Premessa: scrivo un post in risposta ai commenti di quello precedente ( che, avete ragione, mi è costato tanto ) non perchè abbia la presunzione di dover insegnare qualcosa, ma proprio perchè ritengo doveroso, ora che a distanza di due anni esatti dalla mia separazione ( 24 giugno 2008 ) ho fatto un vero e proprio outing, parlare a tutte quelle madri che hanno qualcosa che sta rosicchiando il loro cuore e che forse sono perse nella nebbia dei dubbi e delle paure, come sono stata io per mesi.
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In un vecchio post ormai datato 01 giugno 2008 scrivevo questo:
Il Dalai Lama ha detto: "Le decisioni sono un modo per definire se stessi. Sono il modo per dare vita e significato ai sogni. Sono il modo per farci diventare ciò che vogliamo".
Ecco il punto. Credo sia più che ovvio che chiunque nella vita desideri azzeccare al primo colpo la scelta dell' uomo/della donna della propria vita. Questo è umano e lo ritengo quindi indiscutibile. Nel senso che ci sono persone che non intendono "fermarsi", assestarsi e decidono liberamente di non impegnarsi in una relazione duratura. Ma chi sceglie di farlo, credo proprio desìderi che sia per tutta la vita.
Così desideravo io, mentre mi sposavo su una spiaggia delle Seychelles con un abito vintage di mia madre. E altrettando mentre rinnovavo la promessa il giorno del battesimo di mio figlio di cinque mesi. Non scherzavo. Non era un gioco.
Ad un anno dal "secondo matrimonio" il vortice. Il vortice del non sapere cosa stesse succedendo. Quella era la vita che io avevo tanto desiderato e per cui avevo lottato. Il vortice è durato mesi. In cui non avevo il coraggio di parlare con nessuno. Cazzo, dovevo capire IO. E quando provavo ad accennare la cosa a Lui dicendo: "Sai, sono notti che non dormo", non avevo alcun riscontro. Non aveva capito. E non lo biasimo per questo.
Una volta compreso cosa mi stesse succedendo, ne ho parlato apertamente. Ho parlato di come le cose cambiano, di come ci si aspetta che una persona cresca - e cresca in un certo modo - ma non lo fa. Di come l' arrivo di un figlio spezza degli equilibri e apre mille porte che vorresti tenere chiuse, per vivere la tua vita, non quella di una famiglia.
Ma ho sbagliato. Non mi sono fatta capire, ascoltare. Un' altra volta. E forse non volevo nemmeno essere capita. O meglio, lo volevo solo per mio figlio. Per lui desideravo piangendo contro la colonna del salotto che le cose fossero diverse. Desideravo svegliarmi e vivere la vita che avevo immaginato. Solo noi, senza nessun altro. Solo noi, come eravamo quando andavamo in Amazzonia con lo zaino in spalla. Solo con più testa.
Ecco, la testa.
E invece, più i giorni, le settimane, i mesi passavano, più la cosa degenerava e gli errori aumentavano.
E poi tutto è andato di corsa. A volte mi sembrava di essere su un treno che FORSE mi avrebbe portato alla felicità a cui tanto ingenuamente ambivo, a volte ero felice di correre, per non dover riconoscere che quel grosso punto interrogativo giallo fosforescente era ancora sulla mia testa.
Come quando rimani incinta e il ginecologo ti dice: "Signora, ogni gravidanza è a sé", altrettanto mi disse l' avvocato: "Signora, ogni caso è un caso a sé".
"Ah. "
" Ma questo non è un caso, è la mia vita. E' la vita di mio figlio. E non solo la nostra."
E così il mio grosso punto interrogativo raddoppiò. E divenne grande, grande. Enorme. Mi voleva mangiare. Il "non sapere cosa sarebbe stato di me" mi voleva mangiare.
Ma andai avanti. Avanti, avanti. E per un po' mi mangiò. Mi assaggiò. Poi smise.
E ogni tanto mi assaggia ancora, perchè nella mia vita ci sono ancora tanti punti interrogativi. Come nella vita di tutti, credo.
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Certo, avremmo potuto scegliere diversamente ( perchè anche Lui ha scelto ). Ed andare avanti rimettendo la questione nell' angolino delle cose latenti, che si sa che ci sono e che se ne stanno lì zitte zitte. Avremmo potuto far finta di niente per giorni, mesi, magari anni.
Invece non l' abbiamo fatto. Lui non so ancora perchè. Io non l' ho fatto perchè sapevo che in gioco c' era TUTTA la mia vita. Non un mese, un anno. C ' era la mia vita, insieme a quella di mio figlio. Non dovevo farmi passare una crisi. No. Era la mia vita in gioco. Perchè quella non era la vita che volevo. E che avevo desiderato.
Ci sono persone che riescono a tenere il piede in due scarpe. Ce ne sono altre che riescono ad accettare di vivere una vita diversa da quella che avevano immaginato. Ad andare avanti giorno dopo giorno sperando che le cose possano cambiare, senza far nulla perchè questo avvenga. Si affidano al caso, a Dio, non lo so. Sono forti. Perchè per non lottare per se stessi ci vuole forza.
Io mi sono affidata a me stessa. Una volta tirata la riga finale, mi è sembrata la cosa più sensata da fare. O forse la più codarda. No, codarda no.
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Due anni fa esatti io e Lui eravamo in tribunale a separarci. Quando siamo usciti, siamo andati insieme a bere qualcosa e a comprare dei vestiti per Francesco. Tutto sembrava tranquillo.
Invece era solo un limbo. Era il sabato del villaggio.
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Oggi siamo d' accordo su una cosa: che Francesco è un bambino sereno ( e questo è stato appurato anche da specialisti ). Certo, non possiamo escludere che abbia dei problemi in futuro dovuti alla separazione. Anzi, quasi sicuramente li avrà. Ma ci stiamo preparando, stiamo "studiando" per fare in modo che questo non avvenga. O per poter affrontare nel modo migliore questa cosa, se dovesse succedere.
Io combatto ogni giorno. Per avere la forza di salutare mio figlio due o tre venerdì sera al mese. Per non pensare che non sta dormendo nella stanza vicina alla mia. Per cercare di infondergli più forza rispetto agli altri bambini. Per farlo sentire amato.
Ho trovato l' uomo della mia vita. Ho dato significato ai miei sogni. Sto diventando la donna che volevo essere.
E questo, insieme all' aiuto di alcune persone, mi sta aiutando a chiudere questo cavolo di cerchio che contiene il mio IO.