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martedì 9 aprile 2013

Per far felice

Far felice chi ti sta accanto non è sempre facile, soprattutto se si ha a che fare con un bambino di quasi sette anni che, come tutti i suoi coetanei, è avanti di almeno cinque anni rispetto a come eravamo noi alla sua età e per questo si trova in una fase di - diciamolo - preadolescenza.
Francesco è un bravo bambino, sarei ingiusta se mi lamenetassi. Ultimamente, però, è diventato complicato gestirlo e, soprattutto, gestire le sue richieste. 
Premessa: solo le mamme di coetanei maschi di Francesco possono capire le prossime righe. 
E' sottoposto, come tutti, a mille impulsi e provocazioni e credo sia normale che ci caschi. Detto questo, il fatto che - come dice lui - la sua felicità dipenda da un mazzo di carte dai nomi improbabili mi fa pensare. 
Ho sognato Barbie luce di stelle per notti intere prima di averla e quando andavo all' Upim con mia mamma stavo lì a fissarla e a desiderarla come se fosse l' ultima cosa sulla faccia della Terra...ma nulla, questa Barbie mi arrivava solo ed esclusivamente per il compleanno o per Natale.
Tenevo il muso, qualche volta, come penso facciano tutti i bambini. E me lo ricordo anche, perché avevo una rabbia dentro per non poter ottenere una cosa che a me sembrava così facile darmi, che è come se sentissi ancora quella sensazione che sentivo scendevo le scale dell' Upim e andavo con mia mamma nel reparto abbigliamento, dove lei gurdava guantini e calze velate.
Dio mio, scritta così sembro la bambina della canzone tristissima che mi cantavano da piccola, quella della bambina infelice che rimproverava la mamma di non comprarle mai niente e di pensare solo a lei. Era per dire che davvero ci stavo "male", come penso ci stia "male" Francesco ora, per quei cinque minuti in cui non esiste nulla al mondo se non quel nuovo mazzo di carte.
Beh, io ho deciso di non cedere e di accontentare le sue richieste cercando di usare il buon senso e di ignorare le sue provocazioni quotidiane. 
Di certo, se ho un' aspettativa da riporre in mio figlio, è che non diventi un ragazzo - e un uomo - a cui tutto è dovuto e che non abbia le palle per ottenere con intelligenza, costanza e impegno ciò che desidera, qualunque cosa sia. Per questo, sto sfidando le terribili minacce dei pacchetti di carte appesi nelle edicole e quelle dei bambini che hanno invece ottenuto centinaia di carte nel giro di poche settimane. Sta diventando un' impresa epica.
Comunque io - sarò una mamma terribile, cattivissima - non cederò. 
D' altronde, quando riesco a distrarlo da tutto questo, Francesco sa fare cose meravigliose.

(per avere il tutorial della ghirlanda, cliccate qui)

martedì 24 aprile 2012

Rosso [ma con i bottoncini dorati]

Mi piace perché mi fa il culetto in fuori. 
Mi piace perché è di lino, ha i volants e i bottoncini dorati dietro, per allacciarla. 
Mi piace perché l' ho comprata una mattina, quasi all' alba, seduta sul divano. E poi è arrivata in un giorno di pioggia, avvolta in una velina verde.


Da portare: con top grigio e sandali bianchi.
Da acquistare: da Zara, meglio se on-line, comodamente sedute nel vostro soggiorno.
Da evitare: farsi venire voglia di metterla mentre, spudoratamente vestite solo di canotta e mutandine, si sta lavorando in giardino. Allunga nettamente i tempi di svolgimento del lavoro.

domenica 8 aprile 2012

Ritratto di signora

Dopo Pechino, Mosca, operazione al ginocchio e rientro pieno di amici, io e il Moschettiere ci stiamo godendo una tranquilla Pasqua di giardinaggio, letture al sole e preparazione al ritorno del piccolo Francesco e all' arrivo degli amici.
Questa mattina cazzeggiavo su Pinterest e qualche immagine mi ha ricordato la Pasqua di quando ero piccola. Non era una vera Pasqua se mia zia non cucinava il capretto al forno e mio zio non mi diceva, sapendo di farmi arrabbiare, che il mio seno non era cresciuto rispetto all' anno prima.
Le cose sono cambiate tanto per la nostra famiglia (a parte le mie tette). Siamo dislocati in vari punti dell' Italia e dell' Europa, due cugine su cinque sono state sposate e sono separate, tre convivono. Anzi, quattro. Mio padre e mio zio non ci sono più, ma sono arrivati dei nipoti e uno arriverà quest' estate.
Mia madre è sempre la solita, in compenso.
Continua a dire che, pur essendo nata in un paese di montagna, non potrebbe mai lasciare il suo appartamento di città. Ma quando viene a trovarci in campagna ci sentiamo presi in giro perché sembra proprio che invece sia anche lei una vera ragazza di campagna.
Esce sempre vestita in modo impeccabile ma non la disturba lavorare con giaccone e stivali di gomma.
Poi lei riesce a dimenticare e mettere da parte tutto quello che non le serve più, anche se le piace ancora. Io tendo a regalare chances. A persone, scarpe, borse, vestiti.
Proprio oggi ho avuto l' idea di organizzare una garage sale con gli abitanti della mia collina. Ma l' ho subito abbandonata. Non me la sento ancora di lasciare che siano altre donne a dare una nuova possibilità ai miei vecchi vestiti. E alle mie adorate vecchie scarpe.
Non per niente, in questi giorni post-operazione in cui non posso camminare - tanto meno portare tacchi - ho tirato fuori le mie vecchie Stan Smith verdi dei tempi delle superiori. Si sono logorate in un modo cosí perfetto che mai e poi mai avrei potuto vederle su una bancarella alla mercé di tutti.
Potrei però organizzare la garage sale e non esporre nulla...solo comprare. Mi pare un' ottima idea. L' inverno prossimo potrei vagare per le colline indossando il cappottino con il collo di pelo della vecchietta che abita di fronte. Il Moschettiere ne è già stato informato.

martedì 19 luglio 2011

I dialoghi della camera da letto

Ore 21,11. "Perchè non mi rispondi?" (messaggio del Moschettiere).
{Perchè sono sul treno, amore mio. Non ho sentito}
Ore 21,19. Lo chiamo. Non risponde. Chiamo a casa. Niente.
Salgo in macchina e mentre vado verso casa chiamo infinite volte ma nessuna risposta. Diventa buio. Ho un mal di testa da paura, le tempie sono martellate da colpi continui. La gamba, come al solito, mi fa male. Mi fa pensare che l' operazione che ho fatto è stata davvero inutile. Sogno il letto.
Quando arrivo, alle 22,00, vedo che sono accese solo le luci della camera da letto. In effetti avevo detto al Moschettiere di non prepararmi nulla per cena e che mi avrebbe fatto piacere se lui fosse venuto a dormire subito con me, quando sarei arrivata (di solito lui mi raggiunge dopo). {Avrebbe anche potuto accogliermi all' ingresso, però...}
Entro in casa.
Il Moschettiere mi urla il suo solito "Ciao Principessa" dal piano di sopra.
Ma io ho solo voglia di togliermi i tacchi 12 e prendere qualcosa per il mal di testa e di gamba.
Mi raggiunge. Ma io sono già diventata una iena. E comincio a salire le scale per spogliarmi e buttarmi nel letto.

"Perchè non mi hai risposto?"
"Anche tu non mi hai risposto!"
"Ok! Ma io non avevo sentito UNA chiamata! Tu non hai risposto a 10 chiamate! Se mi fosse successo qualcosa? Se avessi avuto bisogno?"
"Ma non hai avuto bisogno! E poi, ho lasciato il telefono in macchina!"
"Ma tu non potevi saperlo! E perchè non hai risposto al telefono di casa?"
"Non ha suonato. Giuro."
"Ha suonato. Solo che tu sei di sopra, nel letto...come avresti potuto sentirlo?"
Nel frattempo sono già nel letto, con gli occhi chiusi. Mi chiedo - tra una risposta al Moschettiere e l' altra - perchè ho la voglia e la forza di polemizzare su questa cosa del telefono. {Ah, già. Perchè questa è l' ennesima volta}
"Amore, ti amo"
"E allora perchè non rispondi al telefono quando ti chiamo? Non eri preoccupato? Io, sola, al buio, sulla strada..."
"Amore, non c' era nulla di cui preoccuparsi. Non è successo niente. Sono qui con te."
"Ho freddo"
"Ti dò anche la mia coperta"
E mi butta tutte le coperte addosso disfando il letto. Poi si alza.
"Mmmmhhhh. Uffa, ho freddo, un mal di testa allucinante, male alla gamba, sono stanca morta, non mi hai risposto al telefono e adesso mi disfi pure il letto???"
Torna con una coperta ENORME (non so nemmeno dove l 'abbia scovata), pesantissima.
Io sto rifacendo il letto. Mi viene quasi da piangere dalla stanchezza. Ci rimettiamo a letto aggiungendo la coperta enorme e pesantissima solo dalla mia parte.
"Amore. Adesso però calmati. Dove hai male alla testa?"
"Ma che cazzo di domanda è?
Il Moschettire scoppia in una grassa risata dandomi della rompicoglioni.{Non me lo spiego...}
Poi mi abbraccia e mi scalda.
Ecco, era questo che volevo tanto. {se mi avesse anche risposto al telefono, però :D}

mercoledì 8 settembre 2010

evet, hayir

Quando siamo stati a Istanbul a fine agosto, io e il Moschettiere abbiamo trovato la città invasa da striscioni riportanti le scritte "evet" - sì - e "hayir" - no.
La prossima settimana, alla fine del Bairam ( la festa che segue il Ramadan ), ci sarà un referendum realmente importante per la storia della Turchia, ma anche quella di tutti i paesi del Medio Oriente - e quindi anche per noi.
Nel 1923 Mustafa Kemal Ataturk fondò la Repubblica Turca, laicizzando lo stato, proibendo l' uso del Fez, riconoscendo la parità dei sessi, adottando l' alfabeto latino. Insomma, improntò il tutto basandosi su un modello di stampo occidentalista.
Purtroppo non ho avuto la possibilità di informarmi molto bene su questo personaggio e quello che so, l' ho appreso da qualche veloce lettura, ma soprattutto, parlando con gli amici turchi. C' è chi dice che Ataturk sia stato lungimirante, avendo creato una costituzione molto moderna e che il suo modo di agire avesse come fine la sicurezza e la stabilità dello Stato. C' è chi lo vede come un dittatore, avendo lui creato un sistema autoritario, basato sul governo unico.
Il referendum dei prossimi giorni riguarda alcuni articoli dell' attuale costituzione turca, che è ancora la stessa creata a suo tempo da Ataturk. La laicità dello stato è messa in discussione.
Molti nostri amici voteranno Hayir - no - perchè vogliono che la Turchia rimanga uno stato laico. Ma la maggioranza del popolo turco, secondo le previsioni, voterà Evet - sì.
Ho parlato molto con una mia amica che voterà Evet e le ho chiesto cosa farebbe, per esempio, se la costituzione cambiasse e il suo futuro marito potesse avere più mogli. Mi ha risposto citandomi il Corano.
Mah. Da una parte mi viene in mente Sakineh ( per estremizzare, ma neanche più di tanto ). Dall' altra, credo sia difficile e non corretto parlare ed esprimere giudizi vivendo una realtà così diversa e non conoscendo a fondo la storia della Turchia e, soprattutto, una religione complessa come l' Islam.
E' però corretto parlare in quanto donne, questo sì.
Per ora attendo l' esito del referendum. Cosa succederà?

venerdì 3 settembre 2010

sogno un mondo senza soldi

Un giorno, quando avevo 8 anni, un' amica di mia mamma mi ha regalato 5,000 lire. L' ho costretta a venire in giro con me tutto il pomeriggio finchè non ho trovato qualcosa da comprare. Era impensabile per me tenere in tasca qualcosa.
Mia cugina, invece, con cui ci passiamo solo 3 settimane e con cui sono praticamente cresciuta insieme, aveva il salvadanaio della Barbie che esplodeva. Cioè, era letteralmente pieno di soldi. E non li spendeva. Io la tentavo: "Ma perchè non ti compri Barbie Cristal? Barbie Fior di Pesco, un mini-pony???". Niente. Neanche una piccola soddisfazione.
Io sono cresciuta con la filosofia di mia madre: una volta che si hanno i soldi per vivere dignitosamente ( che poi il concetto è relativo e soggettivo, giustamente. ), perchè star lì ad accumulare, accumulare, accumulare?
Le donne, poi. Io trovo le donne attaccate ai soldi così poco femmine. Non so, oltre che una questione puramente ideologica, comunistoide come sono io, ne faccio anche una questione di stile. Trovo realmente cheap una donna che parli sempre di soldi ( intendiamoci, non che io non abbia questo tipo di preoccupazioni, anzi, mi ritrovo spesso a fare i conti sul mio libretto ... ma quello è solo mio ).
Tipo quelle che devono rigidamente verificare che una cosa sia utile prima di comprarla o, peggio ancora, che un dono sia utile prima di accettarlo ( ma poi lo accettano ).
Poverine. Come possono ignorare il fatto che una bella borsa ( e sottolineo bella ) sia molto, ma molto utile ( Si risparmiano, in media, un paio di sedute dallo psicologo. Con una Birkin di Hermès, io, avrei l' esenzione a vita ).
O tipo quelle che non lasciano il marito perchè con il mantenimento non arriverebbero alla fine del mese e poi criticano chi si è separata dicendo che fa la bella vita con i soldi dell' ex-marito.
Mah. Una volta le donne erano diverse.
Si concedevano comunque. Si facevano anche mantenere, se dovevano.
Ma con stile. Questo progresso ci sta rovinando.
.
p.s. Comunque io, nel mio piccolo delirio infantil-utopico, sogno un mondo senza soldi. Sì, senza Birkin, senza Chanel ( Oddio ... ), senza scarpe ( ok, magari un paio a testa ). E senza questi cavolo di soldi.

mercoledì 28 luglio 2010

Ma noi ... siamo le scarpe che mettiamo???

E' difficile che io non guardi le scarpe delle persone che incrocio o che mi stanno accanto. Mi piace partire da lì per immaginare le loro vite. Sono normale? No.
Al mattino, sulla banchina della stazione, osservo i piedi delle tante persone che, come me, aspettano. E, ovviamente, mi soffermo su quelli femminili. Ultimamente ho notato che su una cinquantina di paia di scarpe, metà di queste sono simili tra loro: da una parte le zeppe; dall' altra i sandali "da schiava" ( alcuni chiusi tipo mezzo stivale ).
E allora mi chiedo ( sempre perchè non son normale e mi faccio le pippe mentali anche per gli altri ): è possibile che ci sia un gusto così comune in un accessorio che può avere mille risvolti?
Le storie che mi vengono in mente partendo dalle scarpe di queste persone son tutte uguali. Non riesco ad essere così fantasiosa partendo sempre dallo stesso materiale.
E guardando le vetrine dei negozi vedo più o meno gli stessi modelli. Li evito. Io sì, li evito perchè da sempre sono stata un po' fuori dagli schemi. Ultimamente, per esempio, mi piace indossare dei pantaloni a sigaretta e delle t-shirt molto basiche. Più vedo il luccichìo delle pailettes in vetrina, più vado in direzione opposta. ( Come quando andavo al bowling a diciassette anni e mi mettevo le calze blu elettrico e tutti mi guardavano. Poi sono andate di moda e io ho smesso di mettere le calze. Anche con meno venti, in inverno, io non indosso calze. )
E per farlo scelgo canali alternativi. Sbircio in rete, sulle bancarelle vintage, compro scarpe indiane di vernice coloratissima.
E su quella banchina al mattino mi sento gli occhi puntati addosso. Però almeno io sono io. E le mie scarpe lo dicono.

foto: scarpe acquistate quando avevo diciott' anni ( 1995 ), al mercatino di P.le Lagosta, a Milano. Le avevo pagate 8,000 lire. 8,000 lire spese molto bene ( anche se dopo aver scattato la foto ho notato che si sono leggermente rovinate - dopo soli 15 anni. le porto subito in clinica ).

martedì 22 giugno 2010

la separazione nella nostra vita di tutti i giorni. e nei pensieri degli altri.

Quando ci si separa si ha spesso la mente offuscata dalla rabbia e dal rancore. L' unica cosa che fa rinsavire è il pensiero dei propri figli, se questi ci sono. A volte è proprio questo pensiero che non fa trovare il cancello d' uscita dal labirinto dei pensieri autodistruttivi.

I sensi di colpa, la preoccupazione per quello che sarà il domani e la tristezza infinita per il fallimento non permettono di dormire, di ragionare, di lavorare.

Quando passa l' uragano dei conflitti che, purtroppo, troppo spesso si svolgono tramite avvocati, prendono il via i cambiamenti pratici nel quotidiano. Ritrovarsi soli in una casa che fino a poco tempo prima aveva visto solo momenti piacevoli - ma anche no - e la nascita di un figlio ( o più ) è devastante. Sapere che Lui è via. E non importa se fino a quel momento era ciò che avevi desiderato. Crescere un figlio in un momento in cui avresti solo voglia di rannicchiarti in un angolino e piangere. Vedere che tuo figlio ha 40 di febbre e renderti conto che non puoi più chiedere conforto e appoggio a Lui. E poi lo fai lo stesso. Perchè da sola non reggi, la sera tardi, quando la febbre non vuole scendere. Battere i pugni contro il muro perchè sai che nella vita di tuo figlio ci sarà un' altra donna ( che non sarà sua moglie ). Aprire le bollette e voler piangere in ascensore urlando. Desiderare di buttare dal balcone tutti i debiti: avvocato, mutuo, luce, gas, macchina. Non avere i soldi per fare la spesa. Non accendere il riscaldamento quando tuo figlio dorme da suo padre. E, colmo dei colmi, usare per scaldarti la coperta di cashmere che ti hanno regalato per il matrimonio.

Tante volte mi sono chiesta come ha affrontato Lui i primi momenti. Non si poteva parlare in quel periodo, non era nemmeno lontanamente pensabile un possibile dialogo. In quei giorni pensavo spesso che fino a poco tempo prima con quell' uomo avevo dormito per anni e anni. Avrei voluto - nella mia mente utopica - sedermi con lui a parlare della nostra sofferenza. Forse per soffrire di più. Forse di meno. Anche ora lo vorrei. E gliel' ho detto.

In una società in cui le separazioni sono all' ordine del giorno e in cui ovunque vada incontri persone separate - o divorziate - non è così scontato nella vita di tutti i giorni essere capiti. Sabato sera, per esempio, io e il Moschettiere eravamo alla serata di gala dello Squadrone Italiano dei "Mousquetaires d' Armagnac", appunto. E al tavolo eravamo: tre coppie formate da persone entrambe separate/divorziate - anche pluri, un amico pluriseparato, una coppia che resiste insieme da molti anni, per fortuna, ma con un figlio separato.

Questo è solo un esempio. Quotidianamente incontro persone separate o divorziate, soprattutto nel mio ambiente di lavoro. A volte è quasi scontato. Eppure mi sento spesso fuori luogo o giudicata. O meglio, non è una mia sensazione: vengo spesso giudicata. E la cosa che mi fa più male è che si pensa che una donna separata sia "protetta" dal fatto di avere uno o più figli e si faccia forte di questo, pretendendo di essere mantenuta. Non è sempre così. Io ricevo un mantenimento per mio figlio. Ma tutti sanno quanto costi ora mantenere un bambino, dalle piccole cose all' asilo. Dai giochi che chiede ( e che non gli darei in abbondanza nemmeno se fossi ricca, per principio ) ai vestiti.

Il fatto che io abbia un compagno, poi, non fa che allargare a dismisura il pensiero dei giudicanti. Come se la maggiore aspirazione di una donna fosse quella di essere mantenuta. E non di farcela da sola.

Mi ferisce la concezione ancora così retrò, semplicistica e spesso scontata della donna vista come una che ha acquisito talmente tanta libertà da potersi separare ( cosa che fino a pochi decenni fa era pensabile solo nelle alte sfere ), ma che non può però riuscire a gestire la sua vita da sola. Senza avere per forza un uomo che la mantenga. Non che le voglia bene, che le faccia ritrovare la serenità, che la aiuti nel quotidiano, che accetti suo figlio. No. Che la mantenga.

giovedì 25 febbraio 2010

you are beautiful


Arrivo dal blog di Sonialuna , alias mia cugina espatriata a Dublino ormai da anni e che, unica della cinquina ad avere bellissimi capelli rossi, già in Italia era già soprannominata " l' irlandese".
Ha trovato in giro per la sua città alcuni graffiti, che sono parte del meraviglioso progetto "YOU ARE BEAUTIFUL" , che ha lo scopo di diffondere nel mondo un messaggio positivo e di ... speranza? ... per quelle come me che avrebbero bisogno di ingoiare pasticche di autostima quotidianamente. O semplicemente perchè, senza arrivare a questi estremi, "sometimes we need to be reminded", come ha scritto mia cugina.
.
Chi, la mattina, correndo al lavoro, non proverebbe piacere nel leggere sul freddo e ferroso cestino della spazzatura un messaggio di questo tipo? La propria immagine riflessa nella vetrina accanto e un pensiero immediato: "Oh, sì. E' vero, I am beautiful."
E la metropolitana si prende con un altro spirito.
A Milano, sinceramente, non ho ancora trovato nè un adesivo, nè un graffito ( spero però di essere smentita perchè il pensiero che l' Italia sia sempre così indietro in queste cose mi infastidisce ).
Comunque, conto di cominciare io appiccicando stickers ovunque, non appena mi arriveranno quelli gratuiti che ho richiesto così .
Potete creare i vostri adesivi e inviarne le foto.
E se avete la fortuna di imbattervi in uno di questi messaggi potete fotografarli e spedirli qui .
Sul sito ci sono anche le immagini di meravigliose collaborazioni e istallazioni.
.
Beh, alzate lo sguardo, camminate a testa alta e ... fateci caso: Yes, YOU ARE BEAUTIFUL.
( Sì, siete molto belle. Anche se, come me, in treno vi accorgete che avete il biscotto di vostro figlio attaccato al cappotto. In fondo, sarebbe stato molto peggio averlo in faccia.)

martedì 16 febbraio 2010

l' amore ai tempi della scuola

Nella mia scuola delle superiori un gran bel muro - e un minuscolo corridoietto - separavano le sezioni del primo e secondo anno da quelle degli ultimi tre anni.

Fin dai primi giorni la cosa era stata chiara; persino sul piazzale davanti alla scuola la divisione era netta: da un lato giovani e spauriti "primini" e "secondini" che arrivavano dalla fermata del pullman portando enormi zainoni invicta e venivano a scuola con la tuta il giorno in cui c' era educazione fisica. Dall' altro, ragazze taccate che si facevano dare un passaggio sul vialone d' entrata da quelli dell' ultimo anno che già arrivavano in macchina.

Così - appunto perchè la divisione era così netta - il giorno di seconda superiore in cui il G., che frequentava la quarta, mi degnò di uno sguardo, fu memorabile. Non tanto per il suo gesto, quanto perchè io diventai rosso porpora ma un rosso porpora talmente settecentesco che la prof di arte voleva farmi un ritratto.

Pochi giorni dopo il G. bussò alla porta della mia classe e chiese al prof di religione ( merda! proprio in quell' ora doveva arrivare??? ) se "la Paola" poteva uscire un secondo.

Penso che degli sguardi così penetranti addosso non li abbia mai più sentiti. Io, timida come una cozza appena aperta, mi sono alzata e ho camminato con la testa piegata cercando di ignorare gli occhi fissi su di me. Cioè, o il mondo era impazzito e cominciava a girare al contrario oppure solo il G. era impazzito. Ho optato per quest' ultima ipotesi quando, rientrando in classe inseguita dalla prof di arte che continuava a supplicarmi di posare per un ritratto visto il mio colore sempre più intenso, le mie compagne di classe hanno iniziato a guardarmi con un odio tale che avrei voluto andare a seguire matematica nell' aula accanto ( e con questo ho detto tutto ). Il mondo stava girando sempre allo stesso modo.

Il G., quel giorno, era venuto a salutarmi perchè partiva per la gita. Quando tornò mi chiese di uscire, ci frequentammo per un mesetto e poi mi lasciò. Per la gioia delle mie perfide compagne di classe. Il mondo continuava a girare dalla stessa parte.

Io piansi sul letto di mia madre per un' ora intera. Poi mi ripresi, mi alzai e pensai che, in fondo, non era successo nulla di grave. E non lo chiamai mai più. Pensai di essere una figa. Una di quelle "donne" che gli uomini se li mangiano, insomma.

Pensai. Perchè quando mesi dopo, ormai in terza, O. - stesso anno mio - mi mollò per la sua compagna di classe tettona, cominciai a dubitare di essere una figa. Perchè caddi in uno stato di depressione tale che persino le poesie del Petrarca mi facevano piangere. Per non parlare del Decamerone. E - uuuuhhh - la Divina Commedia. Uno strazio. Odiavo Dante che amava Beatrice. E Paolo e Francesca, così lussuriosi.

La mia Smemo era ormai diventata alta 30 centimetri. Ci mettevo di tutto: ritagli di ogni sorta, sigarette spente da O. davanti alla fermata del pullman, lettere di legno, ciocche di capelli. E in mezzo a 'sto casino, scrivevo le mie pene d' amore. Le pagine che facevo erano diventate un po' una moda e le altre ragazze mi chiedevano di compilare le loro. Ma la loro era una vita piatta, senza sofferenze amorose. Così non mi divertivo molto.

I libri - che mia madre ancora oggi conserva in cantina - avevano "O" da tutte le parti. Contornate da margheritine ( sì, ero già conciata male ). Ci mancava poco che inserissi anche un "pop-up" con la foto di O. in mezzo a quello di storia e geografia.

Poi O. è stato dimenticato. L' ho rivisto poco dopo essermi sposata e mi sono detta che di uomini non capivo un' emerita fava di niente.

Così, come da "grande" ho rivisto F.B.

Grazie a lui, il fatto di andare in quella scuola mi era sembrato meno orribile. Io avrei voluto fare il liceo artistico, ma i miei genitori non hanno approvato. Nell' estate tra la seconda e la terza media, però, in vacanza con i miei a Ibiza ( a Ibiza con i mieiiii!!! ), loro avevano conosciuto la madre di questo F.B.

E io mi sono innamorata perdutamente di lui. Per anni, a metà esatta della Smemo ho nascosto la sua foto in costume.

Saputo che lui frequentava proprio quella scuola vicina a casa, ho pensato che non era poi così male. F.B. non mi ha mai cagato di striscio, nemmeno per quei 30 giorni in cui ero la prediletta di G. ( della quarta, eh? ).

Anni e anni dopo, alla 30ma settimana di gravidanza l' ho beccato in un locale dove ero andata a prendere un aperitivo. Ci ha pure provato. Volevo dirgli: "Ma brutto pirla, ti sono morta dietro per anni! Per anni!!! Avrei anche rinnegato G. per te! E O.! E ora ci provi mentre io ho un pancione che se ti tocco dentro cadi??? "

Invece non gli ho detto niente. Mi sono anche un po' lasciata corteggiare. Era la mia piccola rivincita. Mi ha definito il brutto anatroccolo che diventa cigno. Anche qui volevo dargli del brutto pirla. Ma ho continuato a farmi corteggiare. Finchè mio marito è arrivato e mi ha svegliata dal sogno.

L' amore ai tempi della scuola è bello. E' bello perchè è melodrammatico. E' bello perchè puoi scrivere sulla Smemo. Andare al parco d' estate a studiare e baciarti. Salire sul pullmann con lo zainone Invicta e scrivere con il pennarello indelebile "O. ti amerò per sempre", con il cuore alla fine.

"The best way to love people is not to need them. That's the purest love" ( Il modo migliore per amare qualcuno, è di non sentirne il bisogno. Questo è l' amore più puro ).

Io ho e ho sempre avuto bisogno delle persone che amo. Ma a me il mio amore sembra puro.

foto scattata al parco di Monza nel maggio del 1993 durante un pomeriggio di "studio" ( avevo 16 anni ). Notare la catenella all' ombelico, una tamarrata impressionante. E il bracciale rigido sul braccio?

Questa era l' estate in cui O. mi ha mollata per la tettona. Lo trovai veramente molto ingiusto. Avrò anche avuto poche tette, ma compensavo con catenella ( con il delfino attaccato a ciondolo ) e bracciale rigido.

lunedì 23 novembre 2009

adesso chiamo il Gabibbo

Quando ho scritto il post sulla mia frattura alla caviglia, erano gia' passati piu' di 1o giorni dall' accaduto ... non sapevo se pubblicare o no questo fatto, non tanto perche' me ne frega di dover passare da sfigata ( anzi, questa e' forse la cosa meno sfigata dei miei ultimi ... boh, 2/3 anni??? ), ma perche' non mi andava di amplificare la cosa, darle importanza ... insomma, volevo un po' esorcizzarla.
L' ho esorcizzata talmente tanto che il giorno seguente, dopo tentativi mantra/yoga/yan & yang, punto croce eccetera, non ce l' ho piu' fatta e sono ritornata in ambulatorio, la mitica "sala gessi".
Che fossero degli incompetenti l' avevo gia' capito quando ero arrivata al pronto soccorso e la gente entrava a uffo, senza un codice di priorita' ... vabbe'.
Alla mitica sala gessi, appunto, riferisco che ho un dolore ATROCE e che DEVONO farmi qualcosa, specificando che IO HO PARTORITO, quindi so BENISSIMO cosa significa il MALE VERO.
A parte che nella fretta mi sono infilata una maglia ( pesante ), ma senza il reggiseno e l' ortopedico probabilmente non ha mai visto un seno nudo, visto che la mia seconda taglia lo rapiva in quel modo.
Mi tolgono il gesso e - sorpresa delle sorprese - scoprono che quest' ultimo era messo male, che mi aveva escoriato la pelle e che avevo una bella infezioncina.
Non solo! Secondo l' arrapato i legamenti sono andati. Vabbe'. E due.
Comunque, essendo passati piu' di 15 giorni dall' accaduto, mi rifiuto categoricamente di rimettere il gesso ( visto come erano andate le cose ) e strappo la grazia di mettere "solo" un tutore per altri 15/20 ( boh, era un terno al lotto per l' ortopedico ), che scopro poi essere uno strumento infernale, che non solo sembra tirarmi i legamenti, ma tenta ( lo so, ne sono sicura!!! ) anche di rompermi le poche cose che non ho rotto in quella caviglia.
Me ne torno a casa e mi imbottisco di antinfiammatori, antidolorifici, immaginette, santini.
Ma dopo due giorni - cioe' ieri - la situazione non migliora.
Spedisco il Moschettiere in farmacia, ma torna a mani vuote. Nessuno da' piu' niente per niente.
Chiamiamo la guardia medica, in modo da poter ottenere una cavolo di ricetta. Niente. Il tenero medico di campagna guarda la mia caviglia come se fosse una protesi inviata sul pianeta Terra da qualche essere malefico e ci dice di andare all' ospedale perche' secondo lui la frattura non e' a posto. Mavaaaaa'??? Sono passati meno di 20 giorni, secondo te e' a posto???
Comunque, non sono riuscita a corromperlo e sono dovuta tornare dagli incompetenti, che questa volta hanno offerto uno spettacolo da record.
Entro e dico che ho un' infezione che non e' passata con gli antinfiammatori e che mi serve la ricetta per un antibiotico, se voglio evitare di operarmi ai legamenti indossando l' attrezzo infernale, alias, il tutore ( ormai siamo amici ... ).
" No, signora, bisogna rifare le lastre, per escludere qualsiasi cosa"
" Ma cosa? Se ho la caviglia rotta e i legamenti andati, cosa cavolo posso avere di piu'? "
Vabbe'. Facciamo 'ste lastre. E tre.
Arrivo dal radiologo e mi dice: " Allora, piede e clavicola"
" Scusi???"
"Ah, no, solo piede. La clavicola no. Si saranno sbagliati"
"Si', ma io non ho rotto il piede, ho rotto la caviglia"
"Ah. Allora mi faccia chiamare"

Torna e spiega che il medico e' stato irremovibile.
Mi fanno la lastra al piede. Raggi X presi a uffo.
Torno dal medico SUPPLICANDO di darmi la ricetta e di mandarmi finalmente a casa. Ma lui mi fa vedere una lastra sul computer del mio meraviglioso piedino "fotografato" dall' alto e ... "MIRACOLO!!! non ha piu' fratture!"
Ho pensato: "Adesso, GIURO, chiamo il Gabibbo. Qui. In diretta. Seduta stante. E' troppo divertente 'sta cosa"
Invece mi limito a dire" "Ok, mi da' la mia ricetta??? Grazie. Comunque io ho rotto la caviglia, non il piede. Grazie lo stesso."
Con l' aria di una che ha il ciclo. Che in effetti era anche cosi'. Tanto lo ha saputo tutto l' ospedale perche' prima di fare le lastre ho dovuto giurare di non essere incinta. E visto che il rincoglionito del radiologo mi guardava come per avere una conferma gli ho detto a voce alta che avevo il ciclo. E non solo. Avevo il ciclo, una caviglia rotta e le scatole girate. Dopo mi hanno fatto firmare il foglio per togliersi da ogni responsabilita'. Si', dopo.
Prima pero' stavo per gambizzarlo. Lui e i suoi amici.
Gabibbooooooooooooooooooooo???
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... che poi a me Striscia la Notizia proprio non piace.

giovedì 16 luglio 2009

mi sento una vecchia - ma almeno vestita bene


L' altra sera ero seduta sul treno del ritorno a casa.

Di fronte a me due ragazzine che credo non abbiano avuto più di tredici anni. Avevano addosso talmente tanti gioiellini colorati, rotondi, plasticosi, che sembravano dei negozi ambulanti di caramelle gommose.

Entrambe portavano quella nuova pettinatura con il ciuffo di traverso che copre tutta la fronte ma tipo sberla e avevano gli occhi truccati del colore che quando lavoravo in Ballantyne chiamavamo "eyeshadow", cioè "ombretto", perchè è quell' azzurro un po' pastelloso e madreperlato che ricorda proprio gli ombretti anni '50.
Magliettina aderente con scritta un po' art-decò, jeans strettissimi e ballerine.
Niente, le tipiche ragazze milanesi di adesso.
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Comunque, una dice: "Senti, ma ... domani che fai?"
L' altra: "La mattina dormo, al pome cazzeggio e la sera bordello"
Fin qui, niente di che. Ho capito il significato.
La prima riprende: "Ma l' hai più sentito XXX?"
L' altra:" Sì, ma non mi prende per un caxxo"
La prima:" Ma sì, che caxxo te ne fotte ... è un morto di figa"
!!!???!!!
Ma cosa vuol dire? Sono io che sono rimasta indietro o è normale non capire?
Istintivamente, ho guardato il signore che era seduto di fronte a me, che ha fatto anche lui la faccia di quello che non aveva capito niente. Peccato che lui avrà avuto almeno settant' anni ( e infatti non avrà capito nemmeno le prime due righe ).
Improvvisamente mi sono sentita vecchia.
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A parte che io ho avuto l' "autorizzazione" a dire parolacce quando ho compiuto diciottanni. Tutto in proporzione, perchè i buchi alle orecchie mi hanno permesso di farli a sedici ... poi mi sono lanciata, eh? Piercing, tatuaggio ... e basta, dai. Cose che non rifarei. Ma ormai ci sono.
Poi mio padre, se a tredici anni mi fossi presentata conciata in quel modo, mi avrebbe fatto rientrare in casa e cambiare. Mentre mia madre è sempre stata più sugli abbinamenti. Secondo lei già da adolescente avrei dovuto abbinare intimo e t-shirt, eventuali gioielli e camicetta. Che ansia.
Tant' è che una volta mi ha fatto fare una gran figura di merda in cortile con i miei amici. Lei era uscita e io mi ero vestita come volevo io, finalmente, anche per attirare l' attenzione del tipo che mi piaceva. Lei è arrivata e davanti a tutti mi ha detto: "Paola, ma come ti sei vestita? Non si abbinano MAI ( calcato con la voce ) fiori e righe".
Come se avessi combinato chissà cosa.
In effetti, però, fiori e righe ... ma io anticipavo la moda, visto che ora tutti lo fanno in sfilata, no?
Rientrata in casa mi ha fatto una romanzina sui colori, su quali stanno bene con cosa, ecc. ribadendo SEMPRE il concetto che "per ben apparire bisogna soffrire". E allora giù con le lezioni di camminata perchè secondo lei facevo i passi troppo lunghi ( e continuo a farlo ), con le spiegazioni su come ci si pettina, ci si depila, ci si fa la manicure ...
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Comunque, alla luce di tutto questo, sarò anche rimasta indietro col vocabolario, ma in quanto a vestiti, scarpe e cura del corpo, ho avuto una gran maestra.
E infatti le due tredicenni hanno guardato i miei sandali e mi hanno detto: "Fighe 'ste scarpe! Ma come fai a camminare con dei tacchi così alti???".
E io: "Beh, per ben apparire bisogna soffrire, ragazze. Ricordatevelo sempre. Io alla vostra età magari mi vestivo ancora da Prenatal, ma portavo già delle grandi scarpe."
E me ne sono scesa dal treno ridendo e pensando che in realtà a tredici anni passavo le sere a ballare davanti allo specchio sognando di portare i tacchi di mia madre, di ingioiellarmi tutta e di vestirmi come Audrey Hepburn ( si, di già ).
Mentre loro la sera si vestono da negozi ambulanti di caramelle gommose e fanno "bordello" ( però non con i "morti di figa", eh? ).
nella foto: le scarpe del treno ...