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mercoledì 21 gennaio 2015

Racconti al ritorno da una città rosa, un deserto che parla di storia, un crocevia di civiltà perdute, un mare che si chiama rosso e invece è blu

Mi ha fatto capire che mio figlio sarà un grande viaggiatore. 

Un viaggio in cui questo piccolo grande uomo che ha stretto le mani e sorriso e giocato con il popolo giordano, affrontando lunghe camminate e panorami infiniti ai confini tra Libano, Palestina, Siria, Egitto, Iraq e Arabia Saudita.
Non è stato un viaggio facile ma gli/ci ha insegnato tanto, tantissimo. 
Gerusalemme ci ha tolto il respiro, da lontano, guardandola dal monte degli ulivi. E tra le sue vie, così colme di storia, cultura, vita.
Amman ci ha accolti con la mano sul cuore e ci siamo innamorati della sua gente, di tutta la gente giordana.
Jerash, favolosa città romana, dai colonnati ancora in piedi, a dirci che noi siamo piccoli. 
Petra, che tante volte abbiamo visto sui libri, ci ha illuminati di rosa e trascinati fino in cima ad un monastero unico al mondo, scavato nella montagna in tutta la sua grandiosità.
I castelli dei templari, solide roccaforti in cui perdersi immaginando battaglie. E quello di Erode, in cui Salomé ha danzato in cambio della testa di Giovanni Battista. 
E Aqaba, Aqaba città di Aladino, coperta di antichi gioielli e manufatti delle pietre del deserto, accesa dal suo mare ricco di pesci colorati e dalla Plumerie in fiore. 

E ancora, il deserto. Quello di Lawrence d'Arabia, inaspettatamente rosso, in cui siamo stati con i beduini nelle loro tende e tra i loro fuochi invernali, ad osservare le impronte dei piccoli abitanti della sabbia e un tramonto che mai ci dimenticheremo. 

I confini di questo piccolo paese circondato da storia e guerre ci hanno insegnato che esistono angoli di pace. E ci siamo augurati spesso, viaggiando da nord a sud tra i luoghi che abbiamo letto nei libri di storia e nella Bibbia, che rimanga sempre così, in pace e con la mano sul cuore. 













martedì 23 dicembre 2014

Un bambino che crede ancora in Babbo Natale (Tra le sue rose, che hanno un po' di freddo)


Negli ultimi giorni ci sono state mattine ghiacciate. E il giardino era ancora più bello. 
Nonostante sia la fine di dicembre, sono riuscita a trovare tanti piccoli tesori, cosa che gli anni scorsi non era stata possibile, per via della neve (che è comunque prevista tra pochi giorni).
Dalle colline vediamo mari di nebbia e rive verdi, costellate di canneti gialli.
Flora guarda dalla finestra, mentre Turbo ancora cerca qualcosa scavando nella terra dura e Tosca si sdraia sull'erba come se fosse estate.

Rosa "Astronomia", con stami rosa, una di quelle personali di Francesco

Sembra che Francesco creda ancora in Babbo Natale ma non ho capito se lo fa per convenienza o se si tratta di fede pura. Ha finalmente scritto la sua lettera, che al momento è accomodata sotto uno dei miei vasi preferiti, con fiori secchi di ortensia.
Ne ho riempiti altri con rametti di agrifoglio e pyracantha e la tavola è bellissima in questi giorni.

I pacchetti sono pronti da giorni, i miei libri di giardinaggio sono catalogati, le piante riposano, Francesco suona il pianoforte. 
Oggi pomeriggio lo accompagno a Milano e, inutile dirlo, mi manca già. Ha quelle mani così grandi e rotonde che non riesco a resistere alla sua tenerezza.
 

mercoledì 5 novembre 2014

Rotonda come una mela (del nostro frutteto)

Anno dopo anno il frutteto ci regala soddisfazioni. Dopo il caldo, dopo quelle giornate in cui riesco a cercare solo ombra e continuo a rimandare i lavori da fare in giardino, arrivano le ore fresche dell'autunno. Da ormai due mesi abbiamo mele sui nostri alberi, a rotazione. Dal frutteto arrivano dritte dritte sulla nostra tavola e a me, sinceramente, riempiono gli occhi. 
Le mele sono uno di quei frutti che possono resistere per molto tempo, prima di essere mangiate. E poi arredano, completano, non so come spiegarlo, forse con: attotondano? :)

Nel nostro giardino ora ci sono mostri di mela e mangiatoie volanti, al servizio degli uccellini che sono là fuori. 
Tutto è tinto di rosso, la nebbia entra nelle anse delle colline, gli Acanthus si sono ambientati e Francesco torna a casa da scuola con la voglia di raccogliere frutti sugli alberi.




Turbo ha finalmente catturato qualcosa. Anzi, ha catturato l'animale più temibile del giardino, un lungo serpente che era in letargo e che era troppo intontito per difendersi dal nostro impavido cacciatore.

Gli stivali di gomma sono ormai i miei migliori alleati. Calpestano felici i pavimenti di foglie che si sono formati nel bosco, la terra delle nuove bordure, l'erba folta e robusta del giardino "vecchio".
Sta nascendo una siepe di rose. E io vorrei essere rotonda come una delle nostre mele, vorrei avere il potere di arrotondare le cose, renderle meno spigolose.
Sembrerò pazza, ma stavo pensando proprio a questo stamattina, mentre mi fermavo a guardare il panorama meraviglioso delle nostre colline.

mercoledì 6 agosto 2014

All'ombra

La campagna vendite è finita e grandi progetti sono pronti per il nostro giardino.
Pensavo di buttarmi a capofitto nei lavori e invece mi sto riposando un po'. E chi lo avrebbe mai detto: anche io so stare ferma.

I temporali che arrivano la sera mi fanno felice. Se non fosse per la violenza dei tuoni sopra la nostra testa, ne sarei addirittura entusiasta.
Dicono, però, che ci saranno giorni di bel tempo e questo per me significa del lavoro in più nelle nuove bordure che hanno bisogno di essere innaffiate. Pazienza, quello che decide la natura non si può contrastare.

Forse sto diventando troppo zen. O forse non lo si è mai troppo.
In effetti, però, in questi giorni sono molto meno rigida anche con Francesco, che ai miei "sì" risponde con espressioni meravigliate e un po' diffidenti.
A volte anche io, dopo avergli accordato qualcosa, giro l'angolo e sorrido sentendomi molto buona :)
E' vacanza anche per lui.
E sta crescendo, lo sta facendo con coraggio misto ad impegno e io non posso non considerare le sue piccole grandi esigenze.

Oggi abbiamo giocato a monopoli, all'ombra degli alberi. Turbo ci disturbava un po', in effetti, ma siamo stati lì per ore, su un asciugamano steso sull'erba tagliata la sera prima.
Intorno c'era solo il nostro verde. 
E le nostre rose.



p.s. A proposito di verde, qui e qui ci sono piccoli consigli per voi. Mi piacerebbe sapere se li avete seguiti. Davvero.

lunedì 7 luglio 2014

Francesco compie 8 anni

Oggi Francesco compie 8 anni.

Prima di nascere, verso le cinque del pomeriggio, aveva le lettere che sua madre gli aveva scritto a partire dal giorno in cui aveva fatto il test di gravidanza e aveva sentito un fiume in piena travolgerla. Quel giorno d'inverno in cui di solito ricordava la morte di suo padre. 
Prima di nascere, Francesco aveva i sogni che pulsavano nel cuore di sua madre e sentiva la vita, ne sono certa, e i viaggi in cui se l'era portato dietro, protetto dalla pancia. 
Prima di nascere, Francesco aveva capito che sua madre non sopportava le persone lente e pigre e quindi, rispettando le tradizioni di famiglia, non aveva perso un attimo. 
Prima di nascere Francesco aveva molti progetti e immagini confuse di come sarebbe stato affrontare la vita e amarla, spremerla, non sprecare un attimo, come sua madre gli aveva scritto in quelle lettere appese al soffito di legno della sua camera. 

Poi è nato, ha preso la vita e, con i suoi modi da gentiluomo, l'ha afferrata e ci ha insegnato che si può correre forte per poi fermarsi a leggere un libro nuovo, lanciare un supereroe dal muretto e poi raccogliere un fiore per la nonna, sognare di diventare un calciatore e poi aspettare di avere 8 anni per indossare i primi tacchetti da calcio, quelli desiderati da tanto, tantissimo tempo.

Grazie, Francesco. 

P.s. Oggi non ho parlato di fiori ma sapete che sono sempre nella mia vita. Qui e qui trovate quche consiglio per quest'estate. Per godervela circondati dal profumo, dalla luce e dal colore. 

lunedì 30 giugno 2014

Di solito

È stata una primavera molto istanbuliana. Siamo andati e tornati passando dalle meravigliose esplosioni dei tulipani alla fioritura delle rose che, onestamente, non riusciva ad eguagliare quella dei fiori che le hanno precedute. Forse perché i tulipani sono il simbolo della città e a casa loro sono più fieri che da altre parti, forse perché le rose sono più discrete ed è difficile per loro farsi spazio in una città così sfacciata. 


Siamo passati anche per il mare, alla fine di questa primavera. Per una settimana, gli abbiamo dato il privilegio di farci riposare e di prenderci una pausa dal tanto lavoro che abbiamo a casa tra giardino e animali.

Ora è iniziata la campagna vendite e per me inizia un periodo intenso, tra campagna e città, come tutti gli anni. 
Mi riesce sempre più difficile staccarmi da casa e dal giardino. 
Ho voglia di coccolare con i miei uomini. Ma anche di fare quello che di solito non faccio: prendermi delle pause.
Quando sono a casa non mi fermo mai. Prima di iniziare a seguire il ritmo incalzante delle giornate mi concedo solo una passeggiata senza troppa fretta che ha lo scopo di osservare le mie piante e capire se stanno bene. 
E ora che non posso prendermi nessuna pausa, mi manca anche quello spazio che non mi concedo di solito, la goduria di stare seduta senza fare niente per una mezz'ora, almeno, e prendermela con calma.
Si sa, però, che nella vita la cosa più complicata è far incontrare desideri e tempo.

Questa mattina ho chiamato a casa dalla stazione. Volevo salutare i miei uomini. Francesco parte per la montagna e mi ha liquidato come sempre in pochi secondi assicurandomi che si sarebbe coperto, che sarebbe stato attento e che mi avrebbe pensato almeno un pochino.

L'estate è così, insegna anche a lasciar andare. E ad avere pazienza. 

venerdì 23 maggio 2014

Tornando, pensando.

Lo so, scrivo sempre quando è in arrivo o in corso un temporale. E' che quando c'è il temporale, tranne qualche eccezione, non posso fare altro. 
E poi mi rilassa, insomma.

Sono appena tornata da Istanbul e ho trovato il giardino in mia attesa. Anche là le rose trionfavano, ma Istanbul è la città dei tulipani e non c'è paragone.
Mentre tornavo, pensavo alle tante volte in cui ci sono andata e ai tanti angoli che ancora mi sfuggono, mentre altri ormai mi accolgono come se abitassi lì sempre.
Pensavo anche che io a Istanbul vivrei, andrei a viverci domani, appena fuori, o in uno dei quartieri più verdi, dove potrei far crescere la Passiflora senza metterla in casa. Francesco ama Istanbul. Potremmo passare le domeniche mattina a Bebek, uno dei mie quartieri preferiti, a guardare le petroliere andare verso il Mar Nero. Tipo Pamuk. (Che noia Pamuk, comunque).
Pensavo, osservando le persone sull'aereo, esattamente come faccio in metropolitana a Milano, che è difficile viaggiare per lavoro, sempre. Tornare negli stessi posti senza conoscerli, prendere taxi e chiudersi in riunioni fiume. 
E poi pensavo che a casa c'era il mio bambino, abbracciato alla sua nonna che ormai è un po' vecchina e si stanca subito. Che lei mi aiuta sempre, borbottando, ma mi aiuta. 
Pensavo che avevo comprato delle belle scarpe, sì, ero soddisfatta. E mentre questi pensieri scorrevano nella mia testa, un bagliore: il mio trolley...ecco, il mio trolley dove diamine era?

Per la cronaca, il mio trolley era rimasto al duty free dell'aeroporto, da cui ero corsa verso il gate carica di giubbino e altre borse, saltellando sulle mie scarpe nuove, che erano -sono- esattamente del colore che volevo.
E mentre scrivevo questo post, ricevevo una telefonata dall'ufficio Lost and Found dell'aeroporto di Istanbul, che mi comunicava che avevano ritrovato il mio trolley e quindi anche la borsa, le due paia di scarpe e i vestiti che c'erano dentro.
E anche la maglietta del Galatasaray con la scritta "10 Sneijder" che voleva Francesco.

Il Moschettiere dice che ne era certo che l'avrebbero ritrovata. Io ero senza speranze, ovviamente. Che posso farci, mi ero già consolata con le scarpe nuove. E Francesco, dal canto suo, si era già rassegnato al fatto di avere una madre così, che corre come una ragazzina verso il gate, con le scarpe del colore perfetto.


p.s. Leggetemi anche qui e qui!

venerdì 9 maggio 2014

Riempire vasi di rose, sedersi a guardare il temporale

L'altra sera c'era il temporale. E io ero felice, non ho dovuto annaffiare le nuove bordure. E poi l'aria era magica, è arrivato nel momento in cui avevamo finito di lavorare fuori e quei pochi minuti di tregua fresca e profumata di inizio estate ci stava proprio.
Tosca aveva paura, Twenty galoppava. Lui era felice, ne sono sicura. Sentiva il fresco, come noi.

Le rose sono magnifiche in questo momento. Sono tante, non si contano. Ogni giorno posso riempire un vaso e mischiare i colori, come piace fare a me. Il rosso, per esempio, non va mai insieme al giallo: troppo caldi e carichi insieme. Allora tra loro metto sempre il rosa, che li ingentilisce. 

Ho il viso stanco in questi giorni, mi vedo le rughe intorno agli occhi. Non mi dispiace, quello che mi preoccupa è questo passare veloce del tempo, i fiori che arrivano e se ne vanno, il prato che ricresce un secondo dopo essere stato tagliato, Francesco che è diventato un piccolo grande uomo, gli agnellini che ormai sono grandi. 
Il temporale che arriva e se ne va e non mi lascia nemmeno abituare all'idea del fresco. 
Però le cose intorno prendono forma, gli amici tornano a trovarci, la griglia è in piena forma, noi ci vogliamo bene. E le rose sono bellissime, mentre ci guardano.

P.s. Il giardino non è solo sinonimo di lavoro: è festa, ricompensa, unione, colore. E per chi non sa da che parte cominciare, io continuo a dare piccoli piccolissimi consigli qui e qui
A presto. 


giovedì 10 aprile 2014

Quattro foto

E' l'alba e, come spesso succede in questo periodo, sono sul divano della veranda a ritagliarmi uno spazio prima che Francesco si svegli per andare a scuola. Quando il sole spunta dalla collina di fronte è già troppo tardi, il giardino chiama e il tempo mi divora. 
Spesso mi siedo a guardare il bosco fitto di ciliegi selvatici e noccioli, essenze di questa terra, da quella parte del nostro giardino che adesso è ben visibile nella mia testa come mix di piante di Ribes ornamentale, Aster, Vinca e Primula ma che agli occhi degli altri è solo una terra scura che ha contenuto un bosco. 
Le rose traboccano di boccioli. Se ne contano centinaia e tra poco si schiuderanno al sole. 
I tulipani stanno dominando il giardino e sono imbarazzanti da quanto sono belli.

Francesco si è appassionato alla musica. Gli abbiamo regalato un vecchio ipod del Moschettiere e adesso non lo abbandona mai, tranne che per andare a scuola, ovviamente.
Lo sento cantare dalla veranda, mentre sono in cucina a preparare la cena. E vado a spiare tutta la tenerezza delle sue parole e dei silenzi che seguono il ritmo della musica che c'è nelle sue orecchie.
Due giorni fa è andato in gita per la prima volta. Aveva lo zainetto che abbiamo preparato insieme: sacchetto del pranzo, acqua, macchina fotografica, fazzoletti, visiera. E' tornato con quattro foto (di cui tre del suo amico e una di fiori), i capelli ancora più biondi, la tristezza di una giornata finita troppo in fretta.

A casa è ormai il responsabile del pollaio, che detta così sembra una cosa brutta. Invece è un compito tutto suo, che si è scelto e che svolge ogni giorno, senza mai dimenticarsene. E poi coccola il suo cavallo, che lo annusa con quel naso grande. E ridono insieme.

Lui ha dentro la campagna, glielo dico sempre. Ha dentro quello che i libri di scuola non dicono, quelle albe che disegnano il profilo della collina e le foglie dei tigli che lui ha tanto voluto.




giovedì 27 marzo 2014

I perché

Da sempre, sono un mix di rigidità e creatività. 
Ci sono cose (non poche) su cui sono categorica. Accetto il confronto ma non mi ammorbidisco.
Non sopporto le persone invadenti, ancora più di quelle maleducate (che poi una persona invadente si può definire maleducata, a mio parere), considero il rispetto la cosa più importante in ogni rapporto, sono capace di spaccare il capello in quattro e non dormire per molte notti se una cosa rimane in sospeso e non ho la possibilità di chiarirla, la volgarità mi irrita, in un giardino come addosso ad una persona.
Sento male fisicamente se mi fanno un torto e, piangendo sul cuscino, prima di addormentarmi, penso sempre a mio padre, qualsiasi cosa mi succeda, e immagino persone, luoghi, case, mezzi pubblici, mi chiedo quali siano le loro preoccupazioni, dove risieda la loro tristezza, sempre che tristi siano. Ho questa tendenza, sì, ad immaginare e ad immedesimarmi nei pensieri degli altri e mi vengono i crampi allo stomaco, forse per dire a me stessa che non sono l'unica ad avere pensieri tristi. O forse sì, in fondo spesso la gente si fa i fatti suoi e lascia scivolare le cose.
Mi fa male quando la cattiveria è gratuita, quando non ho la possibilità di spiegarmi e le conclusioni vengono tratte senza ascoltare la mia voce. Mi succedeva molto spesso da piccola: i miei genitori erano la legge e io stavo lì, con le mie parole dette tra le lacrime sul cuscino.
Erano tempi ben diversi, certo, ma con Francesco cerco di non ripetere questi errori che, con tutto il bene che mi hanno voluto i miei genitori, hanno creato un mostro completamente senza autostima, sempre convinto di non essere all'altezza o di non poter esprimere tutto quello che pensa. 
Non è facile, lo ammetto. Francesco ha solo sette anni e quando è arrabbiato per qualcosa che non ottiene non ascolta a fondo i perché, sentendo solo i "ma perché questa ingiustizia?" della sua coscienza.
In quei momenti nella mia, di coscienza, ci sono io bambina. C'è la mia cameretta, c'è il mio cuscino, ci sono i grandi perché della vita. E me li ritrovo tutti, mi arrivano in faccia diretti e duri come sassi, la sera, in una stanza vicina a quella del mio bambino, dove mi chiedo se ho fatto bene, se dovrei andare a svegliarlo per cercare di spiegargli ancora il perché di una punizione. 
Spesso il mattino dopo lui l'ha accettata e mi sorride sereno. Io lo riguardo, con tutte quelle lacrime che sono finite nello stomaco perché le ho ingoiate, e sorrido.
Mai vorrei che mi rinfacciasse di non avergli lasciato lo spazio per parlare, di non aver dato peso ai suoi perché. Tutto, ma non questo. Ho sofferto troppo per non aver avuto lo spazio che avrei voluto, per non aver detto tutto, per aver lasciato parlare i silenzi, per essermi sentita inutile perché non potevo dire tutto fino in fondo.
I figli non sanno cosa c'è dietro ad un genitore e per loro, forse, non è mai stato bambino. Invece bambini siamo stati e io lo sono ancora un po' adesso. E penso che sia questa la chiave di tutto: il non dimenticare che ognuno, anche un bambino di pochi anni ha delle priorità, dei desideri, dei sentimenti inespressi, dei perché. Che sono solo suoi e vanno ascoltati.

p.s. Detto tutto questo, non ci sono solo i pensieri tristi di una mamma piena di perché. Ci sono anche cose belle, come un armadio di primavera e una caraffa con i rami di un pesco che sono fioriti (anche) in casa.

giovedì 27 febbraio 2014

Le cose importanti

"Da cosa vuoi vestirti per carnevale, Francesco?" "Da niente"
Ecco, bravo. 
Sai, però, quando io ero piccola il carnevale si aspettava con trepidazione. Tutti gli anni speravo di potermi vestire da principessa come quella mia compagna di classe che arrivava in piazza con abiti lunghi e vaporosi, sempre rosa, pieni di pizzi. 
Invece, quando sbirciavo cosa stava cucendo mia mamma alla macchina da cucire, trovavo sempre le frange di un vestito da indiana d'America o il grembiule a fiori di una contadinella. Questo perché tutto doveva combinarsi perfettamente con la parrucca a trecce nere che si tirava fuori per carnevale. 
E prima di andare in piazza a tirare coriandoli, la foto di rito. Io, sui gradini del giardino di casa con il viso paffuto contornato dalle trecce finte e, in mano, un cestino.

Mia mamma, ogni anno, si lamentava perché certi delinquenti le imbrattavano la pelliccia con la schiuma da barba. E io, nonostante tutto, nonostante il mio vestito fatto in casa senza pizzi e merletti, tornavo a casa felice. 
I coriandoli rimanevano in giro per casa per settimane. E quando mia madre pensava di averli eliminati tutti, ecco che ne spuntava un altro, uscito da non si sa dove.

E' strano, ripensandoci, come le cose importanti cambino da persona a persona, da età a età.
Il vestito da principessa ora ha lasciato il posto ad un lavoro gratificante, alla lettura di un buon libro in tutta tranquillità, ad un po' di benessere economico, alle cose che girano bene quotidianamente tra incastri e corse, all'amore ricambiato. Questi sono i desideri di una donna. Niente più vestito da principessa. Troppo futile, non c'è spazio tra gli altri pensieri, ben più importanti.
E invece io, in questo momento, sono così stanca che mi vorrei sedere sui gradini del giardino di mia madre, tra i vasi dove le begonie trionferanno tutta l'estate, e fare una foto con il viso paffuto, la parrucca e il cestino.
Vorrei che i pensieri futili e stupidi e per niente importanti trionfassero su tutto.


A proposito di carnevale e altre cose belle, leggete qui e qui. (E pensate a cose leggere, dai).

sabato 25 gennaio 2014

Di questi giorni

Sono in piena campagna vendite. E questa non è una novità per me una quindicina d'anni. La novità è invece che Francesco cresce e come tutti quelli che crescono e, grazie a Dio, allargano i loro orizzonti, ha voglia di fare. E fare. E ancora fare. E quindi ora il puzzle degli incastri è decisamente diventato uno di quelli difficili, tipo da 5000 pezzi (piccoli), tipo quelli che ci metti mesi a finirli e ti vanno gli occhi insieme.
In fondo, quando era nella pancia, ho pregato che non fosse pigro perché io non riesco proprio a stare dietro alle persone pigre. Non sono proprio portata. 
Ecco, lui non lo è. E tra calcio, tamburello, nuoto e pianoforte i suoi pomeriggi sono decisamente impegnati (e felici, come dice lui). 
In queste settimane di campagna vendite tutta l'organizzazione è gestita telefonicamente e via whatsapp (gli allenatori di Francesco sono social, sempre grazie a Dio) e io mi barcameno tra un messaggio e un'emoticon nella speranza di non lasciare indietro troppe risposte.

Mia madre, nel frattempo, mi sostituisce nella gestione quotidiana di pranzi, cene, scuola-bus e compiti e, anche se si è completamente dimenticata di far esercitare Francesco al pianoforte, anche se pensava che la poesia che recitava Francesco lunedì sera fosse un vezzo e non da dire il giorno seguente alla maestra, anche se lei e suo nipote organizzano partitoni di scopa d'assi ogni  pomeriggio, beh, non posso lamentarmi. 

I giorni liberi torneranno e così tornerà anche la primavera e con lei i suoi fiori, di cui scriveremo a più o non posso.
Per ora vi regalo un pensiero per assaggiare la fine dell'inverno in modo diverso, un po' guardando il cielo e i rami con il naso all'insù e un po' scoprendo che la natura ha sempre qualche chicca da regalare, anche solo per apparecchiare una tavola (e circondarsi di persone amiche).

venerdì 17 gennaio 2014

Racconti al ritorno da una foresta, un canyon, un deserto e un oceano{Francesco e l'America, la loro prima volta}

Non ho esitato un attimo quando ho pensato di cogliere al volo un'occasione e partire per gli Stati Uniti in tre.
E Francesco, senza nessun problema, si è caricato sulle spalle 12 ore di volo e 9 di fuso orario, 5000 kilometri e 10 hotel diversi in 10 giorni. 
Ha solo spalancato gli occhi vedendo aquile, cervi e leoni marini. Foreste infinite, canyon colorati e deserti di Cactus trionfanti. E noi con lui, senza riserve, abbandonandoci alla natura maestosa e imponente, grandiosa in tutta la sua bellezza. 
Un'esperienza magica, che io non dimenticherò mai. 
California, Nevada, Utah, Arizona, Messico e ancora California. La nostra grande madre, la Natura, ha saputo stupirci ancora. E la ringrazio, la ringrazierò sempre per avermi donato anche questo. Per averlo donato a mio figlio e ai suoi occhi innocenti e curiosi che meritano di continuare a vedere, sognare, scoprire. 
Senza fine.









lunedì 30 dicembre 2013

Io ho.

Mai come in questo anno mi sono sentita infinitamente felice di non avere piú vicino alcune persone. A prescindere dal male che possono avermi fatto, sono contenta di aver capito certi passaggi, di avere imparato ad andare oltre le semplici apparenze.
Forse, se qualche anno (o mese fa) fossi stata la Paola che sono ora non avrei risparmiato delle parole seduta in quel bar con di fronte una ragazzina che mi stava mancando di rispetto. E magari non avrei nemmeno risposto a quell'email gentile ed educata in cui qualcuno sputava sentenze su qualcosa di infondato. Ed è ancora piú probabile che non avrei mai e poi mai appagato la curiosità di qualche povero pirla parlando di quello che mi stava succedendo dentro.
Vabbè, ormai è fatta. Ormai io sono io. E questo anno in cui ho preso il coraggio di mantenere le distanze non tanto dalle persone (adesso scelgo chi mi sta vicino) ma dai pensieri, è andato.
Mi luccica un dito ma anche il cuore, ho un bambino che suona il pianoforte, l'oceano nell'anima e nei progetti futuri. 

martedì 3 dicembre 2013

I sogni, secondo noi


Nella nostra casa ci sono molti oggetti: foto, gingilli, libri, lampade, scatole, un mappamondo, rubinetti turchi, un cucù, piante (che vivono e quindi non dovrei definirle oggetti).
Ogni anno, in questo periodo, si aggiunge il calendario dell'avvento, che di solito diventa qualcosa che si integra perfettamente con quello che già c'è in casa. Quello di quest'anno è stato appeso in cucina, tra la fila di lampadari che abbiamo sopra al tavolo. Dentro ogni sacchetto ho messo una caramella e un biglietto con un suggerimento per Francesco.

"Non avere confini, il mondo sarà la tua casa"
"Apriti agli altri con amore, alcuni ti tradiranno, altri di daranno tanto"
"Non giudicare nessuno, fai parlare le persone e cerca di capirle"
"Sii amico di tutti"
"Da tutti c'è da imparare, anche dai bambini"

E così via.
Non so quale peso avranno per lui queste parole, ora. So che le conserverò e gliele ricorderò di tanto in tanto, per essere sicura che si ricordi di essere umile e aperto ad imparare, scoprire, provare, andare oltre.
Tra la frasi, le mie preferite sono quelle che lo spronano a non mollare mai, ad andare dritto per la sua strada senza aver paura. E quelle in cui gli parlo dei sogni, dell'importanza che hanno nella sua vita, insieme alla magia. 
Una volta mi ha chiesto se esiste, la magia.
E io gli ho risposto con un biglietto appeso tra i lampadari della cucina. E' quello del 24 Dicembre.



Secondo Francesco i sogni sono importanti, bisogna cercare di ricordarseli ogni mattina e, se possibile, continuare a sognarli anche di giorno. "Fai bene", dico io. 
Per diventare sospettosi e cinici c'è tanto tempo. Per diventare persone tristi, ce n'è ancora di più. 

P.s. Anche questo mese vi segnalo quello che abbiamo creato io e Francesco nei giorni scorsi. Date un'occhiata qui, qui e qui. A presto. 

lunedì 11 novembre 2013

Occhi che ridono

Oggi c'è vento ma non si vede nemmeno una nuvola. È uno di quei giorni in cui si sente quasi il profumo dell'aria pulita.

Sabato pomeriggio è arrivato Turbo, un pointer magrissimo e sofferente che abbiamo preso nella pensione in cui era finito dopo che il suo padrone -cacciatore- lo aveva maltrattato.
Si vedono tutte le ossa e non riesce a sedersi, ma è bravissimo, soprattutto a fare l'ombra del Moschettiere e il cane da riporto con i bambini.
Tosca ha un po' paura di Turbo e non si capisce perché. 

Francesco è felice. 
È felice, gli ridono gli occhi. 
Dai, cosa c'è di più bello di un bambino a cui ridono gli occhi?

In questi giorni sto raccogliendo le foglie cadute per metterle nei sacchi e farne concime. 
È un lavoro rilassante, a parte quando le galline si mettono in mezzo e bisogna cacciarle correndo. 
Con Francesco e i suoi amici aspetto che il sacco sia pieno di foglie per sedermici sopra e vedere se scoppia. 
In effetti, la maggior parte delle volte succede e si deve rifare il lavoro.
A noi, però, non interessa, almeno ci siamo fatti una risata.

P.s. Che poi noi siamo bravi a farci delle risate (e ad inventare cose, queste cose)



lunedì 14 ottobre 2013

Delfini

Erano quasi le sei di sera, quasi il tramonto. E noi fluttuavamo in canoa su un piccolo affluente del Rio delle Amazzoni, verso la nostra capanna. Avevamo trovato quel posto telefonando ad un tipo scovato sulla nostra adorata Lonely Planet Brasile. 
Era stato un viaggio lungo da Manaus. Avevamo gli occhi pieni di tutto e i cuori un po' spaventati dai piranha e dai caimani, dai racconti sulle anaconde e dai colori di quell'acqua che chissà cos'altro nasconde.

Erano quasi le sei di sera, dicevo, e abbiamo visto dei delfini. Rosa. 
Io per anni l'ho dimenticato. Poi stasera ne ho sentito parlare e, un flash: quel tardo pomeriggio, noi con le guance rosse, le zanzare che riempivano l'aria, la voglia di rimanere lì, in quella cornice di mondo che non era più mondo ma paradiso, i delfini di fiume che accarezzavano l'acqua e sfioravano la canoa.

I delfini hanno segnato un po' la mia vita, la nostra vita. 
E Francesco è un po' un delfino: a volte giocherellone, a volte silenzioso e riservato. A volte maldestro, mai fermo, a volte sinuoso e delicato. E' un delfino perché ha una testolina che lavora sempre e avverte gli stimoli che gli arrivano, li trasforma, li fa suoi e poi ti sorprende.

Io e le cose dimenticate nel tempo. Le persone che sono state di una vita fa e poi ritornano, per caso. Oggi ho parlato con un'amica di quella vita ed è stato bello. E' stato come quella sorpresa che mi ha regalato il fiume, quel quasi tramonto di dieci anni fa.

lunedì 7 ottobre 2013

Pensieri da una veranda con intorno la pioggia

Questa mattina stavo aspettando una persona, in macchina, sotto la pioggia. Guardavo le persone passare: il muratore con il camion, la signora con la borsa della spesa, il tabaccaio che tirava su la serranda del negozio, il tipo in giacca e cravatta che correva a prendere la macchina guardando l'orologio. Mi sembrava di essere in uno di quei libri illustrati da Richard Scarry -avete presente, no? Quello di Sandrino. 
Scene di vita quotidiana. È che questa mattina mi sembrava diverso. 
Mi sono chiesta se fossero felici di fare quello che fanno, di correre o di andare lentamente verso il supermercato con la borsa di paglia. 

Quando sono arrivata a prendere Francesco a scuola, dopo aver fatto qualche commissione, ero un po' giù, dannata pioggia autunnale che ti entra nelle ossa e nella testa. 

Abbiamo acceso la stufa in veranda e in questo momento Francesco, dopo aver fatto un compito in cui gli veniva chiesto di parlare (ancora) di vacanze, sta guardando un cartone animato dove una tipa comunica con gli animali. Esattamente come io faccio con le piante (e anche lui).

C'è anche che poi questa mattina un mio amico mi raccontava che ha incontrato un signore anziano, amico di suo padre, che si ricordava di quando era piccolo e l'ha commosso dicendogli che l'ha visto nascere. E sí, anche questa è una storia semplice, di vita quotidiana, ma poi ci siamo detti che noi due siamo persone sensibili e anche io un po' mi sono commossa.

Vabbè, questo è un post cosí, di pensieri buttati giù in una veranda che ha intorno la pioggia. 
Vado, nel cartone animato qualcuno ha appena sparato un rutto e devo riportare Francesco nella realtá. Spegnendo la tv e aprendo un libro.

(A proposito di autunno, di foglie gialle e rosse -che sono sottointese- e di compiti, ecco qui, qui e qui quello che io e Francesco abbiamo preparato)

martedì 17 settembre 2013

Tradizioni {le nostre e non}

Quando Francesco torna dal week-end con il suo papà, la domenica sera, mangiamo la piadina. Ci mettiamo dentro prosciutto cotto e formaggio e mai niente altro. Abbiamo questa tradizione che, anche se può sembrare una stupidata, è stata una delle cose che ha aiutato Francesco ad abituarsi al ritmo del rientro.
Così, quando mi fermo a pensare, mi capita di immaginarlo seduto a tavola con la sua piadina in mano e mi fa tenerezza.
È una tradizione moderna, si può dire, un'abitudine che per noi ha del significato.

La scuola è cominciata e lui, nel primo compito in classe in cui gli veniva chiesto di parlare delle sue vacanze, ha scritto che è andato in vacanza con i suoi genitori. Quando io e il Moschettiere gli abbiamo domandato perché avesse scritto così lui, in modo del tutto naturale, ci ha detto che non sapeva cosa scrivere.
E poi ci ha guardati con quel sorriso sdentato che ha da quest'estate. A me è venuto un po' il magone e poi, ripensandoci, la sera, ho capito che ora che è cresciuto, ha bisogno di indicazioni pratiche su come descrivere la sua famiglia e il suo stile di vita. In effetti, a scuola non può dire che il Moschettiere è suo fratello, come fa in casa. 

Il giorno dopo questo episodio, facendo i compiti a casa, abbiamo letto una pagina del suo libro in cui erano disegnati tre bambini che raccontavano qualcosa che non ricordo. Uno di loro diceva che svolgeva quella cosa (che continuo a non ricordare) proprio quando tornava a casa dal week-end con il papà. E a Francesco si è illuminato il viso. E anche a me. Ha visto che certe cose si possono e si devono dire e anche scrivere.
Vorrei potergli dire che è molto meglio che papà e mamma continuino a volergli bene abitando in due case diverse, piuttosto che trascorrere una vita triste e povera d'amore, ma aspetto che lo capisca da solo. Perché so bene che lo capirà presto.

Ieri, al Palio di Asti, abbiamo mandato una foto a suo padre. Una foto in cui Francesco si tappa le orecchie per paura del botto della falsa partenza. È una bella foto, mi piace.
Ci diamo divertiti. È una tradizione che capisco e condivido in parte, ma è stato inaspettato osservare le dinamiche del Palio, sentire i fantini che litigavano tra loro, le trombe suonare prima della partenza delle batterie e vedere i cavalli arrivare velocissimi mentre Francesco e i suoi amici li aspettavano eccitati.
Facevo solo io il tifo ma non importa. 
E il Moncalvo non ha vinto, pazienza.
Sarà per il prossimo palio, come da tradizione.



P.s. Non potevamo non lavorare per l'inizio della scuola (e non solo). Guardate qui, qui e qui

domenica 1 settembre 2013

Quando si torna

Quando vivevo ancora con mia madre sfruttavo fino all'ultimo giorno di vacanza. Strizzavo il tempo arrivando la sera prima di ricominciare l'università o il lavoro. Disfavo le valigie e, lo ammetto, con la scusa dei miei impegni, lasciavo a mia madre la gioia delle lavatrici e tutto il resto. 
Non c'era la frenesia di tornare a controllare se in casa andava tutto bene, se le piante erano sopravvissute, se gli animali avevano combinato qualche casino. Si tornava e basta. 

Ora la voglia del proprio letto, del proprio cuscino, del proprio bagno fanno prenotare gli aerei con giorni di anticipo. E quando si arriva si gira per la casa riconoscendo profumi e oggetti; alcuni libri non ancora letti, nel frattempo, sono saliti in graduatoria, dopo che quelli spulciati durante le vacanze sono stati archiviati sullo scaffale dei preferiti o di quelli -ma sì- passabili.
C'è sempre sul tavolo la busta che deve essere portata in comune e la telefonata rimasta in sospeso perché tutti gli uffici chiudono i primi giorni di agosto.
La scuola si riaffaccia e si riguarda la pagella dell'anno appena passato, sbirciando con tenerezza quel biondino che in vacanza ha trovato un'amica dai riccioli neri e si è tuffato con lei tra le stelle marine.
E poi c'è il giardino, che esplode di lavoro. E io, io lo ringrazio sempre per questo.

P.s. Io e Francesco non stiamo mai fermi, si sa. E anche nel mese dell'ozio (o dell'avventura) ci siamo dati da fare. Se volete scoprire cosa abbiamo combinato, cliccate qui, qui e qui