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domenica 21 aprile 2013

Racconti al ritorno dalla città delle luci e delle chiacchiere

Torno da Parigi e penso che sia stato bello, sí, tornarci in modo diverso e dopo tanti anni in cui la mia vita è cambiata in modo radicale e i viaggi hanno assunto un significato completamente diverso.
A volte parti con persone che conosci da anni e la vacanza non funziona. Perché non è detto che certe affinità si confermino lontano da casa e dalle abitudini. E altre volte, invece, scatta quella cosa chimica che è la stessa che si accende quando certi colori si mischiano armonicamente e con una grazia sottile oggettivamente bella.
Poi incontri qualcuno che sa quasi tutto di te e ti accompagna negli anni di una scrittura un po' pubblica ma anche molto privata e sei contenta di vedere il suo volto e di dire grazie per tante attenzioni non scontate nei confronti di una storia, ma anche dei sentimenti.
Il lato culturale non è stato minimamente considerato questa volta. Volevamo - e abbiamo - visto e assaporato la città come se fosse nostra, come se non fossimo turiste, aiutate anche dal fatto che tornando a casa la sera trovavamo una piccola casa deliziosa e non una camera d' albergo.
Beh, ho la nostalgia. E guardo e riguardo il mio polso dove ora sta un piccolo bracciale che, per me, è un po' il succo di questi giorni. Dice, infatti, "Grace and peace".
















lunedì 9 luglio 2012

Abbiamo compiuto sei anni. E abbiamo fatto una grande festa.

Sabato abbiamo compiuto sei anni e abbiamo organizzato una grande festa portando inviti a forma di ghiacciolo. 
Il Moschettiere ha preparato un gelato in quattro gusti che gli è valso l' applauso dei 50 ospiti presenti (tra bambini e adulti), ma anche un tiramisù nel quale abbiamo fatto sprofondare le candeline da soffiare.
Io ho appeso ghiarlande e apparecchiato la tavola con i colori dell' arcobaleno e mazzi di margherite, Achillea millefolium e ortensie Annabelle.
E' sempre così, lui pensa al lato pratico, io a quello estetico.

Beh, c' erano proprio tutti (anche chi abita ancora nella pancia della sua mamma).
E tutti erano felici (e tanto stanchi da piangere accovacciati sul divano in veranda, quando è finita la festa).







giovedì 7 luglio 2011

5 ANNI. Storia di un salterello e di due grandi famiglie.

06 Luglio, ore 21. Ti porto a letto una mezz' oretta prima del solito anche se tu non sei d' accordo, vista la forte luce che ancora c' è nell' aria.
Contro ogni mia aspettativa, ti addormenti subito. Corro giù in veranda e, come mi aspettavo, trovo il Moschettiere addormentato, stravolto. Lo sveglio, andiamo a recuperare il materiale nascosto in macchina.
Sotto la finestra della tua camera cominciamo a montare il tuo regalo. Ci mettiamo un paio d' ore. Quando ci sdraiamo nel letto è quasi mezzanotte. E' quasi il sette luglio.
07 Luglio, ore 5,30. Ci alziamo e, mentre il Moschettiere nutre gli animali io finisco di montare il tuo regalo (ovviamente, la parte più semplice). Ti svegli alle 6,30 e subito ti dico di affacciarti alla finestra.
Guardi il tuo regalo e, con fare svogliato e senza dimostrare il minimo entusiasmo, farfugli qualcosa e sfogli un libro preso a caso nella sua libreria. Io lo so, quando sei emozionato fai così.
Dopo poco - e dopo una bella colazione - corri fuori a godertelo. Comincia la giornata. Abbassi la soglia dell' incazzatura mattutina e ridi come un matto, saltando saltando saltando. Ti racconto ancora la storia della tua nascita e poi semino qualcosa, mentre ti guardo saltare.

Verso sera ti dico che devo andare in macchina a prendere una cosa e tu rimani con la nonna. Non sospetti nulla. Come potresti?
Torno con tuo padre. E la sua compagna.
Sono venuti a vedere la casa in cui vivi e tu, con tutto il savoir-faire di cui sei capace, organizzi un giro turistico passando dalla tua camera a quella dei fiori, dal garage alla casa del cavallo e delle pecore.
So che sei felicissimo e a volte trattengo le lacrime, osservandoti.
Quando arriva il Moschettiere, usciamo tutti a cena. TUTTI insieme.
Spegni le candeline dei tuoi 5 anni in mezzo a tutti noi.

Dopo cena salutiamo il tuo papà e la sua compagna e andiamo a letto.
Non riesco a dormire. So che tutto è andato bene, ma io non smetto di pensare. Decido di accendere la luce e leggere. Finisco questo romanzo .
Mi fa scoppiare tutte le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento. Abbraccio il Moschettiere piangendo, ma lui non se ne accorge, è stravolto e non si sveglia.
Non resisto, vengo a prenderti in camera tua e ti porto nel nostro letto. Ho bisogno di stare con voi due. Non solo con uno.
Penso ancora.
Vi guardo.
Ho paura. Ho paura di insegnarti a rivolgerti alla vita in un modo che poi ti deluderà.
Ho paura - e tanta voglia - di rivedere una persona con cui recentemente sono stata sul fondo, toccandolo. Vorrei che credesse anche lei che la sua risalita è cominciata.
E' dura. E' dura insegnarti, Francesco, cosa significa la vita. E' dura capirlo anche da grandi.
Ma è bello. E' bello vederti felice in mezzo a tutti noi.

...e' più forte di me: non riesco a non augurarti di avere dei sogni. E di provare ad inseguirli, realizzarli, con tutto te stesso, come ho fatto io. Senza esserne ossessionato, semplicemente lottando per avere quello che desideri - che sia una speranza, un incontro, un' emozione, un amico, una donna, un viaggio, un fiore, un libro.
Non mollare MAI. E mentre te lo dico, tremo di paura.




mercoledì 7 luglio 2010

Ehi, Francesco ... auguri!!!

Mi dispiace essere arrivata tardi ieri sera dal lavoro e aver passato un' ora al telefono con tuo padre a discutere di una questione di principio. Mi dispiace dover constatare ancora una volta che non per tutti esistono la pietà, la solidarietà, il valore, l' incontro.
Mi dispiace per tutto questo, anche se tu sei un bambino sereno e ieri sera hai giocato felice con le bolle di sapone sul terrazzo, mentre io impacchettavo i tuoi regali e ti spiavo dai vetri del salone. Piangendo.
Mi dispiace essere scappata questa mattina alle 6 del mattino per prendere il treno. Avrei dato non so cosa per poter rimanere con te e vedere la tua meraviglia.
La carta dei regali ha delle piegoline lasciate dalle mie lacrime, che ormai si sono asciugate. Tu non te ne accorgerai. E questo è quello che conta.
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Ehi, Francesco ... auguri.
E W noi due che abbiamo i piedi uguali uguali. E passiamo la sera sul letto a fotografarceli, tra una lettura e l' altra.
W noi due che, in questi 4 anni, lo so, abbiamo capito che di simile non abbiamo solo i piedi.
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Che questi tuoi piedi ti portino solo dove vuoi tu, come i miei hanno portato me.
Che ti portino dove c' è la poesia, la natura, il contatto con l' Uomo, con la vita. Che ti guidino verso la scoperta e il sapere ( tu, che insieme alla casa dei Gormiti e la mietitrebbia, hai chiesto un libro per il tuo compleanno ) e quel sacrosanto diritto che tutti noi abbiamo di essere felici.



giovedì 18 marzo 2010

la volta in cui dimenticai la tetta

Il teatro mi piace. E ridere pure.
Veramente, in questo momento, dopo ore di febbre ininterrotta di Francesco, da ridere proprio non mi viene. E quello che sto per scrivere mi fa sentire anche un po' in colpa.
Sì, perchè, appunto perchè il teatro e il ridere non possono che essere un piacevole binomio e perchè mi fido delle mamme blogger che "frequento" ... ho deciso allegramente di partecipare all' iniziativa "Mamma che ridere!" e di raccontare qualcosa di divertente sia sul sito della Huggies, sia qui, a "casa mia".
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La volta in cui dimenticai la tetta
Il giorno del battesimo di Francesco è stato anche il giorno in cui io e suo padre, reduci da un matrimonio su una spiaggia sconosciuta delle Seychelles costato 100 Dollari, abbiamo deciso di standardizzarci ( ma perchè poi? ) e di giurare il nostro eterno amore in un luogo chiuso, con un altare e tante file di panchine.
Insomma, da una cosa veloce e informale, ci siamo trovati coinvolti in un vortice di decisioni da prendere, liste da preparare, persone da invitare, bomboniere da scegliere. Il giorno del battesimo/matrimonio sono arrivata stremata; complice il fatto che, avendo Francesco 5 mesi, le commissioni venivano svolte solo ed esclusivamente nei momenti di pausa tra una poppata e l' altra.
Per questo mi sono sposata con un vestito da 49, 90 Euro.Sì, è vero. Ma avevo sempre le tette piene di latte ed era l' unico che mi stesse - e che mi piacesse ( oltre al vestito vintage verde da indossare per il ricevimento, che costava come un vero abito da sposa e che ho indossato solo per un attimo perchè poi Francesco ha cominciato a risucchiare me e il seno ).
E poi "molta resa poca spesa", come dice sempre la Corinna, è una delle soddisfazioni più grandi.
Ma veniamo al sodo.
Quel benedetto giorno non ho avuto un attimo libero. E Francesco piangeva, piangeva.
Quando sono arrivata in chiesa Francesco piangeva.
Quando è cominciata la cerimonia Francesco piangeva.
Quando ci siamo scambiati le promesse Francesco piangeva. Dalle foto si vede il mio viso talmente preoccupato che addirittura avevo l' occhio strabuzzante e il sopracciglio inarcato contemporaneamente, che credo sia un' espressione che non venga bene nemmeno al mimo più bravo del mondo. Questo perchè ogni volta che sentivo avvicinarsi il pianto di Francesco verso l' altare, poi me lo vedevo arrivare in braccio a qualcuno diverso dalla volta precedente ( 1 minuto prima ). Una volta vestito, una svestito. Una volta con la pancia in giù, una volta in su.
Tutte - e sottolineo la E finale - mi facevano segno mentre io tentavo di giurare amore eterno ( sarà che qualcosa è andato storto proprio in quel punto??? ), con l' alfabeto muto piuttosto che con contorsioni, per chiedermi se io credevo che il bambino avesse freddo. O caldo. Se secondo me dovevano togliergli il maglioncino. Se era il caso di farlo bere ma-poi-sarebbe-stato-battezzato-e-a-pancia-in-su-e-magari-avrebbe-potuto-rigurgitare ( faceva segno la zia Pina ).
Insomma, 'sto porello d' un bambino si è fatto battezzare. Piangendo.
Ha aspettato che facessimo due foto. Piangendo. E' arrivato al ricevimento. E lì è crollato. Stremato. E consapevole che dopo ore e ore di strilli, non c' era verso di prendersi la tetta.
Sì, perchè il motivo di tutti quei pianti era proprio quello: mi ero dimenticata completamente di dargli la tetta. Ho realizzato solo dopo che il motivo per cui il bustino su misura che era costato 100 volte più dell' abito mi stava così bene non era perchè era costato appunto come un week-end a New York, ma perchè le mie tette erano piene, ma talmente piene che mi hanno persino convinto ad inscenare uno spogliarello degno di nota, con tanto di lancio della giarrettiera.
Insomma, io ero lì con le mie tettone a saltare, ballare, spogliarmi davanti ai parenti di mio marito e mio figlio si era addormentato stravolto e affamato perchè io avevo dimenticato la tetta. Nessuna delle suggeritrici aveva pensato a questo. Era talmente scontato che gli avessi dato da mangiare.
Ok, avevo già dimenticato più volte i pannolini, il cambio, il ciuccio, l' acqua, i biscotti, i giochi, il sonaglino, la bavaglia, il cappellino. Ma la tetta proprio no.
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L' ho pagata, eh?
Sì, perchè quando Francesco si è svegliato - e a me è rinsanita la testa - mi ha risucchiato anche l' anima. E le tette si sono svuotate.
Così, salutando e ringraziando gli ospiti a fine serata, il mio fantastico bustino ballava un po' e faceva pure difetto. In un attimo è crollato tutto ciò che avevo costruito in quei meravigliosi 5 minuti di popolarità ottenuti con lo spogliarello.
E voi? Avete mai dimenticato la tetta? Dai, ditemi che non sono l' unica ... !

p.s. so che questo non è uno dei tempi lanciati da huggies ... ma dicevano di sentirsi libere di proporne altri ... e io l' ho fatto ...

venerdì 8 maggio 2009

il nostro mare

L' altra sera ho portato Francesco dal dottore per un brutto mal di gola.
Al ritorno, in macchina - erano le 20.45 circa - pensavo che ho fatto proprio bene a trasferirmi.
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Da piccola aspettavo con ansia il giorno in cui sarei andata a trovare i parenti in cascina, tra galline, aie aperte, polverose e solari. Io vivevo in città e mi ricordo come se fosse ieri il giorno in cui i miei zii erano venuti a trovarci, proprio durante una festa cittadina. Ricordo la loro sorpresa nel vedere che per noi festa significava poter passeggiare per la via centrale senza macchine, per un giorno intero.
No, per un bambino la festa non deve essere quella.
Festa è ... vedere decine di trattori ogni giorno di cui fare l' elenco la sera, andare a trovare le mucche nella stalla, poter correre libero, raccogliere lappi, margherite e papaveri, credere che le risaie siano un mare in cui tuffarsi in mezzo al riso che sta nascendo. Il nostro mare.
Buona festa, amore.
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p.s. la foto è stata scattata in 1 nano secondo, visto che Francesco non ama fermarsi. Per lui la macchina deve sempre andare, anche con i semafori rossi. Per protesta ha buttato il suo amato ciuccio fuori dalla macchina.
Io: " Francesco, a parte che posso anche fermarmi con la macchina se voglio, eh? E poi, non buttare il ciuccio per terra, se no ti prendi un altro bel virus e un' altra bella febbre"
Lui: " Chi te ne fega, tanto te l' ho dià" ( "chissenefrega, tanto ce l' ho già" )
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Tre anni a luglio, eh? Ma da chi le impara queste cose??? Ah, già. Da me.