giovedì 30 luglio 2009

Francesco, sua nonna e Barack Obama

Sto leggendo un libro scritto da Barack Obama prima che entrasse in politica. Si intitola "Dreams from my father" ed è la storia della sua famiglia. Sono solo all' inizio ma già vedo trasparire la sua umanità che - sono sicura - è una delle cose di cui il mondo aveva bisogno.
E' vero, non si vive di sogni. Non si vive di pietà, solidarietà, rispetto. Anzi, si potrebbe anche vivere di tutto questo ma purtroppo non basterebbe per portare a casa la pagnotta ... e, soprattutto, a scalare la vetta.
O, meglio. questo è quello che ho sempre creduto: che nella vita andassero avanti solo quelli che non provano compassione, quelli che vanno dritti per la loro strada senza fermarsi ad aiutare e comprendere gli altri. Perchè questo è quello che ho visto e vissuto nel mio piccolo.
E invece quest' uomo mi ha dato la speranza di pensare che anche chi è UMANO - e non nel senso fisico del termine - potesse arrivare. Con carisma, capacità, fiducia in se stessi, intelligenza, studio, certo. Ma anche umanità.
E più entro nella sua vita e più ne sono convinta. Ho scelto di leggerlo in inglese proprio perchè volevo leggere le sue parole, non una traduzione.
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Francesco mi chiede spesso ultimamente di leggergli qualche riga in inglese. Mi guarda un po' stralunato un po' consapevole.
Così, ieri sera, mentre divoravo le parole di Obama ad alta voce ...

Non sono riuscita ad includere nel video le parole di mia madre che, quando Francesco ha riconosciuto il Presidente degli Stati Uniti, ha replicato: " Eh, sì, quello che vorrebbe tanto diventare quel nano malefico che abbiamo noi al governo".

Ok, è vero, i bambini sono di sinistra . Noi siamo di sinistra. Ma un bambino di tre anni appena compiuti non può essere sottoposto a un tale strazio da parte della nonna, che non perde occasione per tentare di indirizzarlo verso una tal direzione e se potesse gli canterebbe " Bella ciao" come ninna nanna. Anche perchè il bimbo mi sembra già abbastanza confuso di suo in quanto a politica e geografia.

Dai, su.

giovedì 16 luglio 2009

mi sento una vecchia - ma almeno vestita bene


L' altra sera ero seduta sul treno del ritorno a casa.

Di fronte a me due ragazzine che credo non abbiano avuto più di tredici anni. Avevano addosso talmente tanti gioiellini colorati, rotondi, plasticosi, che sembravano dei negozi ambulanti di caramelle gommose.

Entrambe portavano quella nuova pettinatura con il ciuffo di traverso che copre tutta la fronte ma tipo sberla e avevano gli occhi truccati del colore che quando lavoravo in Ballantyne chiamavamo "eyeshadow", cioè "ombretto", perchè è quell' azzurro un po' pastelloso e madreperlato che ricorda proprio gli ombretti anni '50.
Magliettina aderente con scritta un po' art-decò, jeans strettissimi e ballerine.
Niente, le tipiche ragazze milanesi di adesso.
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Comunque, una dice: "Senti, ma ... domani che fai?"
L' altra: "La mattina dormo, al pome cazzeggio e la sera bordello"
Fin qui, niente di che. Ho capito il significato.
La prima riprende: "Ma l' hai più sentito XXX?"
L' altra:" Sì, ma non mi prende per un caxxo"
La prima:" Ma sì, che caxxo te ne fotte ... è un morto di figa"
!!!???!!!
Ma cosa vuol dire? Sono io che sono rimasta indietro o è normale non capire?
Istintivamente, ho guardato il signore che era seduto di fronte a me, che ha fatto anche lui la faccia di quello che non aveva capito niente. Peccato che lui avrà avuto almeno settant' anni ( e infatti non avrà capito nemmeno le prime due righe ).
Improvvisamente mi sono sentita vecchia.
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A parte che io ho avuto l' "autorizzazione" a dire parolacce quando ho compiuto diciottanni. Tutto in proporzione, perchè i buchi alle orecchie mi hanno permesso di farli a sedici ... poi mi sono lanciata, eh? Piercing, tatuaggio ... e basta, dai. Cose che non rifarei. Ma ormai ci sono.
Poi mio padre, se a tredici anni mi fossi presentata conciata in quel modo, mi avrebbe fatto rientrare in casa e cambiare. Mentre mia madre è sempre stata più sugli abbinamenti. Secondo lei già da adolescente avrei dovuto abbinare intimo e t-shirt, eventuali gioielli e camicetta. Che ansia.
Tant' è che una volta mi ha fatto fare una gran figura di merda in cortile con i miei amici. Lei era uscita e io mi ero vestita come volevo io, finalmente, anche per attirare l' attenzione del tipo che mi piaceva. Lei è arrivata e davanti a tutti mi ha detto: "Paola, ma come ti sei vestita? Non si abbinano MAI ( calcato con la voce ) fiori e righe".
Come se avessi combinato chissà cosa.
In effetti, però, fiori e righe ... ma io anticipavo la moda, visto che ora tutti lo fanno in sfilata, no?
Rientrata in casa mi ha fatto una romanzina sui colori, su quali stanno bene con cosa, ecc. ribadendo SEMPRE il concetto che "per ben apparire bisogna soffrire". E allora giù con le lezioni di camminata perchè secondo lei facevo i passi troppo lunghi ( e continuo a farlo ), con le spiegazioni su come ci si pettina, ci si depila, ci si fa la manicure ...
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Comunque, alla luce di tutto questo, sarò anche rimasta indietro col vocabolario, ma in quanto a vestiti, scarpe e cura del corpo, ho avuto una gran maestra.
E infatti le due tredicenni hanno guardato i miei sandali e mi hanno detto: "Fighe 'ste scarpe! Ma come fai a camminare con dei tacchi così alti???".
E io: "Beh, per ben apparire bisogna soffrire, ragazze. Ricordatevelo sempre. Io alla vostra età magari mi vestivo ancora da Prenatal, ma portavo già delle grandi scarpe."
E me ne sono scesa dal treno ridendo e pensando che in realtà a tredici anni passavo le sere a ballare davanti allo specchio sognando di portare i tacchi di mia madre, di ingioiellarmi tutta e di vestirmi come Audrey Hepburn ( si, di già ).
Mentre loro la sera si vestono da negozi ambulanti di caramelle gommose e fanno "bordello" ( però non con i "morti di figa", eh? ).
nella foto: le scarpe del treno ...

lunedì 13 luglio 2009

semplici immensità

Per festeggiare i 3 anni di Francesco ho scelto la campagna.

In compagnia della splendida Valentina ( è lei la bellezza che vedete in foto ... ) che ogni tanto saluta i grandi laghi del Canada e viene a salutarci, di amici vecchi e nuovi e del loro piccolo cucciolo di uomo che ha appena due mesi.
Racconti di cavalli, neve, amori lontani, fattorie.
E poi una scala per raccogliere le prime prugne tanto dolci ma dalla buccia un po' amara.
E poi ancora ricordi di un bimbo appena nato, del fasciatoio, del momento del cambio, dei rotoli di ciccia sui polsi.
Francesco mi sembrava così grande mentre osservava quel batuffolo di latte e cotone.
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E i girasoli mi parevano così austeri,



i campi di grano così immensi, il cielo così infinito, gli alberi così alti, la verdura dell' orto così genuina,


i biscotti fatti in casa così puri e ...
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e, sì ... l' amore così semplice, racchiuso, ingenuo. E immenso.

martedì 7 luglio 2009

Tre anni fa ... ( auguri Francesco! )


Tre anni fa, a quest' ora, ero attaccata alla colonna di casa in preda alle doglie. Non avevo paura del parto, non ne ho mai avuta. La mia curiosità ha sempre offuscato qualsiasi timore. Ora che so cosa significa quel dolore, forse andrei in sala parto leggermente prevenuta, ma sicuramente più consapevole.
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Tre anni fa, a quest' ora, non avevo ancora stretto mio figlio al petto. Nella mia testa, grazie alle 200 puntate di "Reparto Maternità" che mi sono sparata, lo immaginavo ancora con tantissimi capelli e sporco di sangue. Invece è nato bianco e rosa, pulitissimo e profumato di prosciutto cotto.
Eppure ho mangiato mandarini e zucchine tutta la gravidanza. Boh, certe cose non si spiegano.
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Tre anni fa, di mattina, c' era un sole forte che illuminava le pozzanghere, proprio come oggi.
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Tre anni fa, tra poche ore, sarei andata in ospedale. Ci sono arrivata quasi da incosciente, senza preparazione, corsi pre-parto. Ho camminato con l' ossitocina nel sangue, mi sono data un morso sulla mano che mi è rimasto per settimane - giuro - , ho spinto guardando il pediatra strafigo che a sua volta mi fissava la patata e mi sono ritrovata Francesco urlante sul petto.
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Tre anni fa guardavo mio figlio attaccarsi voracemente al mio piccolo seno da adolescente e lo compativo perchè non credevo che non avrei mai potuto sfamare un bambino; quando dopo 2 giorni mi sono venute due palle da bowling sul petto e Francesco ha cominciato a prendere peso, ho capito che avrei potuto dare da mangiare ad un esercito.
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Tre anni fa non vedevo l' ora che lui arrivasse da me. E oggi non vedo l' ora di arrivare a casa da lui. Lui che ora sa andare in bicicletta ma vorrebbe una moto vera ed è rimasto deluso dal set di giardinaggio che gli ho regalato per il compleanno, che a volte si autogestisce e a volte si attacca alle mie gambe per non farmi andare a lavorare, che ama il suo ciuccio alla follia ma che ieri ha detto ad un bambino a cui la befana aveva portato via il suo: "capiterà anche a me".
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Auguri Francesco! Senza te questi tre anni sarebbero stati sprecati.

venerdì 3 luglio 2009

spice cousins

Come in tutte le famiglie, anche nella mia c' erano - e ci sono - i parenti da parte di mamma e quelli da parte di papà. In tutto, tipo 10 persone o giù di lì. Meglio.
I parenti di papà, composti da una sola famiglia di 4 persone, sono sempre vissuti in un loro limbo, molto riservati e non amanti delle feste. Ogni tanto, il sabato, andavo a trovarli con i miei genitori nella loro casa di Milano e trascorrevo il pomeriggio seduta sul divano del loro immacolato appartamento situato in un immacolato condominio con un immacolato giardino, dove comparivano ovunque cartelli che impedivano ai bambini di calpestare le aiuole e girare in bicicletta. Pregavo che i miei non si ammattissero tutto d' un tratto e decidessero di acquistare una casa così.
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Poi c' erano - e ci sono - i parenti da parte di mamma, che io considero la mia vera famiglia.
Qui una premessa è d' obbligo: mia mamma è originaria della ridente Val Camonica, in provincia di Brescia, una zona in cui uno può anche essere agonizzante ma deve sempre avere davanti il piatto di salame nostrano e bicchiere di vinello in mano. No, anzi, di grappa.
E il burro. Ohhh, il burro. Quanto me ne hanno fatto mangiare. Con i casoncelli, con il pane. Insomma, a 14 anni avevo il colesterolo alto. E ho dovuto stragiurare al dottore che la sera prima di fare gli esami non mi ero bevuta 5 birre ( perchè diceva che la birra alza il colesterolo ... vabbè. ).
Durante i nostri pranzi di famiglia se non si cantava non era festa. E se le mie cugine più grandi portavano a casa un nuovo fidanzato, quest' ultimo era accolto dagli uomini della famiglia con il coltello del salame puntato alla gola che veniva tolto solo dopo avergli strappato una serie di promesse. Giuro. Tutto per ridere, ma il povero malcapitato lo sapeva solo alla fine.
Una famiglia di risate, arte, cibo, musica.
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E pensare che le mie cugine mi hanno sempre preso per il culo per il mio accento cittadino e i miei modi da fighetta. Eravamo 5 cugine femmine e, se ai tempi fossero già esistite le spice girls, io sarei di sicuro stata paragonata alla posh spice. Talmente posh che, essendo la penultima ( e l' ultima era troppo picola per giocare), ero quella che doveva sempre fare la conta, che se sbagliava a dire una parola veniva presa in giro per anni, che non trovava i colori impossibili di strega-comanda-color. Insomma, non potevo di certo menarmela come la posh spice, visto che alla fine ero la più goffa.
Ah, ma crescendo mi sono rifatta, eh? Me le sono prese le mie belle rivincite.
Non è vero. Ancora adesso mia cugina Barbara mi guarda e ride ricordando una volta in cui, a sei anni, anzichè dire chewing-gum ho detto ciunghia.
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Dalle mie cugine ho imparato un sacco di cose utili: a fumare, bere la birra, limonare con i ragazzi. Ogni estate trascorsa da Barbara, che mi precedeva di soli 2 anni e da cui trascorrevo parte delle mie vacanze estive, era una nuova conquista. E la cosa più bella era che mia madre era felicissima di allontanarmi dai "pericoli milanesi", convinta che in provincia - la sua provincia - i ragazzi organizzassero gite in montagna per studiare la flora locale.
E poi il mio fascino da milanese conquistava, eh? Altro che ciunghia e strega-comanda-color.
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Scherzi a parte, durante le trasferte, negli anni, ho anche imparato a conoscere la musica: erano i tempi in cui andavano gli U2 di "The Joshua Tree", così come Sting, Prince, Sinead O' Connor. Mia cugina Sonia passava le ore a creare dei mix ( le ho ancora quelle cassette con la scitta in pennarello "REMIX '87" ) e a sognare l' Irlanda.
Una volta mi ha letto tutto d' un fiato "Il piccolo principe". E il giorno dopo "Racconti" di Edgar Allan Poe. Un po' eclettica, eh? E' grazie a lei e al racconto del gatto che è stato trovato sopra la testa di una donna morta e murata in una cantina che io non scendo MAI dopo le 4 del pomeriggio in un seminterrato.

Questo post è dedicato alle mie cugine, che per me, figlia unica, sono state delle sorelle maggiori. In particolare, a Sonia , che ormai vive da anni nella sua amata Irlanda e che mi ha girato questo premio.
Sonia che è un' artista e che ama la vita semplice di Dublino, la musica, il vintage, la fotografia, Hemingway ( tanto che nella sua stanza c' era una sua foto e io da piccola pensavo che fosse il nonno ).
Sonia che faceva finta di essere la moglie di Bono Vox, mentre la sua migliore amica era quella di Larry Mullen.
Tra poco, Sonia, torno a trovarti. Promesso.
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Giro il premio a Snezana , perchè anche lei è un' artista. E brava anche. E poi oggi ho sbirciato "da lei" e ho visto che è in vena di premi e regali ...