non mi permette di stare serena. Alle 6 del mattino, quando mi alzo, la lucina rossa lampeggia inesorabile. A volte ci sono cose belle. Altre volte cose che mi fanno infuriare. E anzichè aspettare di arrivare in ufficio, aprire la posta elettronica, scorrere le varie emails, trovare quella che mi fa incazzare e incazzarmi di conseguenza, già alle 6 del mattino, io arrivo all' ultimo passaggio con un clic. Potrei rimanere ignara e beata per un paio d' ore - leggere il mio libro o giocare al brick-breaker sul treno - e rimandare l' incazzatura a quando il risveglio è già avvenuto ( ?!? ) da un po' e il respiro si è sintonizzato con il resto del mondo ( almeno, il mio ). Invece no.
Vabbè. Io e lo Ste - anche oggi - abbiamo chiacchierato delle nostre disgrazie ex-matrimoniali o similari. Lui mi guardava pacifico dicendomi che lui ormai non s' incazza più con la sua ex, che nella vita bisogna avere pensieri positivi, che non ne vale la pena, che la vita è bella. Ora. Io lo dico sempre, che è una questione di DNA, perchè anche il Moschettiere mi fa questi discorsi e perchè si sa che l' uomo vede la vita con gli occhiali lavati con la cera dei pavimenti - che fa scivolare tutto.
Però quando sono rientrata in showroom, avrei voluto fissare un punto nel muro e sbatterci la testa, anche con la rincorsa, magari. No, perchè io ho sposato l' unico uomo che si fa scivolare tutto - ma tutto tutto tutto - di dosso, ma che si fa aiutare da qualcun altro a rimanere attaccato con le unghie ai vetri. Non mi bastava lui, no. Ora c' ha pure l' aiutante. Veramente ce l' ha da un bel po', ma ora l' aiutante sta prendendo il sopravvento.
E io, che fino a poco tempo fa avrei risposto a certe provocazioni con le unghie, ora non son più capace di schiacciare quel cavolo di tasto "invia" e godere delle cattiverie che ho scritto. E questo è grave. Non è da me. Ora aspetto tranquilla che me lo si metta nuovamente in quel posto ( Sì, perchè sto diventando riflessiva, mica scema. Eh. ). Ma anche in quel caso sarò stoica, e resisterò intrepida finché verrà l' ora in cui potrò liberarmi da questa donna che si è impossessata di me. Perchè si può, vero? Cioè, voglio capire se un giorno tornerò ad essere quella di prima. Un' istintiva, rabbiosa, sadica risponditrice di email bastarde. La mia specialità erano quelle donna/donna.
Sì, perchè c' è più gusto ... quelli là si fan scivolare tutto, hanno pensieri positivi. Che palle.
Beh. Le cose son due: o sto diventando un uomo - e Dio me ne scampi - o la mia psicologa aveva ragione. E non ci ha messo neanche tanto a farmi diventare così. Peccato che io voglia tornare quella di prima: un' istintiva, rabbiosa, sadica risponditrice di email bastarde.