martedì 9 aprile 2013
martedì 24 aprile 2012
Rosso [ma con i bottoncini dorati]
Pubblicato da PaolaFrancy h 08:24 Etichette: poca spesa tanta resa, rosso/red, something stylish, tempi moderni, volants
domenica 8 aprile 2012
Ritratto di signora
Dopo Pechino, Mosca, operazione al ginocchio e rientro pieno di amici, io e il Moschettiere ci stiamo godendo una tranquilla Pasqua di giardinaggio, letture al sole e preparazione al ritorno del piccolo Francesco e all' arrivo degli amici.
Questa mattina cazzeggiavo su Pinterest e qualche immagine mi ha ricordato la Pasqua di quando ero piccola. Non era una vera Pasqua se mia zia non cucinava il capretto al forno e mio zio non mi diceva, sapendo di farmi arrabbiare, che il mio seno non era cresciuto rispetto all' anno prima.
Le cose sono cambiate tanto per la nostra famiglia (a parte le mie tette). Siamo dislocati in vari punti dell' Italia e dell' Europa, due cugine su cinque sono state sposate e sono separate, tre convivono. Anzi, quattro. Mio padre e mio zio non ci sono più, ma sono arrivati dei nipoti e uno arriverà quest' estate.
Mia madre è sempre la solita, in compenso.
Continua a dire che, pur essendo nata in un paese di montagna, non potrebbe mai lasciare il suo appartamento di città. Ma quando viene a trovarci in campagna ci sentiamo presi in giro perché sembra proprio che invece sia anche lei una vera ragazza di campagna.
Esce sempre vestita in modo impeccabile ma non la disturba lavorare con giaccone e stivali di gomma.
Poi lei riesce a dimenticare e mettere da parte tutto quello che non le serve più, anche se le piace ancora. Io tendo a regalare chances. A persone, scarpe, borse, vestiti.
Proprio oggi ho avuto l' idea di organizzare una garage sale con gli abitanti della mia collina. Ma l' ho subito abbandonata. Non me la sento ancora di lasciare che siano altre donne a dare una nuova possibilità ai miei vecchi vestiti. E alle mie adorate vecchie scarpe.
Non per niente, in questi giorni post-operazione in cui non posso camminare - tanto meno portare tacchi - ho tirato fuori le mie vecchie Stan Smith verdi dei tempi delle superiori. Si sono logorate in un modo cosí perfetto che mai e poi mai avrei potuto vederle su una bancarella alla mercé di tutti.
Potrei però organizzare la garage sale e non esporre nulla...solo comprare. Mi pare un' ottima idea. L' inverno prossimo potrei vagare per le colline indossando il cappottino con il collo di pelo della vecchietta che abita di fronte. Il Moschettiere ne è già stato informato.
Pubblicato da PaolaFrancy h 15:59 Etichette: countrylife, family and friends, il Moschettiere, la mia mamma, le feste, Pasqua, per ben apparire bisogna soffrire, questa sono io, sneakers, tempi moderni, vintage
martedì 19 luglio 2011
I dialoghi della camera da letto
Pubblicato da PaolaFrancy h 08:56 Etichette: fatti della vita, il mio uomo ideale, il Moschettiere, tacchi 12, tempi moderni
mercoledì 8 settembre 2010
evet, hayir
La prossima settimana, alla fine del Bairam ( la festa che segue il Ramadan ), ci sarà un referendum realmente importante per la storia della Turchia, ma anche quella di tutti i paesi del Medio Oriente - e quindi anche per noi.
Nel 1923 Mustafa Kemal Ataturk fondò la Repubblica Turca, laicizzando lo stato, proibendo l' uso del Fez, riconoscendo la parità dei sessi, adottando l' alfabeto latino. Insomma, improntò il tutto basandosi su un modello di stampo occidentalista.
Purtroppo non ho avuto la possibilità di informarmi molto bene su questo personaggio e quello che so, l' ho appreso da qualche veloce lettura, ma soprattutto, parlando con gli amici turchi. C' è chi dice che Ataturk sia stato lungimirante, avendo creato una costituzione molto moderna e che il suo modo di agire avesse come fine la sicurezza e la stabilità dello Stato. C' è chi lo vede come un dittatore, avendo lui creato un sistema autoritario, basato sul governo unico.
Pubblicato da PaolaFrancy h 11:44 Etichette: i turchi, il Moschettiere, Istanbul, tempi moderni, travelling
venerdì 3 settembre 2010
sogno un mondo senza soldi
Pubblicato da PaolaFrancy h 15:29 Etichette: dreams, il mio comunismo, la mia mamma, questa sono io, tacchi 12, tempi moderni
mercoledì 28 luglio 2010
Ma noi ... siamo le scarpe che mettiamo???

foto: scarpe acquistate quando avevo diciott' anni ( 1995 ), al mercatino di P.le Lagosta, a Milano. Le avevo pagate 8,000 lire. 8,000 lire spese molto bene ( anche se dopo aver scattato la foto ho notato che si sono leggermente rovinate - dopo soli 15 anni. le porto subito in clinica ).
Pubblicato da PaolaFrancy h 09:22 Etichette: la gente, per ben apparire bisogna soffrire, poca spesa tanta resa, questa sono io, tacchi 12, tempi moderni, vintage
martedì 22 giugno 2010
la separazione nella nostra vita di tutti i giorni. e nei pensieri degli altri.
Quando ci si separa si ha spesso la mente offuscata dalla rabbia e dal rancore. L' unica cosa che fa rinsavire è il pensiero dei propri figli, se questi ci sono. A volte è proprio questo pensiero che non fa trovare il cancello d' uscita dal labirinto dei pensieri autodistruttivi.
I sensi di colpa, la preoccupazione per quello che sarà il domani e la tristezza infinita per il fallimento non permettono di dormire, di ragionare, di lavorare.
Quando passa l' uragano dei conflitti che, purtroppo, troppo spesso si svolgono tramite avvocati, prendono il via i cambiamenti pratici nel quotidiano. Ritrovarsi soli in una casa che fino a poco tempo prima aveva visto solo momenti piacevoli - ma anche no - e la nascita di un figlio ( o più ) è devastante. Sapere che Lui è via. E non importa se fino a quel momento era ciò che avevi desiderato. Crescere un figlio in un momento in cui avresti solo voglia di rannicchiarti in un angolino e piangere. Vedere che tuo figlio ha 40 di febbre e renderti conto che non puoi più chiedere conforto e appoggio a Lui. E poi lo fai lo stesso. Perchè da sola non reggi, la sera tardi, quando la febbre non vuole scendere. Battere i pugni contro il muro perchè sai che nella vita di tuo figlio ci sarà un' altra donna ( che non sarà sua moglie ). Aprire le bollette e voler piangere in ascensore urlando. Desiderare di buttare dal balcone tutti i debiti: avvocato, mutuo, luce, gas, macchina. Non avere i soldi per fare la spesa. Non accendere il riscaldamento quando tuo figlio dorme da suo padre. E, colmo dei colmi, usare per scaldarti la coperta di cashmere che ti hanno regalato per il matrimonio.
Tante volte mi sono chiesta come ha affrontato Lui i primi momenti. Non si poteva parlare in quel periodo, non era nemmeno lontanamente pensabile un possibile dialogo. In quei giorni pensavo spesso che fino a poco tempo prima con quell' uomo avevo dormito per anni e anni. Avrei voluto - nella mia mente utopica - sedermi con lui a parlare della nostra sofferenza. Forse per soffrire di più. Forse di meno. Anche ora lo vorrei. E gliel' ho detto.
In una società in cui le separazioni sono all' ordine del giorno e in cui ovunque vada incontri persone separate - o divorziate - non è così scontato nella vita di tutti i giorni essere capiti. Sabato sera, per esempio, io e il Moschettiere eravamo alla serata di gala dello Squadrone Italiano dei "Mousquetaires d' Armagnac", appunto. E al tavolo eravamo: tre coppie formate da persone entrambe separate/divorziate - anche pluri, un amico pluriseparato, una coppia che resiste insieme da molti anni, per fortuna, ma con un figlio separato.
Questo è solo un esempio. Quotidianamente incontro persone separate o divorziate, soprattutto nel mio ambiente di lavoro. A volte è quasi scontato. Eppure mi sento spesso fuori luogo o giudicata. O meglio, non è una mia sensazione: vengo spesso giudicata. E la cosa che mi fa più male è che si pensa che una donna separata sia "protetta" dal fatto di avere uno o più figli e si faccia forte di questo, pretendendo di essere mantenuta. Non è sempre così. Io ricevo un mantenimento per mio figlio. Ma tutti sanno quanto costi ora mantenere un bambino, dalle piccole cose all' asilo. Dai giochi che chiede ( e che non gli darei in abbondanza nemmeno se fossi ricca, per principio ) ai vestiti.
Il fatto che io abbia un compagno, poi, non fa che allargare a dismisura il pensiero dei giudicanti. Come se la maggiore aspirazione di una donna fosse quella di essere mantenuta. E non di farcela da sola.
Mi ferisce la concezione ancora così retrò, semplicistica e spesso scontata della donna vista come una che ha acquisito talmente tanta libertà da potersi separare ( cosa che fino a pochi decenni fa era pensabile solo nelle alte sfere ), ma che non può però riuscire a gestire la sua vita da sola. Senza avere per forza un uomo che la mantenga. Non che le voglia bene, che le faccia ritrovare la serenità, che la aiuti nel quotidiano, che accetti suo figlio. No. Che la mantenga.
Pubblicato da PaolaFrancy h 17:27 Etichette: cattiverie, dai che ce la fai, il Moschettiere, il papà di Francesco, la gente, Les Mousquetaires, pensieri autodistruttivi, questa sono io, tempi moderni
giovedì 25 febbraio 2010
you are beautiful
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Pubblicato da PaolaFrancy h 09:17 Etichette: dai che ce la fai, family and friends, la gente, messages, storie di blog, tempi moderni
martedì 16 febbraio 2010
l' amore ai tempi della scuola
Fin dai primi giorni la cosa era stata chiara; persino sul piazzale davanti alla scuola la divisione era netta: da un lato giovani e spauriti "primini" e "secondini" che arrivavano dalla fermata del pullman portando enormi zainoni invicta e venivano a scuola con la tuta il giorno in cui c' era educazione fisica. Dall' altro, ragazze taccate che si facevano dare un passaggio sul vialone d' entrata da quelli dell' ultimo anno che già arrivavano in macchina.
Così - appunto perchè la divisione era così netta - il giorno di seconda superiore in cui il G., che frequentava la quarta, mi degnò di uno sguardo, fu memorabile. Non tanto per il suo gesto, quanto perchè io diventai rosso porpora ma un rosso porpora talmente settecentesco che la prof di arte voleva farmi un ritratto.
Pochi giorni dopo il G. bussò alla porta della mia classe e chiese al prof di religione ( merda! proprio in quell' ora doveva arrivare??? ) se "la Paola" poteva uscire un secondo.
Penso che degli sguardi così penetranti addosso non li abbia mai più sentiti. Io, timida come una cozza appena aperta, mi sono alzata e ho camminato con la testa piegata cercando di ignorare gli occhi fissi su di me. Cioè, o il mondo era impazzito e cominciava a girare al contrario oppure solo il G. era impazzito. Ho optato per quest' ultima ipotesi quando, rientrando in classe inseguita dalla prof di arte che continuava a supplicarmi di posare per un ritratto visto il mio colore sempre più intenso, le mie compagne di classe hanno iniziato a guardarmi con un odio tale che avrei voluto andare a seguire matematica nell' aula accanto ( e con questo ho detto tutto ). Il mondo stava girando sempre allo stesso modo.
Il G., quel giorno, era venuto a salutarmi perchè partiva per la gita. Quando tornò mi chiese di uscire, ci frequentammo per un mesetto e poi mi lasciò. Per la gioia delle mie perfide compagne di classe. Il mondo continuava a girare dalla stessa parte.
Io piansi sul letto di mia madre per un' ora intera. Poi mi ripresi, mi alzai e pensai che, in fondo, non era successo nulla di grave. E non lo chiamai mai più. Pensai di essere una figa. Una di quelle "donne" che gli uomini se li mangiano, insomma.
Pensai. Perchè quando mesi dopo, ormai in terza, O. - stesso anno mio - mi mollò per la sua compagna di classe tettona, cominciai a dubitare di essere una figa. Perchè caddi in uno stato di depressione tale che persino le poesie del Petrarca mi facevano piangere. Per non parlare del Decamerone. E - uuuuhhh - la Divina Commedia. Uno strazio. Odiavo Dante che amava Beatrice. E Paolo e Francesca, così lussuriosi.
La mia Smemo era ormai diventata alta 30 centimetri. Ci mettevo di tutto: ritagli di ogni sorta, sigarette spente da O. davanti alla fermata del pullman, lettere di legno, ciocche di capelli. E in mezzo a 'sto casino, scrivevo le mie pene d' amore. Le pagine che facevo erano diventate un po' una moda e le altre ragazze mi chiedevano di compilare le loro. Ma la loro era una vita piatta, senza sofferenze amorose. Così non mi divertivo molto.
I libri - che mia madre ancora oggi conserva in cantina - avevano "O" da tutte le parti. Contornate da margheritine ( sì, ero già conciata male ). Ci mancava poco che inserissi anche un "pop-up" con la foto di O. in mezzo a quello di storia e geografia.
Poi O. è stato dimenticato. L' ho rivisto poco dopo essermi sposata e mi sono detta che di uomini non capivo un' emerita fava di niente.
Così, come da "grande" ho rivisto F.B.
Grazie a lui, il fatto di andare in quella scuola mi era sembrato meno orribile. Io avrei voluto fare il liceo artistico, ma i miei genitori non hanno approvato. Nell' estate tra la seconda e la terza media, però, in vacanza con i miei a Ibiza ( a Ibiza con i mieiiii!!! ), loro avevano conosciuto la madre di questo F.B.
E io mi sono innamorata perdutamente di lui. Per anni, a metà esatta della Smemo ho nascosto la sua foto in costume.
Saputo che lui frequentava proprio quella scuola vicina a casa, ho pensato che non era poi così male. F.B. non mi ha mai cagato di striscio, nemmeno per quei 30 giorni in cui ero la prediletta di G. ( della quarta, eh? ).
Anni e anni dopo, alla 30ma settimana di gravidanza l' ho beccato in un locale dove ero andata a prendere un aperitivo. Ci ha pure provato. Volevo dirgli: "Ma brutto pirla, ti sono morta dietro per anni! Per anni!!! Avrei anche rinnegato G. per te! E O.! E ora ci provi mentre io ho un pancione che se ti tocco dentro cadi??? "
Invece non gli ho detto niente. Mi sono anche un po' lasciata corteggiare. Era la mia piccola rivincita. Mi ha definito il brutto anatroccolo che diventa cigno. Anche qui volevo dargli del brutto pirla. Ma ho continuato a farmi corteggiare. Finchè mio marito è arrivato e mi ha svegliata dal sogno.
L' amore ai tempi della scuola è bello. E' bello perchè è melodrammatico. E' bello perchè puoi scrivere sulla Smemo. Andare al parco d' estate a studiare e baciarti. Salire sul pullmann con lo zainone Invicta e scrivere con il pennarello indelebile "O. ti amerò per sempre", con il cuore alla fine.
"The best way to love people is not to need them. That's the purest love" ( Il modo migliore per amare qualcuno, è di non sentirne il bisogno. Questo è l' amore più puro ).
Io ho e ho sempre avuto bisogno delle persone che amo. Ma a me il mio amore sembra puro.
foto scattata al parco di Monza nel maggio del 1993 durante un pomeriggio di "studio" ( avevo 16 anni ). Notare la catenella all' ombelico, una tamarrata impressionante. E il bracciale rigido sul braccio?
Questa era l' estate in cui O. mi ha mollata per la tettona. Lo trovai veramente molto ingiusto. Avrò anche avuto poche tette, ma compensavo con catenella ( con il delfino attaccato a ciondolo ) e bracciale rigido.
Pubblicato da PaolaFrancy h 11:28 Etichette: anni '90, fatti della vita, il cuore, il mio uomo ideale, le mie radici, men's, pance, questa sono io, tempi moderni, vintage
lunedì 23 novembre 2009
adesso chiamo il Gabibbo
L' ho esorcizzata talmente tanto che il giorno seguente, dopo tentativi mantra/yoga/yan & yang, punto croce eccetera, non ce l' ho piu' fatta e sono ritornata in ambulatorio, la mitica "sala gessi".
Che fossero degli incompetenti l' avevo gia' capito quando ero arrivata al pronto soccorso e la gente entrava a uffo, senza un codice di priorita' ... vabbe'.
Alla mitica sala gessi, appunto, riferisco che ho un dolore ATROCE e che DEVONO farmi qualcosa, specificando che IO HO PARTORITO, quindi so BENISSIMO cosa significa il MALE VERO.
A parte che nella fretta mi sono infilata una maglia ( pesante ), ma senza il reggiseno e l' ortopedico probabilmente non ha mai visto un seno nudo, visto che la mia seconda taglia lo rapiva in quel modo.
Non solo! Secondo l' arrapato i legamenti sono andati. Vabbe'. E due.
Comunque, essendo passati piu' di 15 giorni dall' accaduto, mi rifiuto categoricamente di rimettere il gesso ( visto come erano andate le cose ) e strappo la grazia di mettere "solo" un tutore per altri 15/20 ( boh, era un terno al lotto per l' ortopedico ), che scopro poi essere uno strumento infernale, che non solo sembra tirarmi i legamenti, ma tenta ( lo so, ne sono sicura!!! ) anche di rompermi le poche cose che non ho rotto in quella caviglia.
Me ne torno a casa e mi imbottisco di antinfiammatori, antidolorifici, immaginette, santini.
Ma dopo due giorni - cioe' ieri - la situazione non migliora.
Spedisco il Moschettiere in farmacia, ma torna a mani vuote. Nessuno da' piu' niente per niente.
Chiamiamo la guardia medica, in modo da poter ottenere una cavolo di ricetta. Niente. Il tenero medico di campagna guarda la mia caviglia come se fosse una protesi inviata sul pianeta Terra da qualche essere malefico e ci dice di andare all' ospedale perche' secondo lui la frattura non e' a posto. Mavaaaaa'??? Sono passati meno di 20 giorni, secondo te e' a posto???
Comunque, non sono riuscita a corromperlo e sono dovuta tornare dagli incompetenti, che questa volta hanno offerto uno spettacolo da record.
Entro e dico che ho un' infezione che non e' passata con gli antinfiammatori e che mi serve la ricetta per un antibiotico, se voglio evitare di operarmi ai legamenti indossando l' attrezzo infernale, alias, il tutore ( ormai siamo amici ... ).
" No, signora, bisogna rifare le lastre, per escludere qualsiasi cosa"
" Ma cosa? Se ho la caviglia rotta e i legamenti andati, cosa cavolo posso avere di piu'? "
Vabbe'. Facciamo 'ste lastre. E tre.
Arrivo dal radiologo e mi dice: " Allora, piede e clavicola"
" Scusi???"
"Ah, no, solo piede. La clavicola no. Si saranno sbagliati"
"Si', ma io non ho rotto il piede, ho rotto la caviglia"
"Ah. Allora mi faccia chiamare"
Torna e spiega che il medico e' stato irremovibile.
Mi fanno la lastra al piede. Raggi X presi a uffo.
Torno dal medico SUPPLICANDO di darmi la ricetta e di mandarmi finalmente a casa. Ma lui mi fa vedere una lastra sul computer del mio meraviglioso piedino "fotografato" dall' alto e ... "MIRACOLO!!! non ha piu' fratture!"
Ho pensato: "Adesso, GIURO, chiamo il Gabibbo. Qui. In diretta. Seduta stante. E' troppo divertente 'sta cosa"
Invece mi limito a dire" "Ok, mi da' la mia ricetta??? Grazie. Comunque io ho rotto la caviglia, non il piede. Grazie lo stesso."
Con l' aria di una che ha il ciclo. Che in effetti era anche cosi'. Tanto lo ha saputo tutto l' ospedale perche' prima di fare le lastre ho dovuto giurare di non essere incinta. E visto che il rincoglionito del radiologo mi guardava come per avere una conferma gli ho detto a voce alta che avevo il ciclo. E non solo. Avevo il ciclo, una caviglia rotta e le scatole girate. Dopo mi hanno fatto firmare il foglio per togliersi da ogni responsabilita'. Si', dopo.
Pubblicato da PaolaFrancy h 12:46 Etichette: countrylife, fatti della vita, fratture rotture, il Moschettiere, per ben apparire bisogna soffrire, punto croce, questa sono io, tempi moderni, yoga
giovedì 16 luglio 2009
mi sento una vecchia - ma almeno vestita bene
Pubblicato da PaolaFrancy h 20:51 Etichette: audrey, fatti della vita, la gente, la mia mamma, le mie radici, per ben apparire bisogna soffrire, questa sono io, tacchi 12, tempi moderni