"Ogni pianta ci insegna la pazienza e la capacita' di osservare, lo stupore e il rispetto, la gioia e talvolta il rimpianto, e quando si trova nel nostro vaso o nel nostro giardino richiede da noi AMORE, comprensione e cura. Puo' darci FIDUCIA nella forza della natura e, di conseguenza, nella vita stessa."
"Osservare, imparare e lavorare insieme in giardino per genitori e figli mi pare un elemento della massima importanza. (...) Avere confidenza con uomini, animali, alberi e piante del proprio ambiente, come anche il corso del sole, della luna e delle stelle, contribuisce in maniera decisiva all' orientamento, alla sicurezza e al radicamento di un bambino nel mondo e nella vita in generale."
da "Il giardino come spazio interiore", Ruth Ammann*
Lo scrivo qui, perche' ormai questa e' casa mia (ma e' scritto anche sui biglietti che lascio nelle mie scatole, come sempre): quando smettero' di curare le mie piante, vorra' dire che saro' morta. Perche' avro' smesso di coltivare anche la mia anima.
E trasmettere a Francesco questo senso di appartenenza alla terra (non intesa come paese ma come terra fisica, palpabile, profumata), questo affidarsi ai ritmi della natura, questo mimetizzarsi nel verde - non per nascondersi, ma per mischiarsi - e' una delle mie missioni.
Se penso al mio passato, mi chiedo come potevo accontentarmi di trovare pace solo nel coltivare i pochi vasi che mi permetteva il mio balcone cittadino.
E infatti non avevo trovato la pace.
Ora che vivo in un paese ben diverso dalla metropoli in cui abitavo prima, sento che la gente mi osserva. Guarda i miei tacchi, i colori che mi gira di combinare insieme e, secondo me, mi da' per spacciata, precaria in quella terra. Come se pensasse: "Questa qui, con quei tacchi, quei vestiti, non durera' molto lontano dalla citta'".
E invece no. Il mio, il nostro corpo e' vestito da cittadino. Ma la nostra anima e' coltivata come se fosse un fiore di campo: naturale, semplice, libera.
In ogni caso, spacciata o no, io non abbandonero' mai i miei tacchi. E Francesco le sue scarpe gialle. Ci dispiace per tutti quelli che ci pensano prigionieri dei nostri vestiti. Semplicemente, noi amiamo il nostro corpo - per questo lo vestiamo bene - e la nostra anima - per questo la curiamo come se fosse una margherita (o un lappio) ai bordi di un campo di grano.
(una volta, una donna salutò così la propria terra che scompariva lontano:"Le tue erbe mi cresceranno fra i pensieri e chi mi sarà vicino le sentirà fiorire. I tuoi uccelli mi abiteranno nella voce e chi mi verrà accanto ti potrà ascoltare. Sarai un battito così profondo che la notte, il buio, non lascerà parlare la solitudine." Il bambino, intanto, vicino a sua madre, dormendo sognava di essere un seme avventuroso trasportato dall' acqua e pronto a mettere radici in ogni terra. Da "Nove storie sull' amore", Giovanna Zoboli e Ana Ventura**)
* ricevuto da Gloria. Mi aveva guardata dentro prima di avermi incontrata.
** uno dei più bei libri d' amore che abbia mai letto.
P.s. Secondo me, se le margherite potessero camminare, lo farebbero con un tacco 12. E i lappi con le scarpe gialle come i loro petali {sogni}