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martedì 9 dicembre 2014

Trentasette

Ieri è stato il mio compleanno. Trentasette non sono pochi e sono comunque abbastanza per aver capito come vivere di passioni e, soprattutto, come usarle per ricucirsi le ferite. 
Sono sempre stata decisamente determinata nel rincorrere i miei ideali e nel dimostrare le mie teorie; posso parlare per ore ed ore di un argomento che mi interessa e credo che le persone che mi circondano sappiano a memoria quali sono i miei gusti.
Non so se il dubbio di non essere ascoltata mi passerà mai, quel che è certo è che qualcuno quest'anno lo ha fatto e mi ha accontentato regalandomi oggetti e strumenti legati alla mia più grande passione. 

Sono finalmente riuscire a catalogare parte dei miei libri di giardinaggio e botanica suddividendoli in gruppi per poi sedermi lì davanti e ammirare il risultato ben esposto nella mia nuova libreria (che poi sarebbe un porta vasi da esterno).

Non ho soffiato sulle candeline, ma ho guardato quel biondo del mio bambino giocare un torneo di calcio. E ho letto piangendo il biglietto di una mia amica carissima che quest'anno ha compiuto sette anni.
Ho consegnato ai partecipanti della festa a sorpresa organizzata dal Moschettiere in mio onore (avvisandomi, però, in modo che non fossi troppo sorpresa :D) i loro regali di Natale e, Dio come mi piace farlo! A me piace proprio guardare gli altri quando scartano il mio regalo, cosa posso farci.

E a proposito di Natale, qui ho scritto qualche piccola idea su cosa regalare ad un bambino che sogna di diventare giardiniere. O alla sua mamma. O ad una madre come me, che sogna in "giardinese" anche per suo figlio.

lunedì 30 dicembre 2013

Io ho.

Mai come in questo anno mi sono sentita infinitamente felice di non avere piú vicino alcune persone. A prescindere dal male che possono avermi fatto, sono contenta di aver capito certi passaggi, di avere imparato ad andare oltre le semplici apparenze.
Forse, se qualche anno (o mese fa) fossi stata la Paola che sono ora non avrei risparmiato delle parole seduta in quel bar con di fronte una ragazzina che mi stava mancando di rispetto. E magari non avrei nemmeno risposto a quell'email gentile ed educata in cui qualcuno sputava sentenze su qualcosa di infondato. Ed è ancora piú probabile che non avrei mai e poi mai appagato la curiosità di qualche povero pirla parlando di quello che mi stava succedendo dentro.
Vabbè, ormai è fatta. Ormai io sono io. E questo anno in cui ho preso il coraggio di mantenere le distanze non tanto dalle persone (adesso scelgo chi mi sta vicino) ma dai pensieri, è andato.
Mi luccica un dito ma anche il cuore, ho un bambino che suona il pianoforte, l'oceano nell'anima e nei progetti futuri. 

venerdì 14 giugno 2013

Una giornata intensa, molto intensa

Ieri mattina ho dato l'esame finale del corso di progettazione del verde. È stata un'enorme soddisfazione, un po' perché è stato il risultato di un anno di lavoro, un po' perché mi è stato detto che il mio progetto aveva una bella impronta personale, in cui il mio approccio al colore traspariva molto. E a me piace quando gli altri capiscono l'importanza che ha il colore per me.


Poi sono passata a prendere mia madre e abbiamo pranzato insieme. Nonostante le sue chicche mi abbiano fatto come sempre sorridere (e decisamente vergognare), quando penso ai momenti che trascorro con lei li trovo preziosi. Preziosi davvero.

Mentre lei, seduta sulla panchina all'ombra in un parchetto di Milano, guardava inorridita lo spettacolo di un signore che sfoggiava i suoi attributi girovagando tra i vialetti, io ho affrontato un colloquio che si è rivelato decisamente impegnativo.

E poi l'ho accompagnata in stazione e lì ho trovato un'amica. Abbiamo fatto una passeggiata fino al posto in cui abbiamo ascoltato il discorso di una persona che volevo incontrare da tempo. Mario Calabresi mi ha regalato ancora speranza, come quel giorno in cui ho letto uno dei suoi libri tutto d'un fiato, con l'adrenalina in corpo, la pelle d'oca e, soprattutto, la voglia di alzarmi e correre come una matta verso i miei sogni.

La sera, tornata a casa, non sono riuscita a dormire subito. Ho letto qualcosa della persona che considero la mia maestra in giardino, Vita Sackville West. E ho sognato fiori, fiori e ancora fiori. 

lunedì 27 agosto 2012

Agosto (magia di)

La parola d' ordine di questo agosto è stata "MAGIA".
La magia dei saltimbanchi sulla collina, delle lucine attaccate all' albero dei cachi, dei peperoncini rossissimi - abbinati alle espadrillas a righe di Francesco, della marmellata fatta con le nostre albicocche, della sera - prima del tramonto - davanti alle colline, di come la carta e la colla possano formare delle buste porta-caramelle ma anche di come un insetto possa convivere con una pianta grassa appeso al lampadario della veranda.
Dell' amicizia di tre bambini che hanno condiviso colazioni, pranzi, cene, letti, salti, palloni, corse, letture sui ragni e insetti del mondo, il film di Harry Potter prima di andare a dormire. E non hanno mai litigato.


p.s. quando Francesco è partito per il mare con il suo papà, io e il Moschettiere siamo partiti per un giro delle Alpi - dalla Slovenia alla Francia passando per Austria, Alto Adige, Dolomiti, Svizzera.
Vorrei raccontarvi presto di queste Stylish Alps, alla mia maniera.

giovedì 19 luglio 2012

Ieri sera. E stanotte.

Ieri sera, dopo doccia e cena, ero tutta profumata e spalmata sul divano con Francesco. Giocavamo a "trova le differenze" speluccando due vignette in cui Winnie de Pooh e Tigro saltellavano felici.
Questo fino a quando il Moschettiere, al rientro dal suo "giro animali", mi chiedeva di aiutarlo a mettere Geranio in macchina e a portarlo dal veterinario. Secondo lui non avrebbe superato la notte.

Mi sono cambiata, ho legato i capelli profumati di shampoo, ho affidato Francesco alla nonna e accompagnato il Moschettiere da un nuovo veterinario che ci è stato segnalato come esperto di ovini e caprini.
Belloccio, il tipo - anche se un po' bassino. Peccato che l' ambulatorio fosse sporco da dare la nausea e che lui puzzasse più di Geranio (a detta del Moschettiere, che gli si è avvicinato più di me).
Mentre loro due incaprettavano l' agnello, lo anestetizzavano (il Moschettiere ha dato 42 esami di veterinaria, ma questa è un' altra storia) e gli tagliavano ulteriormente la gola per capire i danni che i denti di Tosca avevano fatto all' interno, io sentivo di essere sul punto di svenire. Non so se perché a 50 cm da me c' era il collo squartato di una pecora (con tanto di vene, legamenti, nervi belli in vista) o se per l' insieme di sporco, puzza, sangue.
Purtroppo non è servito a nulla sedermi su una sedia. Ho davvero temuto di cadere spiaccicata su quel pavimento pieno di peli (di cui alcuni sporchi di sangue), insetti e terra. Così ho chiesto aiuto e una signora - credo parente del veterinario - mi ha portato fino al bagno, in un percorso che comprendeva il passaggio accanto ad un barbeque dove stavano cuocendo le salamelle e ad una serie di stalle o non so cosa che emanavano un odore insopportabile (soprattutto se si sta procedendo senza vedere nulla  e con terribili conati di vomito per la pressione bassa).
Alla fine me la sono cavata. Ho cominciato a sentirmi meglio.
Seduta sui gradini di quella casa, con le gambe ancora tremanti per lo sbalzo di pressione, ho pensato di essere una donna davvero molto singolare. Non tanto per aver lasciato con convinzione un appartamento di città climatizzato e completo di ogni comodità, ma per aver abbracciato con ancora più convinzione la vita di campagna e tutto quello che ne consegue (che non significa avere una casa in campagna in cui trascorrere i week-end, ma qualcosa di ben più profondo).

Al ritorno, in macchina, con Geranio che belava al Moschettiere, lui mi teneva la mano. A volte crede che certe cose siano scontate, altre volte so che si rende conto di tutto.
E poi stanotte. Stanotte è nato un bambino. Sono felice. Sono felice. Sono felice.
Non so quali cambiamenti ci saranno nell' immediato per tutti noi, ma so che mio figlio non sarà mai solo. Lo considero un grande, enorme regalo per lui, ma anche per me.
E in questi giorni in cui, ancora sopraffatta dai romanzi di Rebecca West, mi scopro a pensare alle cose con parole obsolete ed eleganti, rido tra me e me e sogno le frasi giuste per accogliere questo bambino che, insieme a suo fratello, è il giocatore più importante della nostra grande squadra.

lunedì 9 luglio 2012

Abbiamo compiuto sei anni. E abbiamo fatto una grande festa.

Sabato abbiamo compiuto sei anni e abbiamo organizzato una grande festa portando inviti a forma di ghiacciolo. 
Il Moschettiere ha preparato un gelato in quattro gusti che gli è valso l' applauso dei 50 ospiti presenti (tra bambini e adulti), ma anche un tiramisù nel quale abbiamo fatto sprofondare le candeline da soffiare.
Io ho appeso ghiarlande e apparecchiato la tavola con i colori dell' arcobaleno e mazzi di margherite, Achillea millefolium e ortensie Annabelle.
E' sempre così, lui pensa al lato pratico, io a quello estetico.

Beh, c' erano proprio tutti (anche chi abita ancora nella pancia della sua mamma).
E tutti erano felici (e tanto stanchi da piangere accovacciati sul divano in veranda, quando è finita la festa).







giovedì 14 giugno 2012

Lascia che gli alisei riempiano le tue vele

"Tra vent' anni sarai più deluso dalle cose che non hai fatto, che da quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia i porti sicuri. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna." 

Mark Twain
da "Cosa tiene accese le stelle", di M. Calabresi.

Ho letto questo libro in un giorno, con la schiena piena di brividi un po' per l' emozione che mi danno sempre i ricordi raccontati e un po' perché in tante frasi - come quella sopra - mi sono riconosciuta. Io, ossimoro vivente: nostalgica del passato e programmatrice di sogni.
Sono nata dopo 17 anni di un matrimonio felice, quando i miei genitori erano più che convinti di non poter avere figli e avevano improntato la loro vita a due, sommersi da vari interessi come il teatro, le uscite con gli amici e, soprattutto, i viaggi.
Essendo nata così tardi, quando i figli degli amici dei miei genitori erano già grandi, sono diventata presto la mascotte del gruppo e sono stata cresciuta da tante zie (in realtà amiche di mia mamma) che hanno riscoperto con me la gioia di riavere un piccolo cucciolo per casa. 
Durante la mia infanzia giocavo tutti i giorni in un cortile con almeno una quindicina di bambini e mia nonna Cecilia mi preparava pane, burro e zucchero per merenda. Di lei mi ricordo gli gnocchi che faceva la domenica, le urla dietro ai bambini che tiravano la palla contro la finestra e la merenda, appunto. Suo marito Andrea è morto prima che nascessi, lei quando avevo 13 anni. 
La nonna Luigina e il nonno Francesco abitavano nel paese di nascita di mia mamma, a due ore di distanza da Milano. Lui è morto quando avevo 6 anni, lei quando ero un po' più grande ma non abbastanza per ricordarmi poche cose di lei (quella più impressa nella mente è il profumo del suo bagnoschiuma, alle rose).
Forse sarebbero morti comunque prima che io diventassi grande, ma di sicuro il fatto di essere nata "tardi" ha contribuito a farmeli vivere poco.
Io mi ricordo, quando ero piccola e guardavo e riguardavo le foto, che mia madre mi raccontava solo sommariamente della sua famiglia: tante cose non le ricordava. E a me questo è mancato. Avrei voluto sapere di più di loro, cosa facevano durante il giorno, quali erano i loro piatti preferiti, come si vestivano, come erano il giorno del loro matrimonio. 
Forse è per questo che amo i libri che raccontano saghe familiari. E forse è per questo che ho deciso di lasciare questo diario a mio figlio. 
Magari crescerà come sua nonna, con la testa sempre avanti a guardare il futuro. 
Ma se sarà come sua madre, che ogni tanto si gira e cerca tracce e conferme del suo passato, ecco, allora gli sarà utile e lo apprezzerà. Nel dubbio, io scrivo.

E se tra vent' anni leggerà queste parole - scritte una mattina di giugno dopo aver letto voracemente il libro di M. Calabresi - forse avrà un motivo in più per lasciare gli ormeggi, esplorare e sognare (anche se spero che a quell' epoca lo avrà già fatto. Esattamente come sua madre - quella gran nostalgica sognatrice di sua madre).

domenica 3 giugno 2012

Essere amici in campagna

Essere amici in campagna vuol dire potersi dare appuntamento in un prato, rincorrere le oche, dare insieme l' erba alle pecore.
Essere amici in campagna vuol dire giocare a pallone senza i limiti di un muro di case, regalare una margherita ad una bambina ma poi snobbarla per andare a fare la pipì contro un albero insieme a tutti i maschi.
Essere amici in campagna vuol dire montare le tende e chiacchierare lì dentro fino a notte fonda, anche se il giorno dopo c' è il torneo di calcio.
Essere amici in campagna vuol dire svegliarsi per guardare due mongolfiere che passano, bere un bicchiere di latte seduti su una coperta buttata sull' erba.
Essere amici in campagna vuol dire sapere che i fiori, gli alberi, gli insetti, i frutti sono preziosi come sono preziosi i bambini. E gli amici.




venerdì 4 maggio 2012

Francesco e Istanbul, la loro prima volta.

Era come se si fossero già visti. Ma finalmente si sono abbracciati.
Francesco (che non vuole mai farsi fotografare) e Istanbul (o meglio, solo un piccolo piccolissimo scorcio):







Presto pubblicherò le foto dell' appartamento in cui siamo stati. Perché io credo fermamente che questa città debba essere vista da chiunque e che il modo migliore per farlo sia assaporarla dalle finestre di una vecchia casa.
 
p.s. questo viaggio è stato il mio primo grande regalo a mia madre. Il fatto che ci fosse anche Francesco, sono sicura, lo ha reso ancora più speciale e indimenticabile.

domenica 8 aprile 2012

Ritratto di signora

Dopo Pechino, Mosca, operazione al ginocchio e rientro pieno di amici, io e il Moschettiere ci stiamo godendo una tranquilla Pasqua di giardinaggio, letture al sole e preparazione al ritorno del piccolo Francesco e all' arrivo degli amici.
Questa mattina cazzeggiavo su Pinterest e qualche immagine mi ha ricordato la Pasqua di quando ero piccola. Non era una vera Pasqua se mia zia non cucinava il capretto al forno e mio zio non mi diceva, sapendo di farmi arrabbiare, che il mio seno non era cresciuto rispetto all' anno prima.
Le cose sono cambiate tanto per la nostra famiglia (a parte le mie tette). Siamo dislocati in vari punti dell' Italia e dell' Europa, due cugine su cinque sono state sposate e sono separate, tre convivono. Anzi, quattro. Mio padre e mio zio non ci sono più, ma sono arrivati dei nipoti e uno arriverà quest' estate.
Mia madre è sempre la solita, in compenso.
Continua a dire che, pur essendo nata in un paese di montagna, non potrebbe mai lasciare il suo appartamento di città. Ma quando viene a trovarci in campagna ci sentiamo presi in giro perché sembra proprio che invece sia anche lei una vera ragazza di campagna.
Esce sempre vestita in modo impeccabile ma non la disturba lavorare con giaccone e stivali di gomma.
Poi lei riesce a dimenticare e mettere da parte tutto quello che non le serve più, anche se le piace ancora. Io tendo a regalare chances. A persone, scarpe, borse, vestiti.
Proprio oggi ho avuto l' idea di organizzare una garage sale con gli abitanti della mia collina. Ma l' ho subito abbandonata. Non me la sento ancora di lasciare che siano altre donne a dare una nuova possibilità ai miei vecchi vestiti. E alle mie adorate vecchie scarpe.
Non per niente, in questi giorni post-operazione in cui non posso camminare - tanto meno portare tacchi - ho tirato fuori le mie vecchie Stan Smith verdi dei tempi delle superiori. Si sono logorate in un modo cosí perfetto che mai e poi mai avrei potuto vederle su una bancarella alla mercé di tutti.
Potrei però organizzare la garage sale e non esporre nulla...solo comprare. Mi pare un' ottima idea. L' inverno prossimo potrei vagare per le colline indossando il cappottino con il collo di pelo della vecchietta che abita di fronte. Il Moschettiere ne è già stato informato.

giovedì 26 maggio 2011

Donne moderne {e la ricerca della felicità}

Stando ai racconti di mia madre, mia nonna Luigina era una gran lavoratrice. Mio nonno Francesco era spesso fermo per il mal di schiena e lei, senza lamentarsi, aveva lavorato a turni in uno "stabilimento" (come dice mia madre) tutta la vita.
Nonostante fosse tollerante verso mio nonno (che spesso era seduto al tavolo mentre lei si occupava di tutto e che era anche stato sorpreso da mia madre bambina a baciare un' amica della nonna) e avesse lo spirito di sacrificio e di immolazione tipico delle donne di una volta, mi sento di poterla definire "moderna" per i suoi tempi.
Quando il parroco del paese le disse che 4 figli non erano abbastanza, lei gli rispose che quello era il numero che lei riusciva a mantenere e che non le interessava se per la Chiesa lei avrebbe dovuto metterne di più al mondo, come gli altri. Il discorso si era chiuso lì.
E quando mio zio la informò della separazione dalla moglie, lei tirò un sospiro di sollievo, essendo interessata al bene della sua famiglia e non a quello che gli altri avrebbero potuto dire di un figlio separato quando ancora le separazioni si contavano sulle dita di una mano.
Viveva comunque in modo semplice, senza pretese e io l' ho vista sempre sorridente.
Si profumava di rosa (e questo era la fragranza che avvolgeva il suo bagno), curava l' orto e aveva un' amica del cuore.

Mia madre può essere sicuramente definita una donna moderna, dalla mentalità aperta, dallo spirito combattivo, anche a difesa dei diritti lavorativi e civili delle donne (e non solo). Mi ha sempre parlato di quanto sia importante l' indipendenza per una donna, che sia ingiusto accettare le cose che non ci stanno bene e che si debba lottare per ciò in cui si crede (mettendomi nelle mani il suo stesso spirito ribelle che la faceva scappare di casa per andare a ballare da adolescente).
Per 38 anni ha amato il suo primo uomo - mio padre - ma quando lui è morto, ha tirato fuori le palle e ha deciso che nella vita fosse giusto pensare di continuare a meritarsi la felicità.

Un giorno, uno stilista con cui lavoravo mi ha fermata e mi ha detto: "tu sei una donna talmente femminile e all' antica che dovresti sempre portare tacchi e chignon".
D' istinto mi sento meno moderna di mia madre e mi definisco una donna all' antica per tante mie piccole abitudini quotidiane e per il mio stile di vita, ma il confine non è così netto. Non sono una donna capace di abbassare la testa e accettare qualsiasi cosa, ho lottato per deviare il mio destino verso quello che io volevo, sono indipendente. E ho persino un blog :D
Però non ho ereditato la costanza di mia madre, che a settantun anni, è ancora una lottatrice. Anzi, in questo momento, sento proprio di non avere più la forza di credere in certe cose. Vorrei avere un carattere remissivo, vorrei avere pazienza. E non vivere sempre con il fiato sospeso tra i sogni, gli ideali, l' indipendenza, il rispetto, la lotta.

Mio padre mi diceva sempre: "Non si deve mai andare a dormire se prima non è stato chiarito qualsiasi malinteso della giornata trascorsa. Perchè la vita è fatta non di grandi ideali, ma di piccoli dialoghi, piccoli accenni, piccole cose".
È per questo che io mi nutro di parole, petali, boschi, pomodori dell' orto, stelle viste da un telescopio, occhi di Francesco, mani del Moschettiere.
Poi, però,(mannaggia a me) alla fine della giornata, è più forte di me: sento il bisogno di scalare la montagna degli ideali.


E comunque oggi porto la coda di cavallo e un paio di ballerine rasoterra.

venerdì 24 dicembre 2010

Settant' anni di twist

Settant' anni. Mamma, compi settant' anni!
Ok, allora entra nella mia casa, vieni. No, non in quella che pensi tu, ma in questo bizzarro luogo virtuale che io arredo con i miei pensieri.
Siediti comoda, dobbiamo parlare (e sappi che in questa mia casa non hai diritto di replica. Almeno una volta!) Perche' questa decina in piu' arriva insieme ai miei trentatre anni e quindi insieme alla mia VERA maturita'; al mio, al nostro trascorso difficile di separazione, ma anche ai giorni felici della nascita e dei primi anni di Francesco.
Siediti, siediti, tu che fremi sempre. Che vuoi tutto in ordine, che impazzisci guardando la mia casa stracolma di oggetti. Rassegnati, anche qui c'e' casino.
Voglio dirti che ho capito le tue scelte, anche se non so perche' non hai mai voluto condividerle con me. Voglio dirti che mi sento offesa se penso a quei momenti, ma se scavo meglio, mi ricordo che so che mi hai voluto difendere. Voglio dirti che sono una madre diversa da come sei stata tu, ma che ho ben saldi dentro me i valori che mi hai trasmesso.
Voglio dirti che quando sei aggressiva mi fai male.
Voglio dirti che mi dispiace averti fatto soffrire.
Voglio dirti che avrei voluto leggere un tuo diario e capire cosa pensava, temeva, sognava quella splendida donna che ancora oggi fa girare la testa agli uomini.
Ed ora basta con le parole.
Dai, alzati. Dobbiamo ballare il nostro ballo preferito . Siamo troppo brave nel twist.
(e Francesco e' sulla buona strada...)

mercoledì 22 dicembre 2010

Noi, che siam figli dei fiori {Sogni}

Negli ultimi giorni, grazie a questo spunto e a questo , ho riflettuto molto sul perche' io abbia il bisogno continuo di attaccarmi al mio passato, a quello della mia famiglia, a quello del mio paese.
Nel mio quotidiano, spesso agisco cercando di lasciare un segno, un ricordo a mio figlio.
Fin da quando era nella pancia, ho scritto lettere, conservato cimeli, piccoli oggetti. Francesco non era nemmeno nato e gia' aveva una scatola dei ricordi. Dentro c' e' anche il suo ombelico. [Gia'...]
Forse dipende dal fatto che lo avrei tanto desiderato per me...ma mia madre e' esattamente l' opposto, non prova l' attaccamento che ho io nei confronti del passato e, per questo, non ha mai cercato di lasciarmi qualcosa. [In realta', ho il primo dentino che mi e' caduto. E lo tengo nella scatola (mava'??? Io ho UNA scatola???) delle cose piu' importanti.]
Solo all' eta' di 27 anni sono riuscita ad avere una foto di mia madre incinta. Nella scatola di Francesco ci sono foto della mia pancia dal primo all' ultimo mese.
Purtroppo - e sottolineo purtroppo - credo di aver attaccato questa cosa a Francesco. Spessissimo mi chiede di conservare le sue cose, di non buttare via i suoi piccoli oggetti, dallo spazzolino alla maglietta.

Diciamo che io mi impegno ben poco e condivido con lui le cose vecchie che mi piacciono, dai gioielli degli anni '50 ai Rolling Stones. Guardiamo insieme le nostre foto e sfogliamo i tanti libri (e le tante riviste) vintage che abbiamo.
E da ieri, guardiamo in continuazione questo video .

Qui c'e' la storia di quel video e il testo della canzone.
Saro' anche un' inguaribile idealista ma anche io, se potessi, costruirei per il mondo una grande casa e la riempirei di amore. Poi vorrei tanto vivere in un mondo senza soldi, questo l' ho gia' detto tante volte. Non mi interessa essere creduta o no.
L' anno era il 1971. Ora siamo quasi nel 2011, sono passati 40 anni. Mi vien da piangere se penso che in quegli anni qualcuno credeva che certe si sarebbero DAVVERO potute realizzare.

Io sarei stata sicuramente tra quelle persone. Oh, si'.

sabato 11 settembre 2010

In tutto questo casino, almeno ho spazio per sognare.

Il venerdi' e' iniziato con mia mamma che alle 7 del mattino mi ha chiesto di comprarle un pigiama nuovo per la sua degenza in ospedale. Ok, una buona scusa per andare a fare shopping dopo il lavoro.

Entro da H&M ( sinceramente ... dove si comprano i pigiami??? Io ho tutto vintage, son fuori dal mondo ) e inizio a raccattare abitini in lame', maglie over-size a righe, shorts verde militare ( che alla fine ci stanno sempre ), t-shirts per Francesco, che sembra aver sviluppato un forte senso stilistico e ora vuole indossare SOLO magliette a maniche lunghe. Mi metto in coda alla cassa. Quando ho solo una persona davanti a me per pagare mi rendo conto di non aver assolto il mio compito. Mmmmh. Il pigiama. E in quel punto vendita H&M non vendono pigiami. Tiro su un paio di pantaloni morbidi in cotone color antracite e una maglia bianca con un sobrio scollo V.

Dopo aver portato Francesco da suo padre, fatto due ore in coda con il Moschettiere che odia il traffico milanese, recuperato la macchina alla stazione, raggiunto l' ospedale ... arrivo da mia mamma. Fiera, le mostro quello che avevo acquistato per lei. Ci e' mancato poco che non mi insultasse.

Ora. Capisco che per lei non esista nulla di meglio delle sue camicine da notte con pizzi, merletti e nastrini, abbinate alla vestaglia dello stesso colore e con gli stessi pizzi, merletti e nastrini.

Ma qualcuno deve capire anche me, visto che la mia giornata tipo e': sveglia ore 6,00 - sveglia bambino - lava bambino - vesti bambino - sfama bambino - prendi macchina - prendi treno - prendi filobus - lavoro - riprendi filobus - riprendi treno - riprendi macchina - risfama il bambino - rilava il bambino - rivesti bambino.

E, come se non bastasse, notte in bianco per il male alla gamba. Nelle tre ore in cui sono rimasta sveglia, e nell' attesa che il maledettissim oantidolorifico facesse effetto, ho creato la mia collezione su Polyvore , includendo tutto cio' che vorrrei indossare questo inverno.

Possiedo solo alcune delle cose che fanno parte della MIA pseudo-collezione. E cosi' e' ancora piu' divertente: altrimenti non avrei spazio nel mio immaginario per sognarle.

mercoledì 1 settembre 2010

vagabondi

Quando e' morto mio padre, mia madre mi ha detto: "Se non ci fossi tu, incomincerei a vagabondare per il mondo".
I due volti di questa affermazione non mi hanno colto di sorpresa; da una parte mi e' sembrato semplicemente ovvio ( pur non avendo ancora la piu' pallida idea di cosa significasse un figlio per una madre ) che lei stesse con me; non avevo nemmeno 20 anni. Ma allo stesso tempo, se mi avesse detto che sarebbe partita per il Tibet, piuttosto che Brasile o Nuova Zelanda , non avrei provato rancore, ne sono sicura. In fondo e' quello che avrei desiderato anche io al suo posto. In fondo e' quello che anche io ho desiderato in quel momento.
Ed e' quello che dicevo sempre al papa' di Francesco prima di ogni ecografia: "Giurami che se qualcosa dovesse andare male, partiremmo all' istante. Dimmi che prenderemmo l' aereo e scapperemmo ovunque". E lui: "Si'".
Per farmi stare tranquilla, non perche' lo avremmo fatto veramente.
E' anche quello che avrei voluto fare uscita dal tribunale, dopo aver giurato che il mio matrimonio era finito.
Sarei andata a casa a prendere Francesco per poi dirigermi all' aeroporto.
Ecco, noi ci leghiamo alle persone - fin troppo -, ma vorremmo prenderle e portarcele in giro per il mondo. Come se in altri luoghi nessuno potesse ricordarci che altre persone - altri amori - non ci sono piu'.
Come se lontano si annullasse tutto. Come se ogni viaggio ci aiutasse a percorrere una tappa della nostra vita.
Non e' una fuga la nostra. Non andiamo via per scappare.
E' un bisogno fisiologico, o piuttosto questione di genetica. Il nostro dna ha radici aeree, come quelle di certe piante tropicali.
Io come mia madre, Francesco come me. E come lei.
Ieri sera e' tornato dopo quindici giorni in cui e' stato in tre case e mille luoghi diversi. Come se niente fosse. E' arrivato con la stessa naturalezza con cui ha preso l' aereo per la Scozia e con cui, al ritorno, e' sceso e si e' messo nelle braccia di suo padre.
.
Ieri sera mi ha chiesto di ripartire.
Sara' un grande viaggiatore. Anzi, lo e' gia'.
Foto: Francesco durante il suo primo volo in aereo.

sabato 29 maggio 2010

ebbene sì, mi sono ubriacata ( anche ) a Istanbul

Istanbul è una grande metropoli. Le moschee e le antiche case di legno del periodo ottomano si mescolano a grattacieli di vetro e ad una miriade di locali notturni.
Il Bosforo, rimasto l' unico sultano della città, detta legge.
E verso sera è così:



Tra tutte le formichine agghindate a festa che si dirigono verso uno dei milioni di ristoranti ... ci siamo anche noi.
.
Cenare con amici turchi significa tante cose. Tra le altre, le due principali sono: divertirsi e ubriacarsi. Ecco, noi abbiamo fatto tutt'e due. E, dopo una meravigliosa cena sul Bosforo, siamo finiti in una delle discoteche più alla moda di Istanbul, il Reina. Dove la musica dance occidentale si mischia a quella locale.
L' unico posto al mondo - credo - dove mentre si balla si vede passare un' enorme nave mercantile che sta attraversando lo stretto a pochi metri di distanza dalla pista.
Il Moschettiere aveva un ricciolo che gli copriva l' occhio e per tutta sera era talmente fuori che nemmeno se n'è accorto. Nemmeno io, se è per questo. L' ho notato da una foto solo ora.
I nostri amici turchi sono speciali: non solo ti accolgono a braccia aperte e ti riempiono il bicchiere di raki ogni due secondi, ma parlano benissimo italiano e nella vita organizzano proprio viaggi e visite della città ( e di tutta la Turchia ).
Segnatevi questo contatto:
MARVELTOUR - incoming@marveltour.com.tr
Berra, Nur e tutti gli altri amici sapranno sicuramente come farvi sentire a casa vostra.
.
A domani, con altre avventure istanbuliane.

sabato 8 maggio 2010

cosa rimarra' di questi giorni ai nostri figli

Sull' aereo, al ritorno dall' India, ho scritto questo sul mio quaderno:

"Guardo la mia vita. E mi sento a meta'. A meta' tra una donna realizzata, indipendente, sicura e una donna-bambina, che ha paura di crescere suo figlio e se stessa. A meta' tra una cittadina amante di lustrini e pailettes, e una contadina, che affonda le mani nella terra e chiama eccitata Francesco per mostrargli uno strano bruco verde. Cosa vedra' di me mio figlio? Come mi giudichera'? Cosa amera' di me? Le mie lettere - tante, troppe - le mie scatole, i miei piccoli tesori, il bracciale d'oro con il suo nome e la data di nascita, i semi che lascio ovunque vada per non perdere traccia del mio passato? Oppure sara' attratto dal mio lato non romantico - forse un po' in ombra rispetto all' altra meta' del mio io, quello che mi ha fatto lottare, che mi ha fatto fare le valigie e scappare, lasciando ricordi e affetti. I miei viaggi, i miei fiori. Lo annoieranno? O mi chiedera' di raccontargli il mondo com' era. Com' era prima. Com' era l' India, l' America, l' Africa, la Russia, Milano, la campagna. E io cosa gli diro'? Gli mostrero' le foto di una giovane ragazza con la frangetta che attraversa ad occhi sbarrati il Rio delle Amazzoni, gli parlero' della gente che ho incontrato. Gli ricordero' che al ritorno da un viaggio mi sono addormentata e solo il mattino seguente sono andata a prenderlo dal suo papa'. Gli apriro' le mie scatole. Vorra'? Ci sono due poltroncine vintage in veranda. Le ho messe apposta per questo: per sedermi con lui a parlare, disegnare, guardare le foto, scoprire, vedere le piante crescere e i fiori sbocciare.

Francesco, racconto la nostra vita in un diario che tutti possono leggere. Ti mostro gia' da ora quali colori vanno abbinati nei vestiti. Ti insegno ad essere galante con le "donne" e per questo regali una margherita ad ogni bimba del parco. Ti faccio mangiare in piatti vintage e raccolgo i tuoi giochi in una grande borsa marocchina. Mi sveglio all' alba per seminare e ti chiedo di farlo con me dopo cena. Nella tua camera ci sono immagini di Dei indiani, una statuetta di San Francesco e le foto vecchie della nostra famiglia. Lo so, sono strana. Non so cosa amerai di me. Non so nemmeno se mi amerai da grande. Quel che e' certo e' che io ti amo. Davvero. E ti ho sempre amato"

Ora. Questa e' una delle tante riflessioni che ho buttato giu' su questo, come su tanti altri quaderni. Butto giu', butto giu'. non so perche'. Mio figlio lo sa, secondo me, che la sua mamma non e' come tutte le altre. Che si mette i tacchi, prende il computer e gli chiede di sdraiarsi con lei nell' erba per scattare questa foto, una domenica,

e di scegliere tra questa e molte altre quella da pubblicare in un articolo, uscito su "Gioia" in questi giorni ...

Anche se si tratta di poche righe, leggere di me su una rivista mi ha fatto effetto. E per questo ringrazio Paola. Non me, un' altra Paola.

In un momento come questo, in cui, giustamente, ci sono madri che escono allo scoperto e dichiarano apertamente che il post-parto e' stato allucinante, con tanto di desiderio assassino ( la butto sul ridere apposta ), io voglio gridare ad alta voce che per me non e' stata cosi'. Sono stata anche io depressa, ma io non ho mai desiderato di liberarmi di mio figlio, non ho mai provato fastidio quando piangeva, non ho mai trovato pesante allattare.

Sono stata e sono rigida con mio figlio in tante cose e non sono una mamma melensa. Ma, pur sapendo che non e' il concetto di amore ad essere messo in discussione, per me era importante ribadire questo. Il concetto di amore, che va oltre l' autonomia, l' apprensione, la rigidita', le regole, gli ormoni del post-partum. VOGLIO che a mio figlio - di questi giorni, di questo blog, di questa vita - rimanga l' amore. Solo e solamente quello.

venerdì 23 aprile 2010

dorate coincidenze

La vita di campagna fa proprio per me. Ma devo ammettere che il richiamo di quello che ero prima al cento per cento - della citta', dei locali, del casino, della moda - a volte si fa sentire. Sceglie modi tutti suoi.

Ci sono momenti in cui vorrei catapultarmi nel centro di Milano e comprare comprare comprare. Questo e' strano, calcolando che tutto cio' che va di moda a me di solito non piace. E che faccio shopping compulsivo solo nei mercatini vintage.

Ci sono altri momenti in cui la moda - e tutto quello che ci gira intorno - bussa piano alla mia porta, trovandola per caso. E poi, giorno dopo giorno, contatto dopo contatto, prende spazio sul divano della veranda e si accomoda educatamente bevendo il rhum del Moschettiere.

...

Qualche settimana fa Tosca & Nella ( come poteva chiamare il Moschettiere due sorelle maremmane, se non in questo modo? ) decidono di scappare per la novantesima volta. Disperato, il Moschettiere vaga tra le colline senza avvistare nulla. Finche' non riceve la telefonata di un signore che dice di averle trovate e ospitate nel suo giardino.

Tralasciando le avventure che sono seguite, il tal signore e la sua famiglia si sono rivelati dei personaggi alquanto interessanti.

Non solo cantano gli Abba - e questo gia' fa acquistare 1000 punti - ma sono anche belli, simpatici, piacevoli e, soprattutto, responsabili di un meraviglioso progetto chiamato HORO.

Qui trovate solo parte di quello che e' sortito dalla mente diabolica di un ragazzo che ha pensato di stampare oro zecchino e altri metalli preziosi su tessuto. Un ragazzo a cui la Wintour regalerebbe 100 redazionali in un solo numero di Vogue, se vedesse quel suo sorriso tipo Tom Cruise in Cocktail. Per ora lui si "accontenta" di sbaragliare la stampa italiana. E di bussare. In alto.

Io non vedo l' ora di indossare una t-shirt in cotone ( rigorosamente bio ) screziata d' oro. In pieno giorno, con i jeans strappati e i piedi nudi. Non nel parco ... nel bosco. Da queste parti - lo sapete - si usa cosi'.

p.s. E non e' una marchetta, questa. E' solo una dorata coincidenza, visto che i nostri cuccioli si chiamano proprio Oro e Argento. Ottone si e' trasferito da amici. E Blu? Beh, Blu in realta' non e' un cane. E' una foca.

mercoledì 7 aprile 2010

dieci cose. dieci, non una.

Giulia mi ha premiato con un po' di felicita'.
E mi ha dato il compito di elencare dieci cose che mi rendono felici in questo momento. Per me e' un duro esercizio, ma lo faccio volentieri.
Voglio vedere fino a che punto puo' arrivare il mio stoico pessimismo.

1) Francesco mi bacia di brutto e sta imparando dalla sottoscritta a baciare come nei film, con le mani tra i capelli e la testa di traverso ( si', e allora? );

2) Il Moschettiere mi dimostra ogni giorno di piu' quanto mi ama e quanto tenga al fatto che mio figlio cresca sereno. E tutto questo e' fondamentale, visto che lo considero l' altra meta' della mia mela. E che mai nella vita avrei pensato di avere finalmente accanto un uomo maturo, intelligente, colto ... che va nel bosco a buttar giu' alberi e spaccar legna e rientrando ha gli occhi umidi di lacrime perche' si e' commosso davanti ad un tramonto;
3) Partecipo a " Mamma che ridere!";
4) Sono nati i muscari e i primi germogli dei nostri piccoli alberelli da frutto, ultimi arrivati;

5) Io e Francesco abbiamo trovato un bruco ( che sarebbe diventato una splendida farfalla se lui non l' avesse schiacciata con il suo sederone );

6) Oggi sono stata in libreria e, anche se di corsa come sempre, mi sono immersa come non facevo da tempo nel profumo dei libri. E ho speso un sacco di soldi. Bene;
7) Ho steso le lenzuola sui fili ( Dio, quanto mi piace! );

8) Ho scoperto che esistono viole bianche nei boschi;
9) Stamattina, in due ore, ho fatto tre commissioni che pensavo di fare in cinque giorni;
10) A Pasqua abbiamo passeggiato nei boschi con i nostri bambini e poi li abbiamo visti partire all' avventura accompagnati solo da due amici cani, qualche bastoncino rubato e dei sassolini tirati fischiettando.



Anche Snezana mi ha donato un premio, fatto di sole. E io lo giro a te, Giulia. A te e a tutta la tua tribu', ovviamente.




E questo premio ricevuto da Giulia ... beh, lo giro a Snezana. Ma si'. E' una bella idea questo scambio.

E aggiungo Verdesalvia ... voglio vedere quanti buoni motivi per essere felice ti ha dato la campagna in questi giorni.

lunedì 29 marzo 2010

cronache di una nonna ( Mamma che ridere! Anche no )

Non so se questo sia trapelato dai miei post, ma mia madre è una tipa un po' particolare.

La regola numero uno per andar d' accordo con lei è: non contraddirla MAI. Nemmeno in pericolo di vita.

La seconda regola è informarsi sulle sue idee, sui suoi gusti, sui suoi modi di fare, in modo da assecondarla SEMPRE. Anche in pericolo di vita.

A questo punto, una volta che si hanno bene in testa questi due principi fondamentali, le si può affidare il proprio figlio mettendo anche lui al corrente di quanto sopra. Io l' ho fatto da quando Francesco aveva 14 mesi.

Lei gli ha dedicato veramente tutta se stessa, ha dimostrato di avere molta pazienza e di saperci fare con lui.

Ogni tanto lui si dimenticava dei due principi fondamentali per andar d' accordo ( come biasimarlo? succede spesso anche a me ). Per questo capitava che io chiamassi mia madre per sapere come stava procedendo la giornata e lei mi rispondesse:

" Sono MOLTO arrabbiata con TUO figlio" ( il maiuscolo sottolinea il tono di voce che si alza )

"Ma perchè? Cos' è successo??? "

" GLI HO DATO UNA COSA E NON VUOLE DIRMI GRAZIE!!! Sono già due ore che insisto!"

"Ma mamma, non ha nemmeno due anni!"

"Non m' interessa! OK? Deve imparare da SUBITO!"

"Ok." ( Ah, sì ... regola numero uno: Non contraddirla MAI. Numero due: assecondarla SEMPRE )

Per non parlare del risvolto politico: ci manca poco che torni a casa e assista ad una lezione di mia madre che indottrina Francesco mostrando il busto di Berlinguer. Se fosse stata una femmina, poi, avrebbe già applicato un garofano rosso al cerchietto.

E le chicche quotidiane? Da non perdere. Tra le più recenti, una è quella della crema autoabbronzante della Johnson's ( che mia madre pensava fosse una crema idratante per bambini perchè secondo lei la Johnson's non può permettersi di spaziare in altri campi ) che ho raccontato in un commento qui.

Un' altra è questa: esiste un prodotto Amuchina che serve a disinfettare ciucci, biberon, ecc. che io non usavo da secoli perchè ormai mio figlio non usava più né ciuccio né biberon. Ultimamente, però, Francesco ha ricominciato a volere il latte nel biberon la sera. Un giorno della scorsa settimana, mia madre decide di disinfettare il biberon. E cosa fa? Non prende il prodotto giusto, no! Ma un altro della stessa marca che serve a disinfettare i fornelli piuttosto che il lavandino o altre superfici lavabili. Un detersivo, praticamente. Uno di quelli tipo sgrassanti o disincrostanti, per interderci. Anche disinfettante, però .. .eh?

Per la serie, chissà cosa si è bevuto Francesco nel latte ultimamente.

Ho preferito chiudere un occhio, piuttosto che combattere una guerra persa in partenza contro qualcuno che mi avrebbe sicuramente cercato di convincere che quello era il prodotto giusto.

Se però penso che mi impegno per far vivere Francesco in un luogo poco inquinato, coltivando verdure nell' orto senza alcun tipo di conservanti e concimate con la cacca del Twenty Millions , allora .... beh, allora m' incazzo. Ma che ci posso fare? Nulla. Se non cestinare quel prodotto e sperare che mia madre non passi al Chillit Bang.

Avete affidato anche voi i vostri bambini a queste sante, indispensabili, ma allo stesso tempo matte, imprevedibili nonne? Ma soprattutto, sono tutte come mia madre?????


p.s. che nessuno che conosce mia madre OSI raccontarle di questo post. A meno che non voglia vedermi morta.