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martedì 22 giugno 2010

la separazione nella nostra vita di tutti i giorni. e nei pensieri degli altri.

Quando ci si separa si ha spesso la mente offuscata dalla rabbia e dal rancore. L' unica cosa che fa rinsavire è il pensiero dei propri figli, se questi ci sono. A volte è proprio questo pensiero che non fa trovare il cancello d' uscita dal labirinto dei pensieri autodistruttivi.

I sensi di colpa, la preoccupazione per quello che sarà il domani e la tristezza infinita per il fallimento non permettono di dormire, di ragionare, di lavorare.

Quando passa l' uragano dei conflitti che, purtroppo, troppo spesso si svolgono tramite avvocati, prendono il via i cambiamenti pratici nel quotidiano. Ritrovarsi soli in una casa che fino a poco tempo prima aveva visto solo momenti piacevoli - ma anche no - e la nascita di un figlio ( o più ) è devastante. Sapere che Lui è via. E non importa se fino a quel momento era ciò che avevi desiderato. Crescere un figlio in un momento in cui avresti solo voglia di rannicchiarti in un angolino e piangere. Vedere che tuo figlio ha 40 di febbre e renderti conto che non puoi più chiedere conforto e appoggio a Lui. E poi lo fai lo stesso. Perchè da sola non reggi, la sera tardi, quando la febbre non vuole scendere. Battere i pugni contro il muro perchè sai che nella vita di tuo figlio ci sarà un' altra donna ( che non sarà sua moglie ). Aprire le bollette e voler piangere in ascensore urlando. Desiderare di buttare dal balcone tutti i debiti: avvocato, mutuo, luce, gas, macchina. Non avere i soldi per fare la spesa. Non accendere il riscaldamento quando tuo figlio dorme da suo padre. E, colmo dei colmi, usare per scaldarti la coperta di cashmere che ti hanno regalato per il matrimonio.

Tante volte mi sono chiesta come ha affrontato Lui i primi momenti. Non si poteva parlare in quel periodo, non era nemmeno lontanamente pensabile un possibile dialogo. In quei giorni pensavo spesso che fino a poco tempo prima con quell' uomo avevo dormito per anni e anni. Avrei voluto - nella mia mente utopica - sedermi con lui a parlare della nostra sofferenza. Forse per soffrire di più. Forse di meno. Anche ora lo vorrei. E gliel' ho detto.

In una società in cui le separazioni sono all' ordine del giorno e in cui ovunque vada incontri persone separate - o divorziate - non è così scontato nella vita di tutti i giorni essere capiti. Sabato sera, per esempio, io e il Moschettiere eravamo alla serata di gala dello Squadrone Italiano dei "Mousquetaires d' Armagnac", appunto. E al tavolo eravamo: tre coppie formate da persone entrambe separate/divorziate - anche pluri, un amico pluriseparato, una coppia che resiste insieme da molti anni, per fortuna, ma con un figlio separato.

Questo è solo un esempio. Quotidianamente incontro persone separate o divorziate, soprattutto nel mio ambiente di lavoro. A volte è quasi scontato. Eppure mi sento spesso fuori luogo o giudicata. O meglio, non è una mia sensazione: vengo spesso giudicata. E la cosa che mi fa più male è che si pensa che una donna separata sia "protetta" dal fatto di avere uno o più figli e si faccia forte di questo, pretendendo di essere mantenuta. Non è sempre così. Io ricevo un mantenimento per mio figlio. Ma tutti sanno quanto costi ora mantenere un bambino, dalle piccole cose all' asilo. Dai giochi che chiede ( e che non gli darei in abbondanza nemmeno se fossi ricca, per principio ) ai vestiti.

Il fatto che io abbia un compagno, poi, non fa che allargare a dismisura il pensiero dei giudicanti. Come se la maggiore aspirazione di una donna fosse quella di essere mantenuta. E non di farcela da sola.

Mi ferisce la concezione ancora così retrò, semplicistica e spesso scontata della donna vista come una che ha acquisito talmente tanta libertà da potersi separare ( cosa che fino a pochi decenni fa era pensabile solo nelle alte sfere ), ma che non può però riuscire a gestire la sua vita da sola. Senza avere per forza un uomo che la mantenga. Non che le voglia bene, che le faccia ritrovare la serenità, che la aiuti nel quotidiano, che accetti suo figlio. No. Che la mantenga.

giovedì 10 settembre 2009

Je suis à toi, mousquetaire!

Allora. Se riceveste un invito per partecipare allo "Chapitre des Mousquetaires d' Armagnac" a Condom ( un nome un programma ), in Francia ... voi che fareste???
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Beh, non cosa fareste voi, ma so cosa ho fatto io. Ci sono andata.
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Ho preso un aereo talmente piccolo che la mia macchina è più grande ( e non guido una station wagon ), sono atterrata a Toulouse con l' abito da sera in valigia e mi sono tuffata nella meravigliosa Guascogna, terra dei famosi moschettieri di Dumas e patria del caro ( perchè più che buono, è caro ) Armagnac, un distillato di vino che la vodka a confronto sembra la sprite.
La locanda del dolce Pepito è il luogo scelto per la notte, un piccolo albergo/ristorante sulla strada del cammino di Compostela, a pochi passi da un vecchio lavatoio e da un brocante ( in foto ) ... che passione!
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La sera gran galà: mi sono presentata al ricevimento con dei tacchi talmente alti che sarebbe stato più corretto definirli trampoli. Ma se sapevo che metà delle dame francesi si sarebbero presentate con le zeppe di raffia o la minigonna che si era messa Madonna per andare in discoteca in "Cercasi Susan disperatamente", avrei evitato tanta fatica.

Gli uomini, ooopsss i moschettieri, erano tutti - ma dico tutti - in smoking. Alcuni con il mantello.
Comunque, ho scoperto due cose, anzi tre:
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1) che "per ben apparire bisogna soffrire" è il mio motto. Io proprio non ce la faccio ad andare in giro comoda - seeeeeeempre colpa di mia madre.;
2) che il mio uomo ideale - oltre ad avere quell' eleganza da fico scompigliato a cui accennavo qui - deve possedere uno smoking. Non sono tanto una da cene di gala: il mio sogno è che un cavaliere venga a prendermi in smoking su un cavallo - o su una vecchia, vecchissima macchina cabrio - o anche a piedi in realtà, anzi, forse è meglio - e mi porti a fare un pic-nic su un prato.
Però una cosa è certa: a me lo smoking attizza troppo. Poi col capello un po' lungo non vi dico;
3) che il mio uomo ideale era proprio lì, tra i Moschettieri d' Armagnac. Come potrete vedere dalla foto, i moschettieri erano quasi tutti un po' agés. Ma ho detto quasi. E questo è uno scoop.