venerdì 23 maggio 2014

Tornando, pensando.

Lo so, scrivo sempre quando è in arrivo o in corso un temporale. E' che quando c'è il temporale, tranne qualche eccezione, non posso fare altro. 
E poi mi rilassa, insomma.

Sono appena tornata da Istanbul e ho trovato il giardino in mia attesa. Anche là le rose trionfavano, ma Istanbul è la città dei tulipani e non c'è paragone.
Mentre tornavo, pensavo alle tante volte in cui ci sono andata e ai tanti angoli che ancora mi sfuggono, mentre altri ormai mi accolgono come se abitassi lì sempre.
Pensavo anche che io a Istanbul vivrei, andrei a viverci domani, appena fuori, o in uno dei quartieri più verdi, dove potrei far crescere la Passiflora senza metterla in casa. Francesco ama Istanbul. Potremmo passare le domeniche mattina a Bebek, uno dei mie quartieri preferiti, a guardare le petroliere andare verso il Mar Nero. Tipo Pamuk. (Che noia Pamuk, comunque).
Pensavo, osservando le persone sull'aereo, esattamente come faccio in metropolitana a Milano, che è difficile viaggiare per lavoro, sempre. Tornare negli stessi posti senza conoscerli, prendere taxi e chiudersi in riunioni fiume. 
E poi pensavo che a casa c'era il mio bambino, abbracciato alla sua nonna che ormai è un po' vecchina e si stanca subito. Che lei mi aiuta sempre, borbottando, ma mi aiuta. 
Pensavo che avevo comprato delle belle scarpe, sì, ero soddisfatta. E mentre questi pensieri scorrevano nella mia testa, un bagliore: il mio trolley...ecco, il mio trolley dove diamine era?

Per la cronaca, il mio trolley era rimasto al duty free dell'aeroporto, da cui ero corsa verso il gate carica di giubbino e altre borse, saltellando sulle mie scarpe nuove, che erano -sono- esattamente del colore che volevo.
E mentre scrivevo questo post, ricevevo una telefonata dall'ufficio Lost and Found dell'aeroporto di Istanbul, che mi comunicava che avevano ritrovato il mio trolley e quindi anche la borsa, le due paia di scarpe e i vestiti che c'erano dentro.
E anche la maglietta del Galatasaray con la scritta "10 Sneijder" che voleva Francesco.

Il Moschettiere dice che ne era certo che l'avrebbero ritrovata. Io ero senza speranze, ovviamente. Che posso farci, mi ero già consolata con le scarpe nuove. E Francesco, dal canto suo, si era già rassegnato al fatto di avere una madre così, che corre come una ragazzina verso il gate, con le scarpe del colore perfetto.


p.s. Leggetemi anche qui e qui!

venerdì 9 maggio 2014

Riempire vasi di rose, sedersi a guardare il temporale

L'altra sera c'era il temporale. E io ero felice, non ho dovuto annaffiare le nuove bordure. E poi l'aria era magica, è arrivato nel momento in cui avevamo finito di lavorare fuori e quei pochi minuti di tregua fresca e profumata di inizio estate ci stava proprio.
Tosca aveva paura, Twenty galoppava. Lui era felice, ne sono sicura. Sentiva il fresco, come noi.

Le rose sono magnifiche in questo momento. Sono tante, non si contano. Ogni giorno posso riempire un vaso e mischiare i colori, come piace fare a me. Il rosso, per esempio, non va mai insieme al giallo: troppo caldi e carichi insieme. Allora tra loro metto sempre il rosa, che li ingentilisce. 

Ho il viso stanco in questi giorni, mi vedo le rughe intorno agli occhi. Non mi dispiace, quello che mi preoccupa è questo passare veloce del tempo, i fiori che arrivano e se ne vanno, il prato che ricresce un secondo dopo essere stato tagliato, Francesco che è diventato un piccolo grande uomo, gli agnellini che ormai sono grandi. 
Il temporale che arriva e se ne va e non mi lascia nemmeno abituare all'idea del fresco. 
Però le cose intorno prendono forma, gli amici tornano a trovarci, la griglia è in piena forma, noi ci vogliamo bene. E le rose sono bellissime, mentre ci guardano.

P.s. Il giardino non è solo sinonimo di lavoro: è festa, ricompensa, unione, colore. E per chi non sa da che parte cominciare, io continuo a dare piccoli piccolissimi consigli qui e qui
A presto.