lunedì 7 luglio 2014

Francesco compie 8 anni

Oggi Francesco compie 8 anni.

Prima di nascere, verso le cinque del pomeriggio, aveva le lettere che sua madre gli aveva scritto a partire dal giorno in cui aveva fatto il test di gravidanza e aveva sentito un fiume in piena travolgerla. Quel giorno d'inverno in cui di solito ricordava la morte di suo padre. 
Prima di nascere, Francesco aveva i sogni che pulsavano nel cuore di sua madre e sentiva la vita, ne sono certa, e i viaggi in cui se l'era portato dietro, protetto dalla pancia. 
Prima di nascere, Francesco aveva capito che sua madre non sopportava le persone lente e pigre e quindi, rispettando le tradizioni di famiglia, non aveva perso un attimo. 
Prima di nascere Francesco aveva molti progetti e immagini confuse di come sarebbe stato affrontare la vita e amarla, spremerla, non sprecare un attimo, come sua madre gli aveva scritto in quelle lettere appese al soffito di legno della sua camera. 

Poi è nato, ha preso la vita e, con i suoi modi da gentiluomo, l'ha afferrata e ci ha insegnato che si può correre forte per poi fermarsi a leggere un libro nuovo, lanciare un supereroe dal muretto e poi raccogliere un fiore per la nonna, sognare di diventare un calciatore e poi aspettare di avere 8 anni per indossare i primi tacchetti da calcio, quelli desiderati da tanto, tantissimo tempo.

Grazie, Francesco. 

P.s. Oggi non ho parlato di fiori ma sapete che sono sempre nella mia vita. Qui e qui trovate quche consiglio per quest'estate. Per godervela circondati dal profumo, dalla luce e dal colore. 

lunedì 30 giugno 2014

Di solito

È stata una primavera molto istanbuliana. Siamo andati e tornati passando dalle meravigliose esplosioni dei tulipani alla fioritura delle rose che, onestamente, non riusciva ad eguagliare quella dei fiori che le hanno precedute. Forse perché i tulipani sono il simbolo della città e a casa loro sono più fieri che da altre parti, forse perché le rose sono più discrete ed è difficile per loro farsi spazio in una città così sfacciata. 


Siamo passati anche per il mare, alla fine di questa primavera. Per una settimana, gli abbiamo dato il privilegio di farci riposare e di prenderci una pausa dal tanto lavoro che abbiamo a casa tra giardino e animali.

Ora è iniziata la campagna vendite e per me inizia un periodo intenso, tra campagna e città, come tutti gli anni. 
Mi riesce sempre più difficile staccarmi da casa e dal giardino. 
Ho voglia di coccolare con i miei uomini. Ma anche di fare quello che di solito non faccio: prendermi delle pause.
Quando sono a casa non mi fermo mai. Prima di iniziare a seguire il ritmo incalzante delle giornate mi concedo solo una passeggiata senza troppa fretta che ha lo scopo di osservare le mie piante e capire se stanno bene. 
E ora che non posso prendermi nessuna pausa, mi manca anche quello spazio che non mi concedo di solito, la goduria di stare seduta senza fare niente per una mezz'ora, almeno, e prendermela con calma.
Si sa, però, che nella vita la cosa più complicata è far incontrare desideri e tempo.

Questa mattina ho chiamato a casa dalla stazione. Volevo salutare i miei uomini. Francesco parte per la montagna e mi ha liquidato come sempre in pochi secondi assicurandomi che si sarebbe coperto, che sarebbe stato attento e che mi avrebbe pensato almeno un pochino.

L'estate è così, insegna anche a lasciar andare. E ad avere pazienza. 

venerdì 23 maggio 2014

Tornando, pensando.

Lo so, scrivo sempre quando è in arrivo o in corso un temporale. E' che quando c'è il temporale, tranne qualche eccezione, non posso fare altro. 
E poi mi rilassa, insomma.

Sono appena tornata da Istanbul e ho trovato il giardino in mia attesa. Anche là le rose trionfavano, ma Istanbul è la città dei tulipani e non c'è paragone.
Mentre tornavo, pensavo alle tante volte in cui ci sono andata e ai tanti angoli che ancora mi sfuggono, mentre altri ormai mi accolgono come se abitassi lì sempre.
Pensavo anche che io a Istanbul vivrei, andrei a viverci domani, appena fuori, o in uno dei quartieri più verdi, dove potrei far crescere la Passiflora senza metterla in casa. Francesco ama Istanbul. Potremmo passare le domeniche mattina a Bebek, uno dei mie quartieri preferiti, a guardare le petroliere andare verso il Mar Nero. Tipo Pamuk. (Che noia Pamuk, comunque).
Pensavo, osservando le persone sull'aereo, esattamente come faccio in metropolitana a Milano, che è difficile viaggiare per lavoro, sempre. Tornare negli stessi posti senza conoscerli, prendere taxi e chiudersi in riunioni fiume. 
E poi pensavo che a casa c'era il mio bambino, abbracciato alla sua nonna che ormai è un po' vecchina e si stanca subito. Che lei mi aiuta sempre, borbottando, ma mi aiuta. 
Pensavo che avevo comprato delle belle scarpe, sì, ero soddisfatta. E mentre questi pensieri scorrevano nella mia testa, un bagliore: il mio trolley...ecco, il mio trolley dove diamine era?

Per la cronaca, il mio trolley era rimasto al duty free dell'aeroporto, da cui ero corsa verso il gate carica di giubbino e altre borse, saltellando sulle mie scarpe nuove, che erano -sono- esattamente del colore che volevo.
E mentre scrivevo questo post, ricevevo una telefonata dall'ufficio Lost and Found dell'aeroporto di Istanbul, che mi comunicava che avevano ritrovato il mio trolley e quindi anche la borsa, le due paia di scarpe e i vestiti che c'erano dentro.
E anche la maglietta del Galatasaray con la scritta "10 Sneijder" che voleva Francesco.

Il Moschettiere dice che ne era certo che l'avrebbero ritrovata. Io ero senza speranze, ovviamente. Che posso farci, mi ero già consolata con le scarpe nuove. E Francesco, dal canto suo, si era già rassegnato al fatto di avere una madre così, che corre come una ragazzina verso il gate, con le scarpe del colore perfetto.


p.s. Leggetemi anche qui e qui!

venerdì 9 maggio 2014

Riempire vasi di rose, sedersi a guardare il temporale

L'altra sera c'era il temporale. E io ero felice, non ho dovuto annaffiare le nuove bordure. E poi l'aria era magica, è arrivato nel momento in cui avevamo finito di lavorare fuori e quei pochi minuti di tregua fresca e profumata di inizio estate ci stava proprio.
Tosca aveva paura, Twenty galoppava. Lui era felice, ne sono sicura. Sentiva il fresco, come noi.

Le rose sono magnifiche in questo momento. Sono tante, non si contano. Ogni giorno posso riempire un vaso e mischiare i colori, come piace fare a me. Il rosso, per esempio, non va mai insieme al giallo: troppo caldi e carichi insieme. Allora tra loro metto sempre il rosa, che li ingentilisce. 

Ho il viso stanco in questi giorni, mi vedo le rughe intorno agli occhi. Non mi dispiace, quello che mi preoccupa è questo passare veloce del tempo, i fiori che arrivano e se ne vanno, il prato che ricresce un secondo dopo essere stato tagliato, Francesco che è diventato un piccolo grande uomo, gli agnellini che ormai sono grandi. 
Il temporale che arriva e se ne va e non mi lascia nemmeno abituare all'idea del fresco. 
Però le cose intorno prendono forma, gli amici tornano a trovarci, la griglia è in piena forma, noi ci vogliamo bene. E le rose sono bellissime, mentre ci guardano.

P.s. Il giardino non è solo sinonimo di lavoro: è festa, ricompensa, unione, colore. E per chi non sa da che parte cominciare, io continuo a dare piccoli piccolissimi consigli qui e qui
A presto. 


giovedì 10 aprile 2014

Quattro foto

E' l'alba e, come spesso succede in questo periodo, sono sul divano della veranda a ritagliarmi uno spazio prima che Francesco si svegli per andare a scuola. Quando il sole spunta dalla collina di fronte è già troppo tardi, il giardino chiama e il tempo mi divora. 
Spesso mi siedo a guardare il bosco fitto di ciliegi selvatici e noccioli, essenze di questa terra, da quella parte del nostro giardino che adesso è ben visibile nella mia testa come mix di piante di Ribes ornamentale, Aster, Vinca e Primula ma che agli occhi degli altri è solo una terra scura che ha contenuto un bosco. 
Le rose traboccano di boccioli. Se ne contano centinaia e tra poco si schiuderanno al sole. 
I tulipani stanno dominando il giardino e sono imbarazzanti da quanto sono belli.

Francesco si è appassionato alla musica. Gli abbiamo regalato un vecchio ipod del Moschettiere e adesso non lo abbandona mai, tranne che per andare a scuola, ovviamente.
Lo sento cantare dalla veranda, mentre sono in cucina a preparare la cena. E vado a spiare tutta la tenerezza delle sue parole e dei silenzi che seguono il ritmo della musica che c'è nelle sue orecchie.
Due giorni fa è andato in gita per la prima volta. Aveva lo zainetto che abbiamo preparato insieme: sacchetto del pranzo, acqua, macchina fotografica, fazzoletti, visiera. E' tornato con quattro foto (di cui tre del suo amico e una di fiori), i capelli ancora più biondi, la tristezza di una giornata finita troppo in fretta.

A casa è ormai il responsabile del pollaio, che detta così sembra una cosa brutta. Invece è un compito tutto suo, che si è scelto e che svolge ogni giorno, senza mai dimenticarsene. E poi coccola il suo cavallo, che lo annusa con quel naso grande. E ridono insieme.

Lui ha dentro la campagna, glielo dico sempre. Ha dentro quello che i libri di scuola non dicono, quelle albe che disegnano il profilo della collina e le foglie dei tigli che lui ha tanto voluto.