mercoledì 18 aprile 2012

Insicurezze

Oggi, quando sono andata a prendere Francesco all' asilo, la maestra mi ha detto che era scoppiato a piangere dopo aver disegnato la seconda zampa della mucca Emilia. Era disperato perché non le era venuta bene. Così si è nascosto sotto il tavolo rifiutandosi di andare avanti.
Già questa mattina aveva pianto, a casa. Era preoccupato perché per oggi pomeriggio era organizzata la sua prima partita di pallone.
Inutile anche solo specificare che per noi tutto quello che gira intorno al calcio non ha nessuna importanza (in realtà non riesco a nascondere il mio disamore per il Milan, visto che lo considero uno strumento politico e, come tale, non riesco a sostenerlo sportivamente) e che se le zampe della mucca Emilia vengono disegnate male ci piacciono ancora di più.
Cioè, io mi ricordo ancora adesso quando mio padre mi sgridava perché non facevo bene l' alfabeto "bombato". E mi ricordo anche l' ansia sul trampolino, la domenica mattina, prima di tuffarmi per percorrere i 50 metri a rana, la mia specialità. 
In realtà, i miei genitori non mi hanno mai pressata per lo sport, anzi. Non hanno mai avuto sogni di gloria per me. Piuttosto, pretendevano molto a livello scolastico. Troppo. E forse questo mi procurava ansia anche quando nuotavo.
È che io sono estremamente insicura. E sono un' eterna "vittima". Mi sembra di non essere mai andata bene a loro, di non averli mai davvero resi orgogliosi di me. 
Mi rendo conto di risentire di tutto questo anche ora. Ho un continuo bisogno di conferme, mi giustifico sempre per le cose che faccio anche se so che non hanno bisogno di alcuna spiegazione, mi sembra di non piacere mai, di non essere adeguata, di arrivare sempre tardi o di non terminare dei percorsi. E questo è anche vero. Comincio bene e finisco male.
Nemmeno lo dico che non vorrei che tutto questo succedesse anche a Francesco. Se c' è una cosa che desidero per lui è che diventi un uomo sicuro - non presuntuoso - sicuro.
Tipo il Moschettiere.

Ieri ho ascoltato la storia di un padre - anzi, di un uomo - che ha avuto un' infanzia durissima. Si ritene fortunato - e lo è. Ho pensato a lui, la sera, e tutto quello che ho passato io mi è sembrata una cazzata. E forse lo è. Forse, perché io mi sento uno scricciolo. Come mi chiamava mio padre.
Beh, comunque oggi Francesco è stato messo in porta. Lo vedevo che aveva voglia di piangere, solo e fosforescente nella sua maglia arancione in quella porta enorme. E invece è stato lì e ha parato quello che è riuscito a parare.
È una cazzata, una partita di calcio. Forse. Perché lui è il MIO scricciolo. E io ho ancora i brividi, pensandolo con quella maglia numero uno che cozzava con il colore dei suoi capelli. E i calzettoni che gli tenevano la tuta, più grande di due taglie. 

Al posto suo, io sarei scappata. Non avrei retto l' emozione di stare sola davanti a tutti. Infatti io odio le sfide.

13 commenti:

Babuska ha detto...

I nostri figli sono il nostro specchio. Con le lore potenti antennine individuano anche le emozioni più nascoste. E se ne appropriano, con quella leggerezza - giustissima alla lore età - e quell'incapacità di giudicare se si tratta di cose buone o meno buone. Loro cercano di essere come noi, è fisiologico. Però, e lo dico anche a me stessa, basta stare loro vicini e lasciare che crescano. E che strada facendo eliminino tutti quegli orpelli che sentiranno inutili. Insieme alle insicurezze, stiamo dando loro anche gli strumenti per farlo. Per crescere. Per ribellarsi, pure a noi. Per liberarsi. Per essere davvero numeri uno. Che gli sbruffoni e i saputelli da piccoli, molto spesso non hanno futuro da grandi. (e poi, se vogliamo aprire la questione insicurezze delle donne, magari ci troveremo sotto un salice, un giorno...)

minerva ha detto...

I miei hanno preteso- e pretendono- scolasticamente davvero tanto.
Che poi mi piaccia anche studiare, è un'altra storia.
Ma capisco bene, perché la vivo ancora, quella sensazione di "deludere qualcuno" che forse non viene espressa a parole, ma a volte si capisce nonostante tutto.
Penso che le insicurezze faranno sempre parte di noi.... E il superarle fa crescere, oserei dire.
Ed il tuo bambino è stato migliore di tante persone, giocando nonostante la voglia di piangere.
Baci
Minerva

Anonimo ha detto...

pensa che dopo aver letto le tue parole quella foto ha dato un brivido anche a me ,sei brava tu a descrivere le sensazioni . Di essere sicuro ma non presuntuoso lo auguro anche a mio figlio,io non lo sono per niente e ho passato la vita a giustificarmi e cercare conferme soprattutto da parte dei miei.

Zia Atena ha detto...

Credo sia nella natura del genitore, dell'adulto pretendere.
Ogni tanto ancora mi risuonano le parole di mia mamma che mi diceva "Non ti laureerai mai"..ma non perchè lo credesse, solo per spronarmi
E purtroppo nessuno può togliere ai bimbi le paure e le insicurezze di bimbi.
E' il loro modo di crescere.

TE l'ho detto tantissime volte che credo tu sia una brava mamma..
Prova ad avere qualche certezza in più di te stessa...e son sicura che Francesco diventerò un uomo maturo e sicuro (oltre che bellissimo).

lucyinvacanzadaunavita ha detto...

bellissimo questo post. anche io odio le sfide e le competizioni. Avrei evitato di giocare tante volte, ma ho avuto la fortuna di incotrare un capo scout che mi spronava ad essere protagonista. Che non vuol dire imporsi, ma fare ciò che ha fatto il tuo bimbo: solo davanti agli altri a parare. E come lo capisco! Il mio si è scelto questo ruolo e quando vado a vederlo (ha compiuto 11 anni ieri) rimango stupefatta dalla sua stabile sicurezza che lo fa saltare e andare incontro agli avversari senza paura di nulla (io tremo sempre :)). Così come mi stupisce mia figlia che quando era all'asilo faceva fatica a dire due parole alla maestra da quanto era timida e ora ha come passione più grande la recitazione e il teatro. Crescono e ci insegnano tanto. Li vediamo faticare e vorremmo togliere loro ogni piccolo dolore, ma solo così diventeranno sempre più uomini (e donne) e saranno in grado di affrontare gli avversari difendendo la propria porta.
Un abbraccio e scusa il fiume di parole (ma, si sa, quando si parla di figli...)

Pellegrina ha detto...

Post molto toccante. Per prima cosa viene da chiedersi come mai Francesco gioca a calcio se lo rende così ansioso prima e durante, magari perché lo fa un suo amichetto? o è proprio una sua grande passione?
Poi che dire continuo a stupirmi perché nei tuoi post mi sembra di leggere i miei pensieri messi per iscritto. Anche a me non piacciono le sfide - con le persone, però, non con le cose, lì è diverso. E mi sembra sempre di dover giustificare ogni cosa anche senza motivo, (con l'aggravante, per me, di diventare rende pure logorroica con gran gioia di chi ascolta ;-) ).

Unknown ha detto...

Non c'entra il tuo amore o disamore per il calcio è che lui, ora, deve cominciare a confrontarsi con "il resto del mondo" senza poterti avere sempre accanto e questo, lo impaurisce. Ed è normale. Poi, mettici un po' di apprensione (First è la personificazione) e le lacrime sono semrpe lì pronte...

PaolaFrancy ha detto...

Lo so, è tutto normale. Forse è anche più normale di quel che sembra, visto che Francesco ha affrontato bene la cosa. E, sinceramente, gli ha dato la carica,. Stamattina era felice. È come se avesse capito che si deve provare e che non c' è nulla di male a non riuscire in una cosa.
Sono quelle lacrime trattenute dentro quella porta gigante che mi fanno paura. Per ora le lascerò lì.
Vabbè, sono confusa :P

Pellegrina, Francesco va a calcio perché gli piace un sacco. E il suo mister è eccezionale, non pressa i ragazzi, è molto attento alle loro esigenze e vuole solo che si divertano, come hanno fatto ieri. Questa era la prima partita e Francesco è andato in ansia. In più, quando è arrivato lì non si aspettava di avere il ruolo da portiere che è più difficile da affrontare....era solo, mentre i suoi compagni erano "nel mucchio". Io, ripeto, sarei scappata :P

pollywantsacracker ha detto...

Io sono stata una bambina insicura perché nessuno pretendeva niente. Ho sempre sfoggiato i dieci e gli ottimo sperando che qualcuno mi cagasse. Nessuno mi ha mai detto che ero carina o brava.
Io alle bimbe invece dico sempre quanto sei bella, quanto sei brava e mi riempie il cuore sapere che sono soddisfatte quando fanno il saggio di danza. Sono goffe e non vincono nulla, però ci vedono tutti lì, ad applaudire per loro. E' un po' come se stessi applaudendo alla bambina che sono stata.
E comunque, capisco bene Francesco. Lui va in campo solo, le mie figlie vanno ovunque in tre XD. Batti forte le mani anche da parte mia. Bacio.

Marta ha detto...

l'ansia è un meccanismo normale di "messa in allerta" della ns. psiche. è ovvio che si trovava in difficoltà, era una situazione nuova con cui deve famigliarizzare. il segnale positivio te l'ha dato dicendoti che si è divertito. nulla di ciò che ha fatto e sinonimo di insicurezza.
e in quanto a te: cosa avresti di sbagliato per non rendere i tuoi genitori orgogliosi di te? mi piacerebbe proprio saperlo!

carpina ha detto...

E' piccolo, e sta crescendo.
E' stato bravissimo ad accettare un ruolo così 'fuori del gruppo' e al centro dell'attenzione :)

Comunque capisco perfettamente la tua apprensione: quando Ivan ha pianto a scuola (un paio di mesi fa) ho passato una settimana di inferno, mettendo in discussione tutto, dal mio essere mamma, al nostro esserci trasferiti qui a Londra.. finchè la cosa non si è chiarita (aveva fatto una brutta figura buttando tutto per terra, e i bimbi avevano riso, ma anche lui aveva riso, quindi la maestra non aveva capito che lui in realtà rideva per non piangere. e poi ha pianto dopo..)

Crescono, e con loro, cresciamo anche noi...

un abbraccio!
pina

Pellegrina ha detto...

Forza Francesco! e anche mamma Paola :-)

diana ha detto...

anche io vedo i miei nani come scriccioli...e ricordo Morgana alla sua prima gara di nuoto e la sua ansia e la sua uscita perchè non ce la faceva...ed io avrei voluto piangere perchè la vedevo piccola e lei con ostinazione mi disse"mamma la prossima volta la finisco!"
ecco i miei figli mi hanno insegnato la forza e la volontà di non arrendersi!