lunedì 30 aprile 2012

Mattino {live from Istanbul}

Mi sono seduta sul letto. Francesco e il Moschettiere dormono qua accanto a me.
Mia madre nella stanza accanto.
In effetti sono le 6 del mattino e, calcolando il fuso, in Italia sarebbero le 5.
Ma la preghiera che arrivava da un minareto molto vicino mi ha svegliata un' ora fa. O meglio, ero già sul chivalà e quel forte canto microfonato mi ha dato il colpo di grazia.
Questa notte qua fuori è successo di tutto. Ad un certo punto pensavo che stessero spostando una casa. Ora si sentono le navi che arrivano e i gabbiani che le seguono. Quasi silenzio.

L' appartamento che abbiamo preso è proprio accanto alla torre di Galata, nel quartiere italiano.
Anzi, genovese. È il mio preferito, qui a Istanbul.
Per la posizione, lo stile delle case - vecchie - e per il fatto che pur avendo qualcosa di turistico, è frequentato da istanbuliani. Questo appartamento è bellissimo.

Da uno dei balconcini si vede il mare. I proprietari hanno lasciato dentro tutto e il ragazzo che ci ha dato le chiavi mi ha persino detto che posso prendere i vestiti che voglio e metterli. Non esageriamo. Anche se la tentazione è molta, la ragazza ha del gusto.

In cucina ci sono le pentole appese con l' aglio. In alcuni punti ancora i vecchi stucchi sui muri.

Spero che mia madre questa mattina non si lamenti troppo del casino di stanotte. Mi vedo già mentre litigo con lei attraversando il ponte di Galata e godendo - comunque - di quel vento che solo lì c' è.

Di quel profilo, con i minareti e il promontorio del Topkapı, di quei pescatori che ti guardano quando passi ma se ne fregano anche.

Tutti continuano a dormire, qui. Io proprio non ci riesco. Buongiorno, mia Istanbul.

giovedì 26 aprile 2012

Gli uomini della mia vita

Per molti anni dopo la sua morte, ho ricordato mio padre solo da malato. Poi, improvvisamente, ho ritrovato tutte le mie immmagini di bambina con lui. In mezzo poco, chissà come mai. 
Oggi lo ricordo come un uomo brillante che intratteneva gli amici, rideva, scherzava, spostava i mobili del salotto per ballare il bougie bougie con mia madre. 
Poco prima di morire, una mattina, mi ha parlato di cieli e mongolfiere. Quel giorno ho giurato a me stessa che non avrei mai smesso di sognare, proprio come aveva fatto lui. Pretendeva molto da me a scuola e non posso non dire che mi metteva soggezione e avevo paura tornando a casa con un voto mediocre. 
Ma mia madre dice che queste ultime cose me le sono sognate. 

Il mio ex-marito mi ha presa tra le sue grandi braccia alla fine di un' estate. Ero appena tornata dalla Russia, dove ero andata a studiare e dove, guardando bambini giocare in un vecchio cortile dall' ultimo piano di un ostello di Mosca avevo pensato che la mia vita era proprio una merda. 
Mio padre era morto da meno di un anno e il mio ex ragazzo mi aveva lasciato dei brutti lividi. Sia fuori che dentro. 
All' inizio, al mio ex-marito, parlavo solo di quanto fossi triste. Lui rispondeva con grasse risate e facendomi riprendere, piano piano, i chili persi per strada durante quell' anno terribile. 
È per questo che l' ho sposato, qualche anno dopo. Amavo la leggerezza innata che lui aveva e io no. 
Placava la mia sete di avventura approvando i miei piani di viaggio e mi teneva i piedi per terra tenendomi stretta con la sua grossa mole e facendomi coccolare dalla sua famiglia, numerosa e presente. 

Il Moschettiere, invece, ha subito accentuato, anziché smorzarli, questi lati del mio carattere - forse perché siamo molto simili sotto questo punto di vista. Pochi mesi dopo il nostro primo appuntamento, nonostante avessi una gamba rotta, mi ha caricata su un aereo e mi ha catapultata in India, dentro un viaggio che avevo nella pancia da anni. 
Poi mi ha portata a vivere in un bosco. 
Siamo due istintivi. E le nostre litigate hanno spesso del teatrale. 
A volte penso che esprima opinioni opposte alle mie solo per il gusto di vedermi difendere le cose in cui credo con tutta la foga di cui sono capace. Ma so che non è così perché lui è un pacifista assoluto, mentre sono io che vorrei scatenare piccole piccolissime guerre (e poi non lo faccio). 
Quando siamo insieme ci piace sognare, pensare a NY, sistemare la legnaia, invitare gli amici, amarci in veranda (quando c' è la luce giusta). 

Francesco è nato di 3,3 kgs e aveva le mani grandi, come adesso. 
Il mio dito preferito è ancora oggi il mignolo, perché ha una falange piena di ciccia. 
Ha le ciglia molto lunge, come suo padre. Loro due hanno lo stesso naso. 
Ma le ginocchia, le orecchie, il mento e i piedi sono quelli di sua madre. 
È un romantico sognatore e questo mi basta. Anzi, mi appaga di molte cose perché so che un sognatore trova sempre la sua strada. 

 Ieri eravamo tutti insieme. Sì, anche mio padre. E per me è stato bellissimo.

martedì 24 aprile 2012

Rosso [ma con i bottoncini dorati]

Mi piace perché mi fa il culetto in fuori. 
Mi piace perché è di lino, ha i volants e i bottoncini dorati dietro, per allacciarla. 
Mi piace perché l' ho comprata una mattina, quasi all' alba, seduta sul divano. E poi è arrivata in un giorno di pioggia, avvolta in una velina verde.


Da portare: con top grigio e sandali bianchi.
Da acquistare: da Zara, meglio se on-line, comodamente sedute nel vostro soggiorno.
Da evitare: farsi venire voglia di metterla mentre, spudoratamente vestite solo di canotta e mutandine, si sta lavorando in giardino. Allunga nettamente i tempi di svolgimento del lavoro.

mercoledì 18 aprile 2012

Insicurezze

Oggi, quando sono andata a prendere Francesco all' asilo, la maestra mi ha detto che era scoppiato a piangere dopo aver disegnato la seconda zampa della mucca Emilia. Era disperato perché non le era venuta bene. Così si è nascosto sotto il tavolo rifiutandosi di andare avanti.
Già questa mattina aveva pianto, a casa. Era preoccupato perché per oggi pomeriggio era organizzata la sua prima partita di pallone.
Inutile anche solo specificare che per noi tutto quello che gira intorno al calcio non ha nessuna importanza (in realtà non riesco a nascondere il mio disamore per il Milan, visto che lo considero uno strumento politico e, come tale, non riesco a sostenerlo sportivamente) e che se le zampe della mucca Emilia vengono disegnate male ci piacciono ancora di più.
Cioè, io mi ricordo ancora adesso quando mio padre mi sgridava perché non facevo bene l' alfabeto "bombato". E mi ricordo anche l' ansia sul trampolino, la domenica mattina, prima di tuffarmi per percorrere i 50 metri a rana, la mia specialità. 
In realtà, i miei genitori non mi hanno mai pressata per lo sport, anzi. Non hanno mai avuto sogni di gloria per me. Piuttosto, pretendevano molto a livello scolastico. Troppo. E forse questo mi procurava ansia anche quando nuotavo.
È che io sono estremamente insicura. E sono un' eterna "vittima". Mi sembra di non essere mai andata bene a loro, di non averli mai davvero resi orgogliosi di me. 
Mi rendo conto di risentire di tutto questo anche ora. Ho un continuo bisogno di conferme, mi giustifico sempre per le cose che faccio anche se so che non hanno bisogno di alcuna spiegazione, mi sembra di non piacere mai, di non essere adeguata, di arrivare sempre tardi o di non terminare dei percorsi. E questo è anche vero. Comincio bene e finisco male.
Nemmeno lo dico che non vorrei che tutto questo succedesse anche a Francesco. Se c' è una cosa che desidero per lui è che diventi un uomo sicuro - non presuntuoso - sicuro.
Tipo il Moschettiere.

Ieri ho ascoltato la storia di un padre - anzi, di un uomo - che ha avuto un' infanzia durissima. Si ritene fortunato - e lo è. Ho pensato a lui, la sera, e tutto quello che ho passato io mi è sembrata una cazzata. E forse lo è. Forse, perché io mi sento uno scricciolo. Come mi chiamava mio padre.
Beh, comunque oggi Francesco è stato messo in porta. Lo vedevo che aveva voglia di piangere, solo e fosforescente nella sua maglia arancione in quella porta enorme. E invece è stato lì e ha parato quello che è riuscito a parare.
È una cazzata, una partita di calcio. Forse. Perché lui è il MIO scricciolo. E io ho ancora i brividi, pensandolo con quella maglia numero uno che cozzava con il colore dei suoi capelli. E i calzettoni che gli tenevano la tuta, più grande di due taglie. 

Al posto suo, io sarei scappata. Non avrei retto l' emozione di stare sola davanti a tutti. Infatti io odio le sfide.

martedì 17 aprile 2012

Sogno letti di erba. E compro gonne rosse con i volants.

Sogno letti di erba. Fotografo i miei fiori. Compro gonne rosse, con i volants. E scarpe color corallo. Sistemo il cassetto dei guanti. Progetto nuove clutch bags e stylish classes. Chissà se vi piaceranno.
Nel frattempo, mi è tornata la voglia di jeans strappati e di labbra lucide. 
Il vestito nuovo di pizzo è pronto. Aspetto il caldo. 
Così, tanto per farvelo sapere.










giovedì 12 aprile 2012

In sospeso tra sole e pioggia [I guantini da indossare in questi giorni]

In questi giorni sospesi tra sole, pioggia e risposte da attendere accendiamo la stufa, perché fuori è tornato il freddo di febbraio. Ma appena le nuvole si spostano, andiamo a bagnarci i piedi nell' erba che sarebbe da strizzare.
Non si può negare, vestirsi è un incubo. Chi avrebbe mai detto che le maglie pesanti non erano ancora da dimenticare fino al prossimo inverno? 
Per fortuna noi non lo facciamo mai. Abbiamo un armadio che contiene tutto, estate, inverno, autunno e primavera.
E poi un cassetto segreto dove io conservo i miei guanti. Non hanno molto spazio, poverini, perché sono in tanti: quelli ereditati da mia madre - a coste, colorati, abbinati ai calzini da montagna; quelli presi sulle bancarelle dei mercatini - a crochet, da sposa o in pelle, color avorio e infine quelli a cui non potevo resistere notandoli in una vetrina - con le borchie, da pilota, oppure semplici, ma fucsia.

In questi giorni non ne posso fare a meno. Quelli a coste di lana rimangono nel cassetto. 
Ma tutti gli altri - anche i lunghi manicotti che lasciano le dita libere ma calde - sono lì che mi aspettano all' ingresso, in una cesta temporanea, per essere abbinati alle maglie che ho voglia di mettermi per scaldarmi. 
E speriamo che venga presto il tempo di indossare quelli bianchi, a crochet (che tengo gelosamente custoditi nel mio cassetto segreto).



domenica 8 aprile 2012

Ritratto di signora

Dopo Pechino, Mosca, operazione al ginocchio e rientro pieno di amici, io e il Moschettiere ci stiamo godendo una tranquilla Pasqua di giardinaggio, letture al sole e preparazione al ritorno del piccolo Francesco e all' arrivo degli amici.
Questa mattina cazzeggiavo su Pinterest e qualche immagine mi ha ricordato la Pasqua di quando ero piccola. Non era una vera Pasqua se mia zia non cucinava il capretto al forno e mio zio non mi diceva, sapendo di farmi arrabbiare, che il mio seno non era cresciuto rispetto all' anno prima.
Le cose sono cambiate tanto per la nostra famiglia (a parte le mie tette). Siamo dislocati in vari punti dell' Italia e dell' Europa, due cugine su cinque sono state sposate e sono separate, tre convivono. Anzi, quattro. Mio padre e mio zio non ci sono più, ma sono arrivati dei nipoti e uno arriverà quest' estate.
Mia madre è sempre la solita, in compenso.
Continua a dire che, pur essendo nata in un paese di montagna, non potrebbe mai lasciare il suo appartamento di città. Ma quando viene a trovarci in campagna ci sentiamo presi in giro perché sembra proprio che invece sia anche lei una vera ragazza di campagna.
Esce sempre vestita in modo impeccabile ma non la disturba lavorare con giaccone e stivali di gomma.
Poi lei riesce a dimenticare e mettere da parte tutto quello che non le serve più, anche se le piace ancora. Io tendo a regalare chances. A persone, scarpe, borse, vestiti.
Proprio oggi ho avuto l' idea di organizzare una garage sale con gli abitanti della mia collina. Ma l' ho subito abbandonata. Non me la sento ancora di lasciare che siano altre donne a dare una nuova possibilità ai miei vecchi vestiti. E alle mie adorate vecchie scarpe.
Non per niente, in questi giorni post-operazione in cui non posso camminare - tanto meno portare tacchi - ho tirato fuori le mie vecchie Stan Smith verdi dei tempi delle superiori. Si sono logorate in un modo cosí perfetto che mai e poi mai avrei potuto vederle su una bancarella alla mercé di tutti.
Potrei però organizzare la garage sale e non esporre nulla...solo comprare. Mi pare un' ottima idea. L' inverno prossimo potrei vagare per le colline indossando il cappottino con il collo di pelo della vecchietta che abita di fronte. Il Moschettiere ne è già stato informato.

lunedì 2 aprile 2012

Racconti al ritorno da una città proibita, da una grande muraglia, da una cattedrale colorata

Quando ero piccola guardavo il mappamondo e sognavo di visitare ogni piccolo angolo della Terra. Crescendo, ho capito che 1) non è così semplice 2) se si vuole, come per tutte le cose, si può fare.

Pechino. Se non fosse per le migliaia di sputate in terra da parte dei suoi abitanti (e non), sarebbe la città più pulita che abbia mai visto. E se la città proibita fosse ancora proibita, beh, sarebbe un vero peccato. E ancora, se non fossi scesa dalla Grande Muraglia su un bob con il Moschettiere dietro che mi diceva di andare più veloce, ora non mi verrebbe da ridere. 
Anche pensando a Mosca, a quella meraviglia così decadente ed elegante, sorrido. Se non l' avessi rivista dopo 15 anni, non avrei ri-scoperto che i posti cambiano a seconda di quello che hai dentro quando ci arrivi.

In fondo, se non avessi comprato un aquilone cinese a Francesco, ora non sarei felice di questo maledetto vento.
E se non avessi mai creduto a tutto ciò in cui credo - forse - non avrei fatto, visto, sentito tutto questo. Non avrei ballato in un parco di Pechino con dei simpatici vecchietti. E molto, molto, moltissimo altro.